Cos’è un succhiotto? Per i giudici della Cassazione è violenza sessuale se…

di Pino Nicotri
Pubblicato il 17 Novembre 2016 - 07:35 OLTRE 6 MESI FA
Cos'è un succhiotto? Per i giudici della Cassazione è violenza sessuale se...

Succhiotto cos’è? Per i giudici della Cassazione è violenza sessuale se è un segno non gradito di possesso

Il verdetto dei supremi giudici del Palazzaccio di Piazza Cavour stabilisce che il “succhiotto” lasciato da una persona sul collo di un partner costituisce il reato di violenza sessuale tanto quanto i palpeggiamenti, la “mano morta” nelle zone erogene e i baci sulla bocca strappati con la forza. Lasciare sul collo il segno non voluto pur se nel corso di baci e amplessi consenzienti può perciò costare fino a sei anni e due mesi di carcere.

La sentenza della Cassazione si occupava della denuncia di una donna contro il suo amante, reo di averle lasciato quel “marchio” indesiderato  come dimostrazione di possess0. Per i supremi giudici se si lascia quel “timbro” sul collo della donna solo per far sapere anche a occhi estranei che è “tua” si commette una violenza sessuale. E’ infatti come marcare il territorio, atto incompatibile con la libertà sessuale delle persone, che  non sono territorio di nessuno se non di se stesse. Si tratta per giunta – sempre a detta dei supremi giudici – di un gesto che se non voluto da chi lo riceve può indicare la volontà di costringerlo  a mostrare a tutti la firma di un amore segreto, occasionale o no che esso sia.

Invano l’uomo ha sostenuto che il suo bacio a ventosa non riguardava zone erogene e non poteva quindi essere considerato alla stregua di un atto a carattere sessuale. Le toghe della Cassazione hanno invece deciso che il succhiotto

“deve poter essere definito sessuale sul piano obiettivo, senza attingere alle intenzioni dell’agente” e che è sbagliato ritenere che gli atti sessuali per essere tali devono riguardare solo “toccamenti delle zone (immediatamente) erogene del corpo, con esclusione di tutte le altre”.

I giudici hanno voluto specificare che il bacio a risucchio non comporta un “mero toccamento delle labbra”, bensì    esige invece “intensità” e attività “prolungata”. E come se ne fossero tecnici esperti hanno voluto chiosare che il succhiotto

“esprime esattamente quella carica erotica che il concedersi con piacere alla bocca altrui comporta; una carica pienamente colta dall’imputato che ne fa strumento di una riaffermata (e malintesa) signoria sulla donna con un simbolo (il livido lasciato sul collo) che vuoi significare un’intimità sessuale esattamente percepibile e percepita come tale dai consociati senza necessità di ulteriori specificazioni”.

Ci siano permesse alcune osservazioni.

1) – Cosa dimostra che nel caso in questione non ci sia stato consenso e che non si tratti quindi di un ripensamento ex post, magari per ripicca o vendetta?

2) Per lasciare quel tipo di  livido sul collo ci vogliono vari secondi, durante i quali il partner può agevolmente sottrarsi evitando così di restare “marchiato”. Certo, se il “marchiatore” impedisce al partner di divincolarsi e sottrarsi all’annesso livido, allora il reato di violenza privata è evidente e innegabile. Ma non era questo il caso giudicato in Cassazione.

3) – Come si fa a sostenere che quel “marchio” sia la prova di possess0 da parte del Tale anziché del Talaltro o di un anonimo? Forse il succhiotto reca il nome e cognome di chi lo ha “stampato”?

4) – Cosa dimostra che il succhiotto sul collo di una persona sposata o single sia del proprio consorte o partner anziché di eventuali amanti e fidanzate/i o viceversa?

5) – Se un simbolo di “possess0” è un reato sessuale, allora dovrebbero esserlo anche e a maggior motivo l’anello di fidanzamento e ancor più  la fede nuziale perché indubbiamente indicano la “proprietà” sessuale, per giunta da parte di persone ben precise e non anonime.

6) Non sarebbe più civile evitare di considerare le persone come possibili “possessi” sessuali altrui? Chiunque abbia una relazione amoroso sessuale – occasionale o prolungata o stabile, con o senza succhiotti – deve essere considerato proprietà sessuale altrui? “Territorio” e pascolo altrui?

Con la scusa della protezione della privacy della denunciante e del denunciato, la sentenza – n.  47265, emessa dalla Terza Sezione Penale – dal  sito Internet della Cassazione ( http://www.italgiure. giustizia.it/sncass/ ) è stata fatta sparire tramite oscuramento. Eppure i  principi giuridici stabiliti dalla Cassazione devono poter essere conosciuti in ogni tempo da chiunque. E sul diritto dei cittadini italiani non può certo prevalere la pruderie dei giudici del Palazzaccio.