Guerra alla Cina nella strategia di Trump col voltafaccia in Afghanistan

di Pino Nicotri
Pubblicato il 27 Agosto 2017 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA
Guerra alla Cina nella strategia di Trump col voltafaccia in Afghanistan

Guerra alla Cina nella strategia di Trump col voltafaccia in Afghanistan (foto Ansa)

Dopo le bombe atomiche sdoganate nel 2002 da Bush ecco i droni sdoganati da Trump. Con conseguenze che possono essere drammatiche anche per l’Europa e l’Italia. Vediamo perché.

L’attuale inquilino della Casa Bianca con un discorso di 25 minuti pronunciato qualche giorno fa a Fort Myers davanti a una platea di militari entusiasti s’è rimangiato le critiche contro la presenza militare USA in Afganistan declamate a suo tempo contro la presidenza Obama. E ha deciso non solo che il contingente USA deve rimanervi, ma che va anche rinforzato con l’invio di altre truppe e altre armi:

“Fino alla vittoria!”.
Come se non bastasse, ha sdoganato l’impiego dei droni, utilizzati per la prima volta in Kosovo già non solo come ricognizione. D’ora in poi i militari a stelle e strisce potranno usarli con manica più larga e minori limitazioni. E siccome, anche se le autorità militari non ce lo fanno sapere tutte le volte,  i droni bombardano scambiando spesso civili innocenti per pericolosi terroristi, ne conseguirà che il numero delle loro vittime innocenti, già troppo grande, aumenterà. Fornendo così ai talebani, all’Isis et similia un’ottima scusa per odiarci ancora di più, arruolare disperati e psicolabili e vendicarsi con altre stragi di civili in Europa. Sì, in Europa, perché in Afganistan nella presenza militare e nella guerra assurda – la più lunga dopo la seconda guerra mondiale, più lunga perfino di quella nel Vietnam – non sono impegnati solo i militari Usa, ma quelli della Nato, Italia compresa. E se la Casa Bianca ordina che devono armarsi e partire altre truppe è molto difficile che a Palazzo Chigi possano far finta di nulla. Prevedibile quindi che debbano partire anche militari nostri. Con tutto quello di brutto che ce ne può venire.

Purtroppo dopo la nuova sparata di Trump nessuno ha ricordato che a suo tempo, nel 2002, a essere sdoganate sono state addirittura le bombe atomiche. L’improvvido e fallimentare presidente George W. Bush, cioè Bush figlio, emanò infatti una direttiva che autorizzava i comandanti delle flotte e delle basi Usa sparse per il mondo, a lanciare “in caso di bisogno” contro cinque Paesi nominati esplicitamente bombe atomiche “di teatro”, cioe di potenza diciamo contenuta, senza più dover chiedere e aspettare il permesso dal presidente in persona.

Che si tratti di un’escalation pericolosa già di per se è evidente: per rendersi inoltre conto che da un punto di vista militare la presenza della Nato in Afganistan non porterà mai a nessuna vittoria basta guardare la carta geografica. A meno di portavi – e farcelo restare chissà quanto tempo – un esercito composto da svariati milioni di uomini armati, su quel tipo di terreno, montano e quanto mai aspro, le truppe Nato, ma anche di qualunque altra alleanza militare o di singoli Paesi, non potranno mai sconfiggere in modo definitivo un esercito ribelle formato da gente locale o anche dell’area geografica circostante. E infatti non c’è mai riuscito nessuno, da Alessandro Magno all’Unione Sovietica. Il massimo risultato che si può eventualmente avere è quello già noto e sperimentato altrove dagli antichi romani, magistralmente riassunto da Tacito con poche parole:

“Hanno fatto un deserto e lo chiamano pace”.

La Nato, vale a dire la Casa Bianca che la manovra, dovrà accontentarsi di avere basi militari dalle quali controllare il territorio per via aerea, tramite satelliti e droni, e poter intervenire – tramite droni – con bombardanenti “chirurgici” che denotano una visione della chirurgia più adatta ai ferri del macellaio che a quelli del chirurgo.

Basi militari il cui utile non dichiarato è che non sono molto lontane né dalla Cina né dall’Iran.

Come che sia,  qualunque base o fortezza in territorio ostile può essere conquistata o comunque messa fuori uso da chi in quel territorio ci vive e ci vive da secoli. Non siamo più ai tempi di Fort Apache, quando nei futuri Stati Uniti d’America gli indigeni non erano numerosi, il territorio era immenso e il flusso di coloni, cioè di invasori, era inarrestabile e arrivava per stabilircisi in pianta stabile, non per starci solo per qualche tempo come soldato o turista.
Insomma, Trump e i generali McMaster, capo del National Security Council, e Mattis, capo della Difesa, che gli hanno scritto il discorso sul dietro front, sanno benissimo che non ci sarà nessuna “vittoria finale”. Esattamente come non c’è stata neppure nell’Iraq invaso da Bush figlio e adattato manu militari a una forma di democrazia non si sa quanto efficiente. Rimasto comunque un Iraq instabile e semmai più vicino agli ex nemici dell’Iran, nonostante la guerra contro di loro a suo tempo durata nove anni, che agli “amici” invasori Usa in realtà detestati in tutto il Paese. Nel quale Paese la Casa Bianca si è accontentata di avere grandi basi militari tipo Forte Apache dei nostri tempi per poter interventire nel caso i “pellerossa” locali dei nostri tempi ridiventino un problema troppo grosso.

