Corea. Appello di papa Francesco a Sud e Nord che vivano in pace: ecco perché

di Pino Nicotri
Pubblicato il 25 Agosto 2014 - 20:31 OLTRE 6 MESI FA
Corea. Appello di papa Francesco a Sud e Nord che vivano in pace: ecco perché

Papa Francesco in Corea (foto Ansa)

SEOUL – Papa Francesco dalla Corea ha lanciato il suo appello perché la Corea del Nord e quella del Sud vivano finalmente in pace, e perciò riunificate.

In definitiva, la Corea dal 668 d. C. è stata un Paese unito per oltre mille anni. Come mai le Coree sono due e in quella del Sud ci sono ancora poco meno di 40 mila soldati Usa?

Il problema della divisione coreana è un avanzo della seconda guerra mondiale, un suo colpo di coda.

Sferrato dagli Usa l’8 settembre 1945, con l’invasione che dopo tre mesi è diventata “guerra ai comunisti” rivelando così il vero fine degli Stati Uniti, che nulla c’entrava con la lotta al Giappone.

Per “comunisti” però Washington intendeva tutti coloro che si erano battuti contro l’occupazione giapponese, iniziata nel 1910 per ridurre la Corea a colonia di Tokio.

Gli Usa preferirono mettere al governo del Sud gli stessi detestati collaborazionisti che per decenni avevano servito i giapponesi.

A governare la Corea del Nord restava invece chi gli invasori giapponesi li aveva combattuti.

Nel marzo del ’46 la neonata Onu, fondata il 26 giugno del ’45, istituì una commissione per realizzare l’unità e l’indipendenza della Corea, ma l’iniziativa fece la fine della commissione che due anni dopo avrebbe dovuto far nascere in Palestina lo Stato palestinese.

Di fatto per un bel pezzo la Corea è stata governata dal generale americano Mac Arthur, che, quando nel ’50 i cinesi reagirono alla massiccia presenza militare americana invadendo il territorio coreano occupato dagli Usa, voleva usare a tutti i costi le bombe atomiche contro di loro.

E a proposito delle polemiche e accuse alla Corea del Nord per essersi probabilmente dotata di ordigni nucleari, Mac Arthur è la dimostrazione di come i primi a minacciare di usare le atomiche sul suolo coreano siano stati gli Usa. Le cui minacce non erano da sottovalutare visto che di atomiche – pur di sperimentarle sugli esseri umani e spaventare così l’Urss alleata nella guerra contro i nazisti, ma scomoda perché sovietica – ne avevano già usate due contro i giapponesi.

Mentre di militari coreani che occupano territori Usa non se ne sono mai visti, di militari Usa sul suolo coreano ce n’è invece abbondanza fin dal 1945.

Se non usarono le atomiche, in Corea gli Usa sperimentarono su larga scala le enormi bombe “Tarzon”, da 5 tonnellate di esplosivo, sganciate dai B-29 soprattutto su Kanggye, dove la Cia era convinta si nasconsessero i leader politici coreani compreso Kim Il Sung, leader della Reistenza ai giapponesi e padre dell’attuale capo di Stato.

A proposito di superbombe, durante la guerra con l’Iraq e in Afghanistan gli Usa hanno sperimentato “in corpore vili” le MOAB, o “Mother Off All Bombs”, da 8 tonnellate di TNT.

Il settimanale Newsweek pubblicò in copertina una foto della mostruosa bomba sotto il titolo “Perché l’America spaventa il mondo”, che forse meglio sarebbe stato completare aggiungendo le parole “e perché non ne è molto amata in una sua larga parte”.

Sottoposti per decenni alla minaccia di invasione americana, i nord coreani hanno reagito nell’unico modo possibile per rendere inefficace l’eventuale realizzazione della minaccia: hanno costruito una impressionante rete corazzata sotterranea di basi militari e di impianti di tutti i tipi – almeno 15 mila, cifra senza pari nell’intera storia militare del genere umano – e hanno fatto di tutto per dotarsi anche loro di atomiche, onde rendere una eventuale invasione americana troppo costosa in termini di vite umane.

Solo chi è in malafede può sostenere che la Corea del Nord vuole bombardare con armi nucleari la Corea del Sud, con il solo risultato di essere eliminata dalla faccia della terra tramite le atomiche americane di vario tipo: A, H ed N (bombe a neutroni, donde il nome).

Tutto il resto, compresa la fame della popolazione ridotta allo stremo, è una conseguenza di tutto ciò.

Può non piacerci, ma non è scritto da nessuna parte che Stati sovrani debbano essere felici di avere alle frontiere per decenni eserciti potentemente armati e sempre pronti all’invasione al minimo pretesto.

Washington si è arrogata il diritto di reagire con l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq con la scusa – completamente sballata almeno nel caso dell’Iraq – dell’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre.

È ovvio che la Corea del Nord da tali pericoli ha – come chiunque – il diritto di potersi difendere, anche perché di morti non ne ha avuti 3-4 mila come gli Usa con le Twin Towers, ma qualche milione con la guerra iniziata nel ’50 e una marea di altri morti già prima, con la feroce invasione giapponese.

