Neve e valanghe? Gli sciacalli non si fermano mai…

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 22 Gennaio 2017 - 06:45 OLTRE 6 MESI FA
Neve e valanghe? Gli sciacalli non si fermano mai

Neve e valanghe? Gli sciacalli non si fermano mai

ROMA – La tragedia che si è abbattuta sull’Italia ha generato una quantità di sciacalli quasi inimmaginabile. Certamente molto più numerosa delle forze sul campo: settemila membri della Protezione Civile, interi reparti dell’Esercito. Undici turbine, quindici elicotteri, trentacinque spazzaneve.

La protezione civile, i volontari, i carabinieri, la guardia di finanza, i vigili del fuoco (che si sono calati con l’elicottero dentro l’albergo distrutto perché non c’era altro modo, come in un’operazione di commando) hanno fatto cose in questa bufera che un giorno qualcuno ricorderà.

Ma gli sciacalli sono stati implacabili. “Mia zia sta in un paesino, e è senza luce da due giorni”, “Gli elicotteri sono fermi e non volano per questioni burocratiche” (se ne sono alzati in volo non tre, ma 15). “Abbiamo telefonato, ma non ci hanno presi sul serio”, più che probabile in quell’immenso casino.

Insomma, tutti hanno trovato qualcosa da ridire. Aiutati in questo anche dalla Tv e dai giornali che, soprattutto il primo giorno, hanno soffiato molto sul malcontento e gli eventuali disservizi. Così, quella che è stata un’operazione di intervento straordinaria dentro una tragedia mai vista, si è trasformata in un’occasione per risse, recriminazioni, sciacallaggi. Con i soliti leghisti e 5 stelle in prima fila.

Con settemila uomini sul campo, e probabilmente altrettanti nelle retrovie a fare da intendenza e collegamento, è possibile che ci sia stato qualche errore. Ma il giudizio va dato all’insieme dell’operazione, non sul fatto che mio cugino è rimasto senza luce e a mia zia è morto il cane.

La mobilitazione non è stata inferiore a quella registrata in agosto, quando gli aiuti sono partiti da tutta Italia poche ore dopo la prima scossa di terremoto. Ma anche gli sciacalli sono scesi in campo, soprattutto sulle tastiere, al calduccio nelle loro casine.

Nei loro confronti non ci sono commenti possibili, purtroppo. Non capiscono e non vogliono capire. E’ per questo che ripropongo la dettagliata cronaca del “Messaggero” su cosa si è fatto per arrivare a cercare superstiti nell’albergo di Rigopiano.

A un certo punto anche le potenti macchine (le frese, che strappano la neve e la gettano ai lati, 700 metri all’ora) hanno dovuto fermarsi davanti all’intrico di alberi e cavi caduti, e un drappello di volonterosi (guardie di finanza, credo) hanno preso gli sci di montagna, con le pelli di foca, e passo dopo passo hanno scalato la montagna, al buio e cercando di indovinare la strada. Quando sono arrivati il buio era tale che non sono riusciti a vedere niente, se non un grande mucchio di macerie e hanno cominciato a scavare con le mani. (Giuseppe Turani per Uomini & Business).