Amianto sulle navi. In Tribunale a Padova ammiragli imputati

di Pino Nicotri
Pubblicato il 21 Marzo 2012 - 01:01 OLTRE 6 MESI FA

Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, essendo un ammiraglio, per giunta ancora in servizio (caso unico nella storia governativa italiana), dovrebbe essere il più titolato a rispondere alla domanda. Ma lo farà prima il tribunale militare di Padova con una sentenza, emessa forse già domani, per omicidio colposo a danno di due marinai  22 marzo, oltre che per lesioni nei confronti di centinaia di altri marinai e mancata adozione delle dovute cautele sui posti di lavoro.

La domanda è questa: come mai si è deciso di smantellare i cacciatorpediniere Ardito e Audace, varati nel 1971, solo nel 2005? Vale a dire, ben 13 anni dopo che il parlamento italiano aveva messo fuori legge l’amianto, (o asbesto) del quale quelle navi in particolare erano imbottite, e quando ormai i marinai passati per anni di servizio a bordo e colpiti da mesotelioma pleurico erano centinaia.

Dobbiamo ricordare che il mesotelioma è una forma rara di cancro che ha origine nel mesotelio, la membrana che riveste e protegge la maggior parte degli organi interni del corpo, che la forma più comune di mesotelioma è il mesotelioma “pleurico”, generato nel rivestimento dei polmoni, e che è quasi sempre provocato dall’esposizione alla fibra di amianto. In letteratura medica è frequente il riferimento all’esposizione all’amianto nel corso della vita militare come una delle cause di tale terribile malattia e l’avvertimento che questa può manifestarsi anche a 30 anni di distanza dalla fine dell’esposizione all’amianto.

Lo scorso dicembre si è concluso nell’indifferenza generale con le arringhe degli avvocati difensori il processo che vede sul banco degli imputati gli ex capi di Stato maggiore della marina militare Mario Bini e Filippo Ruggiero, gli allora direttori generali di Navalcostarmi Lamberto Caporali e Francesco Chianura, quelli della Sanità Militare Elvio Melorio, Agostino Didonna e Guido Cucciniello e l’ex comandante in capo della squadra navale Mario Porta. Le loro linea difensiva si riassume in poche parole: “Non potevamo sapere”.

L’inchiesta è nata nel 2005, innescata dalla morte del capitano di vascello Giuseppe Calabrò e del meccanico Giovanni Baglivo per mesotelioma pleurico, che i periti hanno appurato essere stato provocato dall’amianto onnipresente sulle navi dove avevano prestato servizio. Dal 2005 in poi gli inquirenti sono stati sommersi da quasi 600 cartelle cliniche e hanno appurato che almeno 300 decessi sono stati causati dall’amianto, dichiarato fuorilegge nel 1992, ma presente sulle navi militari a tutto il 2005.

Il processo penale segue quello civile che ha già portato al risarcimento dei familiari delle vittime, alcuni con 800 mila e 850 mila euro. Nella scorsa legge finanziaria un emendamento dal sapore ”ad hoc” rischiava di eliminare la possibilità di ulteriori indennizzi. Interpretando la legge del 1955 che equiparava le navi militari alle navi civili, l’emendamento evitava che le responsabilità gravassero sulle spalle dei Capi di Stato Maggiore facendole invece gravare solo sui singoli comandanti dei mezzi navali. L’emendamento però non è andato in porto ed è stato possibile arrivare all’erogazione dei risarcimenti. Eliminati così dalle parti civili processuali i familiari delle vittime, al processo padovano si sono costituite parti civili le associazioni nazionali Medicina Democratica ed Esposti all’Amianto.

La sentenza padovana non chiuderà però l’argomento. Di recente infatti la Corte d’appello di Brescia, investita del caso di un operaio dell’Arsenale di Taranto morto nel 2007, ha sentenziato che il mesotelioma pleurico può considerarsi malattia professionale di chi lavora su navi militari. Il tribunale di Padova inoltre sta concludendo la fase istruttoria di un altro processo, detto “amianto in Marina bis”, che riguarda altre centinaia di casi.

Infine e Torino il magistrato Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo su decine di uomini in divisa deceduti anche loro a causa del contatto con l’asbesto. E Torino è la città nella quale di recente è stato condannato a 16 anni di carcere l’intero vertice dell’azienda Eternit, diventata famosa prima per i suoi manufatti edilizi a base di amianto e poi per la moria di suoi dipendenti.

Come si vede, l’attuale ministro della Difesa e ammiraglio Di Paola ha più di una occasione per rispondere alla domanda che gli abbiamo posto.