Costa Concordia. Schettino, De Falco e la biscaglina

di Pino Nicotri
Pubblicato il 20 Gennaio 2012 - 07:32 OLTRE 6 MESI FA

Calma, sangue freddo e andiamo per ordine. Tutta colpa del capitano Schettino? Stava davvero scappando, con anche due ufficialiDimitri Christidis, comandante in seconda e Silvia Coronica, terzo ufficiale?  Questa è una storia, una tragedia, dalla quale ho l’impressione che non si salvi nessuno, se non qualche “milite ignoto”. E poi c’è l’interrogativo su chi abbia passato così a razzo alla stampa la registrazione della telefonata De Falco-Schettino, prima ancora che fosse vagliata dai magistrati.

Schettino ha sbagliato ed è indifendibile. E’ stato lui stesso ad avere ammesso col magistrato una serie di circostanze che lo inchiodano:

– ha ordinato lui di uscire fuori rotta per avvicinarsi al Giglio;

– ha deciso lui di abbandonare il pilota automatico e di mettersi a timonare lui, personalmente e manualmente;

– l’accosto al Giglio lo ha deciso per un “inchino” al collega in pensione Mario Palombo, “inchino” preannunziato allo stesso Palombo con una apposita telefonata;

– ha ordinato la virata troppo tardi;

– il ritardo nell’ordinarla è dovuto al fatto che “ero perso nei miei pensieri”.

Anche se non di “pensieri” si trattava: forse era la vicinanza di una bella bionda, forse aspettava istruzioni dall’armatore.

Schettino ha perso oltre un’ora, quando invece durante quell’ora la nave era ancora in assetto, cioè non sbandata, e potava sbarcare le persone in perfetto ordine e senza che nessuno finisse affogato intrappolato nelle cabine o in sala da pranzo. Ma quell’ora e un quarto perché l’ha persa? Forse  perché l’armatore gli ha ordinato di non lanciare subito l’SOS e di non chiedere neppure ispezioni e verifiche in mare perché “il tempo è danaro” e le crociere, come si dice degli spettacoli, “must go on”?

Certo sono situazioni di emergenza che non si verificano tanto spesso, grazie al Cielo, ed è quindi probabile che oltre a Schettino nel pallone ci sia finito anche qualcuno a Genova.

E’ inoltre grave, anzi inaudito, che il comandante abbia abbandonato la nave. E che lo abbia fatto con i suoi due vice è talmente inaudito da essere impensabile. Così come è patetica, ridicola, lestofantesca, la scusa di essere “caduto in una scialuppa di salvataggio”, per giunta di esserci caduto con i due vice, eventualità statisticamente impossibile se non in un film di topo Gigio.

Tutto ciò detto, nulla dimostra che Schettino stesse scappando, che avesse cioè abbandonato la nave per svignarsela. Forse lui è un vile, ma anche i suoi due vice lo sono? Non voglio neppure prendere in considerazione quello che, stando ai giornali, avrebbe dichiarato il parroco dell’isola, e cioè che Schettino era sbarcato tranquillo e beato anche col computer.

Insomma, non si può dire che Schettino stesse scappando. E’ sceso dalla nave, certo, e NON doveva farlo, ma NON per scappare.

Probabilmente, nella sua testa confusa, pensava di avere portato la nave in salvo, sulla riva e che quindi non si trovava nelle circostanze che videro comportarsi da eroe, sul ponte di comando dell’Andrea Doria che stava colando a picco, Pietro Calamai. Probabilmente in buona fede, la buona fede della mente offuscata dal trauma e dalla vergogna, pensava che a bordo ornai era tutto sotto controllo e che si sarebbe potuto rendere più utile a terra; forse voleva rendersi conto di persona della falla, dall’esterno visto che dall’interno era impossibile (ma con quel buio?).

Se è sceso, per giunta, ripeto, con gli altri due ufficiali, uno dei quali era una donna, probabilmente è stato perché a sua valutazione i soccorsi sulla nave procedevano, anche se non ho capito sotto la direzione di chi. La presenza di un ufficiale donna nella scialuppa con Schettino mi fa credere ancor più difficile una fuga o un pensare comunque solo a se stessi: una donna, per giunta ufficiale di marina, abbandona vecchi e bambini e altre donne al loro destino? Difficile da credere. Ritengo umanamente e professionalmente corretto tenere in considerazione anche il fatto che il comandante, pur con deplorevolissimo ritardo, abbia aiutato passeggeri a mettersi in salvo e sia sceso in ispezione in mare solo quando gli è parso di poterlo fare perché non c’era più ressa nel salvataggio.

