Il grande partito dello spreco e la cattiva coscienza di un paese

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 4 Luglio 2012 - 14:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E’ la madre di tutte le battaglie, ma abbondano i disertori. E’ la prima e fondamentale azione su cui dovrebbero impegnarsi i cittadini di buona volontà, in scienza e coscienza di come mal funziona il loro paese. Ma ovunque ti giri a parlare è soprattutto se non soltanto la cattiva coscienza di un paese che allo spreco “ci sta”. Non c’è niente di giusto, di nobile, di “sociale” nella siringa comprata e venduta venti volte quello che costa, nella “cresta” da inefficienza e connivenza da decine di miliardi sui costi veri degli acquisti ogni anno fatti dalla Pubblica Amministrazione. E niente di giusto, nobile tanto meno “sociale” nei consigli di amministrazione gonfiati di migliaia di società pubbliche e para pubbliche, nel numero gonfiato a migliaia di queste società, nell’eterno sovra organico dei dipendenti statali, nei dirigenti uno ogni nove dipendenti. E nei posti letto di ospedale che servono solo ai primari perché sotto un certo numero di posti letto il reparto non funziona e non cura, soltanto “figura”. E negli affitti fuori mercato e comunque ad aumento progressivo e garantito che lo Stato paga per le sue sedi. E nelle tremila sedi giudiziarie calcolate per far contenti magistrati e avvocati e non per amministrare giustizia. E nell’abuso dei permessi sindacali e nelle ferie accumulate per farsele pagare in moneta. Nulla di giusto, nobile e “sociale”…se non che quello dello spreco è un grande partito, non a caso muove e amministra un centinaio di miliardi l’anno.

Il grande partito dello spreco oltre a robustissimo budget ha anche robusta ideologia: qualcuno paghi, qualcuno deve pagare a piè di lista i conti acquisiti e consolidati dello spreco stesso, sono diventati infatti “diritti”, che diamine! Paghino i figli il debito che oggi facciamo o i nipoti, oppure i tedeschi, insomma qualcuno. Ideologia che unisce e permea il gruppo dirigente del grande partito: la Casta, anzi le Caste e la base dei militanti e simpatizzanti e cioè gli assistiti dalla Caste a spese appunto di figli, nipoti, tedeschi, chi capita. E se qualcuno di questi non vuol pagare il conto dello spreco, dagli all’infame che ci vuole affamare.

Dovrebbe essere la più onesta, logica e popolare delle operazioni: farla finita con lo spreco, risparmiare quei soldi mal spesi, evitare nuove tasse e trovare là i fondi per abbassarle domani le tasse. E invece per inerzia un po’ complice con la mala cultura diffusa e protetta dal grande partito i giornali, le tv, noi tutti scriviamo e parliamo di “tagli”, “stangata”, “forbici”. Ma quale stangata, se fosse sarebbe solo l’inizio della fine di una mala pacchia. Togliere alle Caste e ai loro assistiti i miliardi di euro con cui gonfiano, malamente gonfiano la spesa pubblica dovrebbe essere richiesta che monta a furor di popolo. Quello stesso popolo che inorridisce per lo stipendio gonfiato di un  deputato però nulla trova da dire, perde la voce di fronte alle decine di milioni che qualunque “eletto” non si intasca ma fa circolare. Di fronte ai miliardi gonfiati e sprecati, anche di fronte ai miliardi il popolo non prova “furore”. Perché non c’è popolo, c’è solo gente dispersa e divisa, pronta a star zitta se lo spreco la tocca, irosa e irascibile se lo spreco la salta.

Dovrebbe essere la prima trincea di chi si oppone al mal governo delle cose e della casse pubbliche. Ma Di Pietro e Maroni stanno dall’altra parte, nell’altra trincea, quello dello spreco. E chiamano “macelleria” il basta col fare carne di porco dei soldi pubblici. Stanno con i macellai della spesa, del bilancio, del costume. Sono dei bugiardi disvelati o almeno il loro militare in prima fila nel grande partito dello spreco dovrebbe disvelare a tutti la loro bugia. Ma così non è, o almeno non quanto e come dovrebbe. E il silenzio ipocrita di Beppe Grillo? Muto, mentre quella contro la siringa dal prezzo gonfiato dovrebbe essere la “sua” campagna e bandiera. Per tacere di quelli che dicono di essere i comunisti, oggi a presidio e picchetto del capo ufficio nominato per anzianità, del “dica!?” che risuona nei ministeri come asset e must del servizio al cittadino, della siringa gonfiata di prezzo. Che pena, come disse un comunista una volta: “Mosche cocchiere”. Ma non del capitalismo, mosche cocchiere del grande partito dello spreco.

E non difettano i Don Abbondio alla Bersani che mostra di voler esaminare le carte e di voler salvare quanto di “sociale”c’è nello spreco. Ecco la parabola di Bersani: non salvo la siringa gonfiata ma salvo l’infermiere che sta dietro la siringa. Dovrebbe essere apologo, è invece sofisma che da decenni serve a continuare a gonfiare entrambe, il costo della fornitura e e il consenso a che quel costo sia pagato ottenuto ampliando la platea degli assistiti, assistiti anche con un contratto talvolta più di stipendio che di lavoro. Bersani Don Abbondio e non mancano certo i “Bravi”. Raffaele Bonanni, Susanna Camusso, Luigi Angeletti: il braccio e ormai neanche più la mente del grande partito dello spreco. Perché è come la peste manzoniana: il contagio dello spreco è diffuso e tocca milioni di persone. Ne nasce quindi la cattiva coscienza di un paese che chiama “tagli” e “stangate” e che pure come tali li vive l’unica cosa che dovrebbe metter d’accordo il partito della spesa e quello del rigore, la destra e la sinistra di buona volontà e coscienza, la gente che non può più e quella che non ce la fa più. L’unica, la prima cosa da fare: basta spreco e quei soldi spenderli per il lavoro vero o per meno tasse.

E invece si vede (rubo l’immagine e la quasi citazione a Ernesto Galli della Loggia e al Corriere della Sera) una destra politica e sociale “capeggiata da una delle massime concentrazioni  di ricchezza del paese, tutta o quasi tutta con un reddito abbondantemente sopra quello medio degli italiani con la parola d’ordine preferita: dagli ai poteri forti!” E si vede una sinistra che si vive e si vede tanto più alternativa e antagonista quanto più si identifica con la società italiana così com’è, tenuta in piedi nei suoi connotati attuali dalla colonna dello spreco di denaro pubblico. Dalla classe operaia come “classe generale” alla “classe generale” dell’impiegato di concetto. E si vede l’elettorato che fu del Pdl, di Berlusconi, oscillare tra il Pdl e Grillo e l’elettorato di centro sinistra compattarsi o almeno sommarsi solo nell’ambiguità: Bersani, Di Pietro e Vendola insieme non possono stare, ma se insieme non stanno comunque li monti e li smonti son sempre minoranza.

Si vede benissimo da questa collinetta chiamata spending review: il problema non è la spesa ma il grande partito dello spreco e la cattiva coscienza del paese che si amano ancora come il primo giorno del loro amore e matrimonio cominciato or sono più di trenta anni.