Chi l’ha visto?: “Banda Magliana rapì Emanuela Orlandi”. Telefonata non si trova

di Pino Nicotri
Pubblicato il 11 Maggio 2015 - 10:23| Aggiornato il 20 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
Chi l'ha visto?: "Banda Magliana rapì Emanuela Orlandi". Telefonata non si trova

Chi l’ha visto?: “Banda Magliana rapì Emanuela Orlandi”. Telefonata non si trova (foto LaPresse)

ROMA – Leggendo le 84 pagine con le quali il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone ha chiesto l’archiviazione per le sei persone che hanno ricevuto un avviso di garanzia per la scomparsa di Emanuela Orlandi si resta colpiti dalla quantità, più di una ventina, di piste grandi e piccole man mano seguite dagli inquirenti e dalla miriade di persone interrogate, “attenzionate” e sottoposte a indagini e intercettazioni per cercare di venire a capo del mistero Orlandi.

Il filone che più ha tenuto banco e affascinato l’opinione pubblica è senza dubbio quello della cosiddetta banda della Magliana. A lanciarlo è stato il programma televisivo “Chi l’ha visto?”, della terza rete Rai, con la famosa telefonata anonima ufficialmente ricevuta dalla redazione l’11 luglio 2005, cioè in pieno periodo di sospensione per le ferie, e mandata in onda con la prima puntata di settembre a fine pausa estiva.
Per quanto possa parere strano, se non assurdo, i magistrati non hanno però trovato nessuna prova che la telefonata sia davvero arrivata in redazione. Insomma, un mistero nel mistero.

Vediamo come lo racconta il procuratore Pignatone nel documento da lui firmato lo scorso 5 maggio assieme ai sostituti procuratori Simona Maisto e Ilaria Calò:

“Accertamenti relativi al coinvolgimento della Banda della Magliana nel sequestro. Nell’anno 2005 irrompeva nel quadro frastagliato delle indagini uno spunto investigativo che ipotizzava un coinvolgimento della Banda della Magliana nel rapimento di Emanuela Orlandi, coinvolgimento che avrebbe trovato la sua ragione d’essere nel tentativo di ricattare il Vaticano per ottenere la restituzione di soldi che la Banda, e con essa la Mafia Siciliana facente capo a Pippo Calò, aveva investito nello IOR [acronimo della banca vaticana Istituto per le Opere Religiose].

Il giorno 11 luglio 2005 perveniva alla redazione della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto” una telefonata del seguente tenore:

“Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di S. Apollinare e del favore che Renatino fece al Cardinal Poletti. E chiedete al barista di via Montebello che pure la figlia stava con lei, con l’altra Emanuela…. e i genitori di Emanuela sanno tutto. Però siete omertosi, non direte un cazzo come al solito”.

Con tale telefonata [trasmessa però a metà, solo cioè fino a “Cardinal Poletti”] si evidenziava un collegamento fra la sepoltura di Enrico De Pedis detto Renatino nella cripta della Basilica di S. Apollinare e la scomparsa di Emanuela Orlandi, nonché, con il riferimento al barista di via Montebello, si intendeva suggerire un riferimento anche alla scomparsa di Mirella Gregori. Infatti in via Montebello angolo via Volturno si trovava il bar gestito dalla famiglia Gregori. Alla telefonata facevano seguito un fax e alcune lettere anonime sullo stesso argomento, pervenute alla redazione della trasmissione, e una pervenuta direttamente presso l’abitazione di Pietro Orlandi.

La Banda della Magliana è stata, come è noto, un’organizzazione criminale che ha operato a Roma a partire dalla tarda metà degli anni ’70, attiva nel traffico di droga, nell’usura, inizialmente nei sequestri di persona, nelle rapine e nel traffico d’armi, e che ha avuto legami con la Camorra, con Cosa Nostra, con la Massoneria e con i servizi segreti deviati.

Fu l’incontro con Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis e Maurizio Abbatino a far nascere il primo nucleo della banda. Ognuno dei tre portò infatti nella nuova compagine criminale le proprie esperienze, le proprie competenze, specifiche, nonché fidati compagni facenti parte delle vecchie batterie delle quali ciascuno aveva fatto parte, andando così a formare le diverse anime della banda, che si divise le competenze a seconda delle aree territoriali di provenienza, creando distinti gruppi, il gruppo della Magliana, il gruppo di Testaccio-Trastevere, detto dei Testaccini, il gruppo di Ostia-Acilia.

Del gruppo dei “Testaccini” facente capo a Giuseppucci e a De Pedis facevano parte, anche, tra gli altri, Raffaele Pernasetti, Danilo Abbruciati e Angelo Cassani. Del gruppo “Magliana” faceva parte fra gli altri e per quello che qui ci interessa, Giorgio Paradisi. Enrico De Pedis detto Renatino, come detto era esponente di spicco della fazione dei “Testaccini””.

La ricostruzione tracciata per sommi capi da Pignatone non tiene conto di una serie di ridimensionamenti decisi e di sentenze assolutorie emesse dalla stessa magistratura di Roma, nonché dalla Corte di Cassazione, inoltre non parla mai di omicidi, che invece è certo ci siano stati, e ignora che la cosiddetta banda della Magliana è nata in realtà nel carcere di Regina Coeli dall’idea del malavitoso Nicolino Selis di imitare a Roma la Nuova Camorra Organizzata, quella creata in Campania con uno stuolo di omicidi da Raffaele Cutolo detto ‘O Professore.

In questo passo Pignatone parla anche di rapimento della Orlandi, quando nulla dimostra che sia stata rapita, tant’è che lo stesso magistrato parla più realisticamente anche di sequestro, reato tipico nelle violenze a carattere sessuale, e di scomparsa, che può avvenire per tutta una serie di motivi che nulla hanno a che vedere né con il sequestro né tantomeno con il rapimento. Ma procediamo con quanto scrive il procuratore della Repubblica:

“Le indagini inizialmente si sono indirizzate alla identificazione dell’autore della telefonata, e delle lettere anonime. Venivano acquisiti e analizzati i tabulati del centralino della trasmissione e svolti accertamenti sulla società di servizi dalla quale risulta trasmesso il fax. Tali verifiche non hanno sortito alcun esito. In particolare l’analisi dei tabulati relativi all’utenza 068262, centralino della redazione [di “Chi l’ha visto?”], non ha evidenziato alcuna telefonata corrispondente a quella mandata in onda in trasmissione. L’escussione di Dessì Leonardo direttore di Produzione Rai circa il funzionamento del centralino e di Passerini Stefano tecnico Audio presso la Rai, non ha permesso di chiarire le motivazioni per le quali la telefonata dell’11 luglio 2005 non figura nel tabulato telefonico acquisito. Venivano escussi senza esito gli intestatari delle utenze delle telefonate pervenute al centralino in un periodo compatibile con quello della telefonata di interesse”.
Il mistero continua. Non solo quello della scomparsa di Emanuela.