La voce impallata di Schettino nel rispondere a De Falco, mi ha fatto arrossire per quel pesante accento campano da “guapp’e cartone” dei film, da decenni “prova provata” dell’infingardaggine e cialtroneria italiana. Né Totò né Massimo Troisi avrebbero potuto immaginate tanto… Accento campano a parte, la voce di Schettino m’è parsa stranamente impastata, come anche le sue risposte a De Falco spesso sconnesse. Perché? Lo appureranno i magistrati.

Anche se  Schettino appare sotto molti aspetti ormai spacciato: come capitano, come marinaio. Come uomo, se la vedrà con se stesso, con i morti dovuti all’aver perso più di un’ora senza muovere un dito, anche se forse perché in attesa di ordini dell’armatore, che forse gli ha ordinato proprio di aspettare in attesa di capire, di vedere e non per decisione propria.

Ma impiccarlo adesso sulla pubblica piazza a furor di popolo, no. Fucilarlo alla schiena sulla base dei soli elementi d’accusa, senza neppure vagliarli, contestualizzarli e verificarli, assolutamente no. Il giornalismo scoopista a tutti i costi ha già fatto una serie di danni storici, dal “ballerino anarchico” Pietro Valpreda fino al “rapimento” di Emanuela Orlandi ha già preso una quantità di granchi colossali. Meglio andarci un po’ cauti.

Andiamoci cauti anche nel voler vedere in De Falco il cavaliere bianco, l’eroe salvatore globale. Il suo ordinare a Schettino di risalire a bordo salendo per la biscaglina “in senso inverso a quello dei passeggeri” che si stavano faticosamente mettendo in salvo, lo trovo un ordine assurdo, più una esortazione morale che un ordine, annesso che De Falco ne avesse l’autorità, eseguibile.

La biscaglina è una scala fatta di corde e con gradini di legno o di plastica in modo da poterla arrotolare e srotolare a piacere. La biscaglina inoltre è stretta, la si scende stando rivolti verso la nave e tenendosi con le mani al cordame laterale mentre si poggiano i piedi su uno scalino alla volta e stando bene attenti a non scivolare. Non è certo larga a sufficienza da permettere il transito nei due sensi, per giunta in una situazione di emergenza drammatica. Sarebbe stato più logico issare a bordo Schettino, e gli altri due ufficiali, con una fune calata da un elicottero. Ma l’elicottero serviva per portare in salvo la gente, non per riportare il comandante a bordo.

Certo, Schettino ha sbagliato fin dall’inizio, fin da quando cioè ha deciso la bravata dell’avvicinarsi troppo all’isola del Giglio per dare “un salutino” al “mitico” commodoro e far vedere ai turisti, almeno quelli che non erano a cena, direttamente sotto il loro naso la suggestiva cartolina notturna dell’isola del Giglio illuminata. Regalando nel contempo – due piccioni con una fava – agli isolani la suggestiva cartolina dell’enorme città galleggiante da crociera che a mo’ di maxi balena addomesticata si avvicina fin sotto casa, saluta educatamente con i suoi maestosi fischi e se ne va.

Però, però, c’è un però: visto che l’incredibile “salutino” a distanza ravvicinata era una consuetudine, o comunque una cosa niente affatto rara, dov’erano la Capitaneria di porto, i carabinieri, la polizia, il sindaco, il parroco e gli abitanti del Giglio quando la balena da crociera arrivava fin quasi sotto le finestre? Todos caballeros? Un bestione come Costa Concordia o simili NON è un gommone o una barchetta che passa inosservata, e male, malissimo hanno fatto, dalla Capitaneria all’ultimo dei pescatori, a non reclamare mai, a non avvertire mai nessuno della sbalorditiva usanza. Gentile e bella quanto si vuole, ma usanza pericolosa anche agli occhi di un cieco.

A Genova, al quartier generale della Costa Crociere, nessuno mai si è accorto di nulla?

Sembra un brutto presagio: se quello di Federico Fellini si intitola “E la nave va”, il film della Costa Concordia si intitola invece “E la nave non va”, anzi, fa naufragio. Naufragio che capita per giunta nel momento più sbagliato, nel bel mezzo della tempestosa navigazione della nave Italia tra le secche, gli scogli e le intemperie dell’euro, della recessione, del debito sovrano, dello spread, del rating…. Per il Times il disastro della Costa Concordia è infatti la metafora dell’Italia che affonda. Per il Wall Street Journal è addirittura la metafora dell’ormai a suo dire inevitabile naufragio dell’euro e dell’intera Comunità Europea. Non vorremmo Angela Merkel o chi per essa replicanti di Schettino. Ma neanche di De Falco. Mandino a salvare l’euro, l’Europa e gli europei più di un elicottero. E non calino solo una biscaglina…….