Da notare che non è affatto vero che il regime della Corea del Nord è insensibile ai problemi della propria popolazione e vuole a tutti i costi sviluppare missili e atomiche.

Il mese prima delle elezioni Usa che hanno sciaguratamente portato alla Casa Bianca George W. Bush il generale Jo Myong Rok, cioè l’autorità più potente della Corea del Nord, l’uomo che presiedeva al complesso che produceva e vendeva missili agli altri Paesi, ha fatto visita a Bill Clinton alla Casa Bianca.

Nell’occasione è stato scritto di comune accordo un impegno in base al quale “nessuno dei due governi vuole avere intenzioni ostili nei confronti dell’altro”.

E per la fine di ottobre era stato fissato un viaggio impensabile, quello del segretario di Stato Madeleine Albright a Pyongyang per trattare direttamente con Kim Jong Il e fissare la data del summit nella stessa Pyongyang tra Clinton e Kim.

Nel corso del summit era previsto che sarebbe stato firmato un accordo per l’acquisto da parte degli Usa di tutti i missili a gittata intermedia e lunga esistenti in Corea del Nord.

Se questo accordo fosse stato perfezionato il missile lanciato nei giorni scorsi dalla Corea del Nord semplicemente non sarebbe esistito!

Fermo restando il fatto che anche la Corea del Nord ha diritto a inviare in orbita satelliti per le telecomunicazioni e quant’altro di pacifico si può realizzare solo con il lancio di missili.

Ma a bloccare tutto appena insediatosi è stato il funesto neopresidente Bush, che nel marzo del 2001 trattò a pedate anche il presidente della Corea del Sud, Kim Dae Jung, fresco Premio Nobel per la pace e desideroso di accordi e ricomposizione con il Nord.

Bush zittì anche Colin Powell, reo di avere osato dire che la nuova amministrazione avrebbe continuato le trattative con la Corea del Nord là dove le aveva lasciate l’amministrazione Clinton.

Il problema, molto poco noto, è che la guerra di Corea del 1950 ha creato, con il documento NSC 68 firmato da Truman nell’aprile del ’50, le basi – teoriche e strategiche – per il continuo irrobustimento dell’apparato industriale militare americano.

Vale a dire, dell’apparato che di fatto traina l’intero sistema produttivo Usa perché ne rappresenta con l’indotto e la ricerca non meno del 30% del totale.

L’apparato che già Dwight Eisenhower e pochi anni fa Colin Powell hanno definito senza mezzi termini un pericolo per la pace e quindi per gli stessi Stati Uniti.

Da notare, dato che ci siamo, che alla fine del dicembre del ’49 Truman aveva firmato anche il documento NSC 48, che per la prima volta approvava l’aiuto militare a favore dei francesi contro i vietnamiti arcistufi di essere una colonia di Parigi.

Con George W. Bush il budget per la Difesa è arrivato all’astronomica cifra di oltre 400 miliardi di dollari.

Un giro di boa epocale, dunque, la guerra di Corea. Le enormi spese “difensive” previste dall’NSC 68 furono giudicate dai suo ideatori una occasione per l’economia statunitense per “trarre consistenti benefici dal tipo di potenziamento che suggeriamo”, potenziamento militare ovviamente.

La guerra di Corea è stata importante per la storia americana per due motivi: ha rappresentato il fulcro attorno al quale far ruotare una spesa militare tanto massiccia quanto permanente; ha rovesciato provocatoriamente la teoria del “contenimento” del “pericolo comunista” trasformandola nella teoria del “rollback”, cioè del “ripiegamento” ovvero – in termini più chiari – della “liberazione”, tentata poi con la fallita invasione di Cuba, messa in atto in Afghanistan e Iraq e foraggiata sotto banco in Siria e altrove.

Mac Arthur e gli strateghi politici americani pianificavano di “liberare” l’intera Manciuria e le aree meridonali più importanti della Cina!

Non bisogna dimenticare che in quegli anni negli Usa impazzava la paranoia anticomunita e la discriminazione a tutti i livelli dei sospetti comunisti cittadini americani, fino al punto di cacciare perfino scienziati tra i maggiori responsabili della realizzazione della bomba atomica e mettere a morte sulla sedia elettrica due coniugi, i Rosenberg, accusati senza prove di avere passato all’Unione sovietica i documenti per la realizzazione delle bombe atomiche e condannati di fatto solo perché ebrei in una America intrisa di antisemitismo.

Il costo della presenza militare Usa nella Corea del Sud oscilla tra i 17 e i 42 miliardi di dollari l’anno, a seconda delle voci che si vogliono prendere in considerazione.

C’erano anche centinaia di bombe atomiche Usa, rimosse da George Bush padre, che però non se l’è riprese negli Stati Uniti. Ha infatti preferito limitarsi a trasferirle sulle navi e sui sottomarini che da sempre controllano da vicino la Corea del Nord.

Come si vede, bene ha fatto papa Francesco a lanciare il suo appello. Resterà vox clamans in deserto?