Iran-Nigeria, asse per petrolio e contro Boko Haram

di Pino Nicotri
Pubblicato il 5 Agosto 2016 - 09:48 OLTRE 6 MESI FA
Iran -Nigeria, asse per petrolio e contro Boko Haram

Iran -Nigeria, asse per petrolio e contro Boko Haram

ROMA –  Finito il tour del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif in Nigeria, Ghana, Guinea-Conakry e Mali, inizia ad agosto quello in Tunisia ed Algeria e sarà la quarta puntata africana del governo di Teheran. Che l’anno scorso ha inaugurato un nuovo corso nei rapporti con il Continente Nero sviluppando oltre a una puntuale attività umanitaria anche importanti progetti industriali e agricoli. Nel 2005 Zarif, sempre accompagnato da una delegazione di una settantina di uomini d’affari, è stato a gennaio in Kenya, Uganda, Burundi e Tanzania e in agosto in Tunisia e Algeria. Come si vede, le direttrici della diplomazia iraniana puntano sia a est che a ovest e a nord del Continente Nero. Con un occhio particolare alla Nigeria.

La Repubblica Federale Nigeriana è ormai la prima economia del Continente Nero, avendo superato anche il Sud Africa, ed è tanto ricca di petrolio e gas da avere attirato la presenza di joint venture con ENI, Shell, Total, Chevron, Exxon Mobil. Grande oltre quattro volte l’Italia e con due terzi del territorio occupati dal deserto del Sahara, primo produttore di petrolio africano e dodicesimo al mondo, la Nigeria produce più di due milioni e trecentomila barili al giorno: per meglio capire le dimensioni di tale produzione basta sapere che con uno scarto di soli 100 mila barili in meno equivale all’intero consumo giornaliero della Germania.

Purtroppo però fin dalle prime esplorazioni petrolifere degli anni ’60 c’è stato un vero e proprio assalto alla diligenza degli enormi giacimenti petroliferi nigeriani e il loro sfruttamento indiscriminato ha trasformato la Nigeria nella vittima di quello che probabilmente è il più grande disastro ambientale della storia. Solo tra il 1976 e il 2001 sono stati documentati sversamenti nei terreni di oltre tre milioni di barili, più oltre seimila tra esplosioni, sabotaggi e malfunzionamento degli oleodotti.

E’ così che l’oro nero ha provocato l’inquinamento su 36 mila chilometri quadrati di foresta vergine e corsi d’acqua: nel delta del Niger, una regione famosa per la sua fertilità, sono ormai impossibili l’agricoltura, la pesca e l’allevamento. Come se non bastasse, la combustione del gas naturale derivato dall’estrazione del petrolio, in gergo gas flaring, provoca piogge acide che aumentano ulteriormente la sterilità del terreno e minano la salute della popolazione, in una regione nella quale vivono più di 31 milioni di persone e l’aspettativa di vita maschile è di appena 45 anni.

Per scoprire i colpevoli di questo disastro basta leggere il sito della U. S. Energy Information Administration, che punta il dito contro Shell, ExxonMobil, Chevron, Total e Eni, da sempre i protagonisti delle danze attorno al petrolio e al gas nigeriani: oleodotti progettati in maniera deleteria per il territorio, manutenzione pessima e scarsa, mancato rispetto degli standard internazionali nell’estrazione, esplorazioni invasive e prive di attenzione per la popolazione circostante. Solo la nostra Eni ha migliorato il suo operato, in particolare con la riduzione del 73% del gas flaring.

Nel frattempo però il malcontento della popolazione ha portato nel 2002 alla nascita dell’organizzazione islamico fondamentalista dedita al terrorismo nota come Boko Haram, i cui macelli fanno impallidire le imprese degli jihadisti: dal 2009 Boko Haram ha ucciso infatti più di 500 persone l’anno. E in tempi più recenti è arrivato anche il cosiddetto Stato Islamico, meglio noto come IS, o anche Isis o con il termine Dahesh, acronimo di “al-Dawla al-Islamiya fi al-Iraq wa al-Sham”, acronimo che grazie a un gioco di parole in arabo può diventare spregiativo. Tanto spregiativo che L’Isis ha minacciato di

“tagliare la lingua a coloro che usassero pubblicamente l’acronimo Daesh, anziché fare riferimento al gruppo con il suo nome completo”.

Molto abilmente Zarif fresco di arrivo ad Abuja al suo collega nigeriano Geoffrey Onyeama ha garantito aiuti per una lotta comune al terrorismo dell’Isis e di Boko Haram, dopodiché si è passati alla firma di un protocollo d’intesa mirato alla facilitazione del dialogo politico tra i due Paesi. Onyeama ha dichiarato che l’accordo Nigeria-Iran può contribuire a “stabilizzare il mercato petrolifero internazionale”, diminuendo quindi la forte influenza saudita che guida il forte calo del prezzo dell’oro nero per colpire i Paesi che Riyad ritiene politicamente utile danneggiare. Qualche ora dopo il presidente della Nigeria, Mahammadu Buhari ha voluto sottolineare l’importanza dell’agenda relativa agli accordi economici e tracciare un parallelo tra le rispettive economie affermando che

“l’economia iraniana, cresciuta in un periodo di grandi difficoltà, resta un’ispirazione per la Nigeria anche in materia di sviluppo della tecnologia per l’esportazione di gas, dell’industria alimentare e della promozione dell’imprenditorialità nel settore dell’educazione”. Poi Buhari ha aggiunto: “I progressi compiuti dall’Iran nel giro di soli 30 anni sono davvero encomiabili. In questo periodo, il paese è stato in grado di produrre ed esportare gas, di compiere passi da gigante nei settori della sicurezza, dell’artigianato, dell’agricoltura e della tecnologia. L’Iran ha anche ottenuto importanti risultati nel campo della ricerca nucleare”.

Buhari ha affermato che anche il suo Paese ha le potenzialità per diventare “una grande economia” e ha così concluso:

“In Nigeria, al momento, stiamo imparando. Stiamo imparando come cavarcela in un periodo di grande difficoltà, come esplorare nuovi settori dell’economia come lo sfruttamento del gas e dei minerali solidi. Siamo grati per il sostegno e la cooperazione dell’Iran nel nostro tentativo di diversificare l’economia”.

Musica per le orecchie di Zarif, che dopo avere definito “ottimo” il livello dei rapporti bilaterali, dimostrato anche da un notevole continuo scambio accademico e dall’aumento di universitari nigeriani nell’Università di Teheran, a ricambiato dichiarando: “Siamo determinati a rafforzare e migliorare le relazioni con la Nigeria, che consideriamo non solo un grande paese africano, ma anche un importante attore globale”.

Il successo della visita in Nigeria ha reso discretamente fruttuose anche le visite in Ghana, Guinea-Conakry e Mali. In totale, un ottimo viatico per l’impegnativo tour agostano di Zarif nuovamente in Tunisia e Algeria. Mentre la Turchia, antagonista dell’Iran per il predominio in Medio Oriente, punta a nordest con un dialogo a sorpresa con la Russia, Teheran punta invece a sudovest almeno in apparenza facilitata dalla comune appartenenza al mondo islamico.