Emanuela Orlandi era davvero in Inghilterra, altra persona, 3 anni più giovane. Genesi di una bufala

di Pino Nicotri
Pubblicato il 11 Luglio 2016 - 11:52 OLTRE 6 MESI FA
Orlandi era davvero in Inghilterra, altra persona, 3 anni più giovane. Genesi di una bufal

Emanuela Orlandi (nella foto il fratello Pietro che ha fermato in strada Papa Francesco) era davvero in Inghilterra, ma si trattava di altra persona, 3 anni più giovane. Pino Nicotri analizza la genesi di una bufala

Emanuela Orlandi era davvero in Inghilterra, ma si trattava di altra persona, 3 anni più giovane. Pino Nicotri analizza la genesi di una bufala.

“Ricordo che dall’Italia vennero nel 2011 o nel 2012 alcuni funzionari di polizia per prelevare i tamponi salivali di una donna che era in cura mi pare poco fuori Londra. Ricordo che il prelievo serviva per determinarne il DNA, ma non ricordo cosa dovessero poi fare con i risultati di quella ricerca. Credo volessero appurare se si trattava di una italiana scomparsa molti anni prima o se si trattava invece di un semplice caso di omonimia”.
A parlare è un mio amico inglese che mi ha contattato dopo avere letto su Blitz l’ articolo che parlava del confronto avvenuto nel 2011 tra il DNA della signora Maria Pezzano, madre della famosa ragazza vaticana Emanuela Orlandi nata il 14 gennaio 1968 e purtroppo scomparsa nell’ormai lontano 1983, e il DNA di una donna che si chiamava anch’essa Emanuela Orlandi, ma che all’anagrafe risultava essere nata l’8 novembre 1971, cioè più di tre anni dopo l’altra.
Grazie ai ricordi del mio amico inglese le domande sollevate nell’articolo hanno potuto avere una risposta sicura e circostaziata. Ma andiamo per ordine.
L’inchiesta giudiziaria sul mistero Orlandi è stata definitivamente archiviata lo scorso 5 maggio, ma nelle oltre 20 mila pagine di atti, suddivise in 833 cartelle,  messe a disposizione dei legali degli ex indiziati, non c’è il documento che spiega il motivo del confronto dei due DNA. C’è scritto solo che i DNA escludevano che si trattasse di madre e figlia e che le analisi erano state ordinate dal magistrato Simona Maisto, titolare del caso Orlandi assieme al magistrato Giancarlo Capaldo. Il risultato negativo delle analisi e la mancanza del perché fossero state ordinate era inevitabile che provocassero tutta una serie di domande e ipotesi, compresa quella che la data di nascita dell’8 novembre 1971 potesse essere un errore di trascrizione, voluto o no, e che quindi si potesse forse trattare in realtà non di un caso di omonimia, bensì della stessa Emanuela scomparsa nell’83.Nei documenti agli atti si legge che il dirigente della Polizia Scientifica Laura Tintisona la consegna dei campioni di saliva per le ricerche dei DNA l’ha comunicata ai vari uffici competenti il 25 luglio di quello stesso 2011. Se ne deve concludere che a mettere in moto questo tipo di analisi devono essere state quindi le “rivelazioni” fatte poco più di un mese prima, per l’esattezza il  16 giugno,  dal sedicente “ex agente dei servizi segreti militari italiani, nome in codice Lupo Solitario”, all’anagrafe Luigi Gastrini. Ricordiamo che questi ha sparato le sue ” rivelazioni” telefonando in diretta al programma Metropolis di Roma Uno TV mentre ne erano ospiti Pietro Orlandi, fratello di Emanuela scomparsa, e il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, invitati a presentare il loro libro “Mia sorella Emanuela. Voglio tutta la verità”. Gastrini al telefono afferma tra l’altro di avere fatto il supervisore in loco del “rapimento” della ragazza, chiusa “da agenti segreti inglesi in una Mini color verde”. E come se non bastasse aggiunge il colpo gobbo:

“Io so dov’è Emanuela. È viva e si trova in un manicomio in Inghilterra, nel centro di Londra ed è sempre stata sedata. Con lei ci sono due medici e quattro infermiere. Emanuela è passata per la Germania, la Francia e l’Inghilterra”.

Come Blitz ha scritto di recente, dalle carte giudiziarie salta fuori che in realtà è stato Peronaci a chiedere che Roma Uno TV telefonasse a Gastrini perché raccontasse in diretta le sue “rivelazioni”. E che dal successivo viaggio a Londra Pietro Orlandi è tornato con le pive nel sacco, anche se quando il 22 giugno è tornato in Italia alla stampa e alla televisione ha molto stranamente dichiarato il contrario:

“torno con uno spiraglio aperto e in attesa di altri riscontri”.
Dichiarazione ancora più strana alla luce del fatto che la sera prima, quella cioè del 21 giugno, Pietro Orlandi aveva telefonato arrabbiatissimo a Gastrini per rinfacciargli che a Londra non era riuscito ad avere nessuna informazione e aveva anzi sbattuto “contro un muro”.
In realtà, mistero nel mistero, la notizia non era così sballata: una Emanuela Orlandi esisteva davvero in Ingilterra, anche se non a Londra ma in una città del nord. Questo vuol dire che Gastrini qualcosa deve avere orecchiato, chissà dove, anche se in modo impreciso.
Gastrini però non aveva dato notizie precise, come in altri casi, come quando, nella telefonata a Metropolis, ha affermato che già nell’83 il padre di Pietro trafficava in soldi sporchi con una banca in realtà nata ben 13 anni dopo; o quando, nelle successive interviste a Peronaci per il Corriere della Sera il finto Lupo Solitario affermava di fare il pendolare tra l’Italia e il Brasile perché oltreoceano possedeva una grande azienda agricola: sarebbe bastato chiedergli dove fosse tale azienda e come si chiamasse e fare magari una telefonata al consolato brasiliano per scoprire subito che anche la grande azienda agricola era in realtà una grande frottola. Ma anziché fare verifiche e controlli si è preferito avvalorare le narrazioni del Lupo e correre a Londra con una troupe di “Chi l’ha visto?” per organizzare l’ennesima puntata spettacolo sul mistero Orlandi.

Mettendo assieme i vari pezzi del mosaico, oggi possiamo affermare con certezza che: 1) le ricerche in Inghilterra sono state ordinate dalla nostra magistratura proprio sulla scia delle “rivelazioni” di Gastrini, in seguito condannato a otto mesi di carcere per i suoi falsi; 2) nel corso di quelle ricerche è stata trovata l’altra Emanuela Orlandi, il cui DNA ha dimostrato che non poteva essere figlia di Maria Pezzano.

Del confronto dei due DNA gli Orlandi non sapevano nulla, lo hanno appreso solo dall’articolo di Blitz. Ma le verifiche condotte anche in Inghilterra sono la dimostrazione che la magistratura ha indagato il mistero Orlandi con il massimo scrupolo, senza mai trascurare o scartare nulla, nessuna pista e nessuna eventualità per quanto remota o vrancamenteassurda. È quindi a maggior motivo incomprensibile la marea di accuse alla Procura della Repubblica di Roma riversata in lungo e in largo e senza sosta da Pietro Orlandi e dai suoi fan, secondo i quali il procuratore Giuseppe Pignatone avrebbe volontariamente affossato l’inchiesta chiedendone l’archiviazione per paura di chissà cosa e perché comunque manovrato dal Vaticano.