Regioni ricatto: asili e bus stop. E le 30mila poltrone? Tipo, quel De Filippis

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 17 Ottobre 2014 - 14:27 OLTRE 6 MESI FA
Regioni ricatto: asili e bus stop. E le 30mila poltrone? Tipo, quel De Filippis

Regioni ricatto: asili e bus stop. E le 30mila poltrone? Tipo, quel De Filippis

ROMA – Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio: “E’ facile abbassare le tasse con i soldi degli altri, in questo modo pagheranno i nostri cittadini. Di osservare alcune regole europee non lo abbiamo deciso noi e non possono essere scaricate sui nostri cittadini”. I “nostri cittadini”? I “soldi degli altri”? Non risulta che Nicola Zingaretti sia presidente della nazione Lazio, né che l’Italia sia uno Stato federale e neanche l’esistenza di una sovranità popolare laziale che fa premio o almeno pari e patta con quella italiana.

Non esistono i cittadini e i soldi “laziali” in contrapposizione e differenza e autonomia rispetto a quelli nazionali. Zingaretti se li inventa. Non di sana pianta perché è un malvezzo comune. Ma se li inventa. Invenzione che si fa trista e mesta, diventa espediente quando si attesta che gli impegni europei li hanno sottoscritti gli italiani, mica i “laziali”. Triste e mesto questo Zingaretti che rimastica parole e concetti alla Matteo…Salvini.

Ma Zingaretti non è solo. Anche Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, si è lasciato sfuggire un “ognuno guardi agli sprechi suoi”. A parte che gli sprechi dello Stato centrale, i Ministeri, sono cifrati nella legge di stabilità in 6 miliardi di tagli da effettuare, non esistono “case” sovra ed extra nazionali. Non lo sono i governi locali, non le Regioni, non i Comuni, men che mai le Province. Ancora una volta nella Repubblica italiana la sovranità è una sola, quella nazionale. Se e quando lo Stato sarà federale, allora…Allora anche però Regioni e Comuni responsabili nella spesa pubblica, responsabili nel senso che potranno spendere ciò che tassano. Oggi spendono e poi chiedono e ottengono ripiano finanziario allo Stato centrale.

Alle autonomie locali piace “vincere facile”: spendere oltre i limiti di budget, non avere controlli sulla spesa e farsi ripianare i conti dallo Stato che deve sborsare e farsi i fatti suoi. Funziona così, funziona così da decenni e in particolare da quella sciagura che fu la riforma del Titolo V della Costituzione. Riforma che ha moltiplicato per 20 burocrazie, caste, centri di appalto…Forse il più grave errore, anzi la più pesante degenerazione della sinistra. Ed ora la nemesi storica: i governi locali,governi di spesa, a difendere l’Italia immobile e della rendita e a contestare gli sgravi fiscali a salario e impresa.

Chiamparino poi si è messo a preparare la trattativa: invece che quattro miliardi di tagli alla spesa delle Regioni, tre di miliardi. Uno in più di tagli ai Ministeri. E se due dei 4 miliardi fossero presi appunto dai due in più che lo Stato ha destinato alla spesa sanitaria..? Chiamparino prepara la trattativa ma gli altri minacciano l’inferno in terra. Maroni dalla Lombardia: “Dovremo chiudere almeno dieci ospedali…”. Nichi Vendola dalla Puglia: “Ridiamo indietro le chiavi dei governi regionali…”. La reggente della ineffabile (tra scioglimenti e crisi) Regione Calabria: “Meglio togliere gli 80 euro agli stipendi che i tagli alle Regioni”.

E tutti, proprio tutti, annunciano che, stante così i tagli “non potranno garantire” asili, scuole, trasporto pubblico, riparazione delle buche nelle strade, raccolta rifiuti…E’ automatico e matematico, da molti anni. Non appena si parla di tagli alla spesa di Regioni, Comuni e Province subito scatta l’allarme, l’avvertimento: allora chiudiamo asili e niente bus e ambulatori. Allarme, avvertimento e anche ricatto. Ricatto alla Stato centrale perché continui a pagare e a farsi i fatti suoi.

Ricatto non sarebbe solo se soltanto una volta una Regione ad esempio avesse detto: chiudo, vendo una, dieci, cento delle società partecipate dai governi locali. Sono più di ottomila, garantiscono circa 30 poltrone di amministratore delegato e consigliere di amministrazione, la metà è in perdita, più di mille hanno meno dipendenti che amministratori…Ma mai, mai che un governatore di Regione accennasse alla vendita di una, dieci cento. Mai uno che dice: ho venduto il vendibile, adesso non costringetemi a tagliare i fondi per gli asili. Mai! Ecco perché l’allarme-avvertimento è ricatto.

Men che mai un governatore di Regione che dica, anzi pensi, anzi concepisca un adeguarsi al reale e anche al giusto. Le Regioni finanziano con denaro pubblico, spesso briciole, qualunque cosa respiri nel loro territorio, anzi pure qualunque cosa faccia solo finta di respirare. Bene, devono smettere. Smettere, smettere e smettere. Devono finanziare solo la spesa veramente sociale e non quella per “animare” il territorio. Ma se lo facessero perderebbero la loro natura di centri di spesa e non di amministrazione. Quindi neanche si sognano di farlo.

Un piccolo ma sincero esempio, un piccolo memento per tutti gli Zingaretti, Vendola e Maroni indignati e disperati. C’era una volta nel Lazio tal Raniero De Filippis. Nel 2012 la Corte dei Conti gli aveva chiesto 750 mila euro di danni erariali per un giro di assunzioni fatte nella sua veste di commissario della Comunità montana dei Monti Ausini. La faccenda risale a una decina di anni fa…

Ed eccola la faccenda nel testo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: “A De Filippis viene affidato l’incarico di liquidare quell’Ente. Lui trasferisce 14 dipendenti, ne assume altri 25 a tempo determinato ma con contratti che diventano fissi grazie a un concorsino dedicato  loro…”. Così, racconta Stella, il nostro De Filippis contribuisce a far diventare i dipendenti delle aree naturali del Lazio da 780 a 1271. Ancora concorsi interni, uno mai pubblicato. Comunque gli assunti a tempo diventano fissi e poi diventano dirigenti e poi…Va avanti dieci anni e sta bene al governatore di destra Storace, a quello di sinistra Marrazzo, a quella di destra Polverini…

Ecco quello che sono le Regioni: fabbriche di spesa e di stipendi. Un Ente che doveva chiudere si moltiplica e si ingrossa. E’ la piccola storia di un De Filippis. Quando e se mai le Regioni saranno altro da quel che sono finora state, allora il loro allarme su bus e asili sarà vero e credibile e non sarà bluff e ricatto. Allora e solo allora.

Infine, a onor del vero, Zingaretti De Filippis l’ha finalmente sospeso dall’incarico. Ed è stato anche avviato un procedimento per annullare il concorso mai pubblicato e le susseguenti assunzioni. Ma ci saranno ricorsi e si dovranno spendere soldi anche per far valere le buone ragioni della buona amministrazione non clientelare e non truccata. Dovesse chiudere qualche asilo, chi racconterà che i soldi sono mancati per porre riparo a decenni di migliaia di De Filippis e di centinaia di politici locali che facevano il palo?