Tiziana Cantone, gioco incosciente a roulette russa del web

di Lucio Fero
Pubblicato il 16 Settembre 2016 - 10:06 OLTRE 6 MESI FA
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ROMA – Tiziana Cantone, è il maggio del 2015, un anno e mezzo fa: Tiziana è davanti a un magistrato in Procura. Sta denunciando, raccontando, soprattutto implorando che facciano, se possono, qualcosa per fermare il linciaggio quotidiano che subisce. Racconta che all’inizio l’ha fatto “per gioco” per un gioco rivelatosi poi maledetto. Il gioco di farsi filmare “volontariamente e in piena coscienza” mentre fa l’amore con partner diversi. Il gioco di inviare quei sei video a uomini/indirizzo che sono per lei, testuale, “relazioni virtuali sui social network”.

E’ il maggio del 2015 e davanti a sé Tiziana ha ancora un anno e mezzo di calvario e agonia sociale. Le sue immagini corrono sui siti di tutti i guardoni d’Italia, viaggiano da smartphone a smartphone, la riconoscono spesso, talvolta perfino in strada. Tiziana è accerchiata da qualcosa di enorme che l’avvolge, la soffoca, la demolisce. Combatte, ottiene qualcosa, la rimozione qua e là. Poco, ma di più non può ottenere: una volta messi in circolo quei video non li può più fermare davvero nessuno. Il circolo, il web, la potenza anche maligna del web e dell’uso che gli uomini ne fanno è più potente, molto più potente di qualsiasi legge, polizia o Procura.

Un anno e mezzo di calvario, agonia, tortura alla fine del quale c’è il suicidio. Suicidio di Tiziana che desta tristezza e dolore anche in chi guarda da lontano. Un suicidio cominciato, a ben vedere, quando Tiziana decide e sceglie di giocare alla roulette russa del web. Sia chiaro e nessuno spazio agli equivoci: Tiziana aveva, come chiunque altro, il diritto di giocare ad ogni gioco che le sembrasse piacevole. I diversi partner, il farsi filmare…erano fatti suoi, liberi fatti suoi. E nessuno ha il diritto di metterci bocca. Però nel momento in cui invii i video ad indirizzi web, nel momento in cui li metti in qualche modo in Rete, in quel momento è come se ti sedessi ad un tavolo a giocare alla roulette russa. Ti punti una pistola alla tempia, premi il grilletto e se in canna non c’è la pallottola ti salvi, se invece c’è la pallottola ti uccide.

Un gioco mortale quello della roulette russa ma percentualmente perfino meno pericoloso dell’inviare video sul web. Con la pistola della roulette russa hai, almeno la prima volta, cinque possibilità su sei che il proiettile non ci sia. Con l’invio sul web di video in cui ti mostri a far l’amore la probabilità che questi diventino proiettili è praticamente del cento per cento.

Tiziana è morta di ferocia altrui, Tiziana è morta di linciaggio sociale. E’ morta però anche di incredibile sotto valutazione della pericolosità, anzi della letalità del gioco cui giocava. Incredibile che migliaia, decine di migliaia di giovani, donne e uomini, non valutino quel che fanno quando filmano e inviano.

Non è solo Tiziana infatti che gioca a quel gioco incosciente in totale incoscienza. Sono decine, centinaia, forse migliaia ogni giorno. E ogni giorno sempre più si manifestano in uno stato di inconsapevolezza che rasenta e sconfina nella coltivata stupidità.

Ultima, ma non ultima, quella ragazza “amica” della stuprata in un bagno di una discoteca: ha detto di aver filmato senza vedere, appoggiando lo smartphone sopra la porta del bagno. C’è da sperare per lei non sia andata così, c’è da sperare sia una bugia per sminuire le sue responsabilità. Fosse invece andata davvero così, se ha davvero filmato lo stupro per gioco senza guardare e pensare, questa è la roulette russa con tutte le pallottole sempre in canna e una mano cieca e demente che impugna la pistola.