Cosa vuole allora in realtà Trump? In realtà Trump vuole due cose. La prima gli porta consenso personale e quindi, se continua, potrà trasformarsi in voti per una eventuale rielezione. La seconda non la vuole solo lui, ma l’intera classe militare e buona parte di quella politica. Con l’obiettivo di smentire duramente chi parla di isolazionismo degli USA e ne preconizza l’inizio del declino.

Trump vuole che:

1 – l’industria militare USA funzioni a pieno regime perché così mantiene e incrementa l’occupazione, con gratidudine anche elettorale di chi ci campa. Non dimentichiamo che Trump appena arrivato alla Casa Bianca ha dichiarato:

“Aumenteremo le spese per rilanciare le forze militari”

e che vuole anche far produrre bombe atomiche di nuovo tipo, di cui nessuno al mondo sente il bisogno e di cui sicuramente non c’è necessità. Non dimentichiamo neppure che  per incrementare l’occupazione Trump non ha esitato a ordinare di riaprire le miniere di carbone, che oltre a essere un prodotto obsoleto è anche molto inquinante con l’intero ciclo della sua estrazione, lavorazione, trasporto e consumo. Non a caso la Tatcher chiuse le miniere inglesi.

A dire il vero, neanche Obama, con un’occhio agli interessi occupazionali di casa sua, ha mai amato gli accordi internazionali tesi a porre un tetto alle emissioni inquinanti.

2 – Mantenere e anzi aumentare l’assoluta superiorità militare degli Stati Uniti su tutto il resto del mondo. Ancora oggi e chissà per quanto tempo neppure la Cina potrebbe tener testa agli Usa in una eventuale guerra. Potrebbe infliggere danni gravissimi, catastrofici, ma alla fine soccomberebbe. E nessuno può seriamente opporsi alle pressioni, indimidazioni e ingerenze tramite anche il semplice invio di navi da guerra nei mari altrui oltre che dalla presenza delle oltre 400 basi militari statunitensi sparse per il mondo. Chi osa farlo, esercitando il proprio elementare diritto a darsi un  armamento moderno, e a testarlo, se non è un alleato degli USA viene sottoposto alle massicce minacce e distorsioni propagandistiche alle quali è sottoposta pressocché in continuazione per esempio la Corea del Nord e delle quali ha fatto le spese anche l’Iran.

Non dimentichiamo che l’ammodernamento e il potenziamento militare erano un chiodo fisso già di George Bush figlio. Che infatti ritirò gli Usa dal Trattato Anti Missili Balistici – firmato nel 1972 diventò l’asse portante della stabilità nucleare USA-URSS durante la Guerra Fredda – e investì somme enormi in un nuovo sistema di difesa dai missili balistici intercontinentali diventato famoso col soprannome di “guerre stellari”.

Non dimentichiamo neppure che Internet e tutto il suo mondo, da Facebook ai felefonini che ci permettono di essere “connected people”, vale a dire il mondo globale e planetario che oggi detiene una ricchezza immensa e quindi un non meno immenso potere, hanno avuto lo sviluppo che hanno avuto solo perché ci hanno messo su gli occhi e le mani i militari Usa. Che ci hanno investito cifre enormi per surclassare in molti campi l’allora esistente Unione Sovietica che s’era permessa di darsi anch’essa un armamento atomico e di mettere in orbita per prima un satellite artificiale.

Trump col suo voltafaccia afgano non teme certo di fare figuracce. È abituato a ben altro. Al presidente del Venezuala Nicolas Maduro, che durante i giorni drammatici dell’insediamento della nuova Costituente da lui voluta a tutti i costi, gli ha telefonato nella notte per chiedere un incontro, Trump ha avuto il coraggio di non rispondere al telefono e di fargli dire

“Volentieri, ma solo quando restaurerai la democrazia”

minacciando per giunta l’invio di truppe.

Si tratta dello stesso Trump che poco tempo fa è andato a omaggiare e a imbottire di altre armi l’Arabia Saudita dicendo

” non siamo venuti qui per dirvi come dovete vivere”.

Trump è andato cioè a calare vergognosamente le  brache davanti quella stessa Arabia Saudita che non solo non sa cosa siano la democrazia, l’eguaglianza tra uomo e donna e altro ancora, ma che per giunta è anche il principale finanziatore proprio di quel terrorismo talebano – e simili – che ha fornito a Trump la scusa buona per restare in Afganistan e inviarci ancora altri uomini e armi. “Fino alla vittoria” che sa benissimo non potrà mai esserci. Però intanto permette di mantenere e ampliare basi militari anche lì.