La polemica grottesca sulle tre “cicciottelle”

di Pino Nicotri
Pubblicato il 13 Agosto 2016 - 15:32| Aggiornato il 22 Agosto 2016 OLTRE 6 MESI FA
La polemica grottesca sulle tre "cicciottelle"

L’articolo di Qs costato il posto al suo direttore

ROMA – Passata la tempesta, di chiacchiere, vale la pena fare qualche riflessione in più.  La cosa che più sorprende nella grottesca vicenda del licenziamento di Giuseppe Tassi da direttore responsabile del quotidiano sportivo Qs, a causa del titolo casereccio “Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”, è che nessuno abbia consultato il vocabolario.

Basta cercare su Google e si trova facilmente il link, con il quale il Corriere della Sera offre la possibilità di sapere cosa significa una parola secondo il vocabolario della lingua italiana Sabatini Coletti. Cercando il significato della parola cicciotto si scopre che è un aggettivo familiare – ripeto: FAMILIARE, quindi affettuoso – e che lo si usa anche per i bambini come sinonimo di paffuto, che anche i più sprovveduti danno bene essere un sinonimo affettuoso e non certo malevolo.

Si scopre inoltre che il suo sinonimo popolare è la parola cicciolo e che il suo diminutivo è la parola cicciotello. Che al femminile diventa cicciottella, e quindi al plurale cicciottelle. Certo, sarebbe stato più elegante e aulico dire “il trio delle opimelle” anziché cicciottelle e la tempesta di chiacchiere perse non sarebbe scoppiata nonostante che la parola opimo significhi “grasso, pingue” e il diminutivo “opimello” non esista. Ma Tassi avrebbe potuto crearlo in omaggio alle tre “cicciottelle” che a Rio hanno fatto cilecca e scrivere un altro titolo: “Il trio delle opimelle sfiora il miracolo olimpico”.

Tassi avrebbe fatto ridere i polli, ma si sarebbe risparmiato il licenziamento. Fermo restando che se le nostre tre arciere avessero vinto una medaglia nessuno si sarebbe lamentato per il titolo di Tassi, anzi lo avrebbero trovato tutti simpatico, comprese le tre interessate. Ma anche senza ricorrere al vocabolario tutti sappiamo benissimo che si usa dare del cicciottello e della cicciottella come vezzeggiativo, che TUTTI usiamo o abbiamo usato, come termine affettuoso per indicare quel po’ di peso in più che in bambini, uomini e donne, rafforza la bellezza, la rende meno severa, meno inaccessibile, più familiare, più vicina a noi, più godibile, e che delizia pittori e scultori non solo come Botero, che nessuno ha mai preso a sassate per le sue grassone in bronzo o su tela, anche pittori come  Manet, Van Gogh, Picasso e molti altri ancora.

Forse che Le Tre Grazie del Raffaello e del Canova non sono cicciottelle?  E non lo sono forse per indicare la gioia di vivere? Forse osservando il viso della Gioconda o lo splendido e invitante  corpo della Maya Desnuda c’è qualcuno che, diversamente vedente, le vede magre anziché un po’ in carne come in effetti sono?

A dire il vero, sorprende e spiace – umanamente parlando – soprattutto  il silenzio totale delle  tre cicciotelle Claudia Mandia, Guendalina Sartori e Lucilla Boari. Cioè a dire, il silenzio assoluto delle arciere italiane che a Rio De Janeiro non hanno saputo conquistare un posto sul podio dei vincitori. Possibile che se la siano legata al dito per un epiteto che anziché essere offensivo o sessista – come lo hanno invece incredibilmente interpretato una marea di drogati del “politicamente corretto” – è chiaramente un vezzeggiativo? E che dovrebbe allora dire e fare Giuliano Ferrara, che per la sua stazza si prende da anni epiteti spregiativi legati alla sua stazza a partire dal soprannome Giulianone? Per non dire del Cicciobello del Potere, titolo e contenuto di un libro che si occupa di Francesco Rutelli, più belloccio che politico di razza nonostante sia stato ministro della Cultura e sindaco di Roma. 

E per non dire, infine, di Silvio Berlusconi, del quale si è dileggiato su tutto, dalla calvizie alla ciccia in sovrappeso, dal trapianto di capelli fino alla “pompetta” per attrezzarsi meglio all’uso birichino del “coso”. E a proposito di “coso”, grazie a una foto di copertina de L’Espresso di Gianni Agnelli, si può andare in sollucchero per le supposte dimensioni cicciottelle del “coso” dell’Avvocato, che peraltro non era neppure un avvocato, ma non si può usare il vezzeggiativo “cicciottelle” con delle arciere?

Esiste dunque il reato di lesa maestà olimpionica e il divieto di usare termini familiari e vezzeggiativi a protezione di chiunque gareggi alle Olimpiadi, anche se si tratta di chi ha  olimpionicamente fallito? Il silenzio delle tre arciere dispiace. Dispiace perché dimostra che non sono all’altezza non solo del podio olimpico, ma neppure in quello dell’ironia e della umana simpatia. 

Esattamente come il presidente della Federazione Italiana di Tiro con l’Arco, Mario Scarzella, che  ha emesso un comunicato di protesta nel quale parla di “cattivo gusto” del titolo “a dir poco irriguardoso”. Scrive Scarzella: Dopo le lacrime che queste ragazze hanno versato per tutta la notte, questa mattina, invece di trovare il sostegno della stampa italiana per un’impresa sfiorata, hanno dovuto subire anche questa umiliazione. Gli arcieri italiani sono in rivolta e noi ci sentiamo di giustificare la loro rabbia. A nostro avviso sarebbe giusto ripensare a quel titolo e, forse, rivolgere delle scuse alle nostre ragazze”.

Ma le scuse di Tassi anche se prontamente arrivate non sono bastate: l’editore ha voluto aggiungere le sue e la testa di Tassi. Premesso che non è scritto da nessuna parte che alle Olimpiadi una nazione debba tifare per forza per le proprie squadre e per i propri atleti, non si capisce la pretesa di Scarzella di “trovare il sostegno della stampa italiana per un’impresa sfiorata”.

Il fatto che “Gli arcieri italiani sono in rivolta” non fa onore agli stessi arcieri ed è poco serio che il loro presidente Scarzella giustifichi la loro rabbia. Pensi piuttosto, semmai, all’eventuale rabbia, questa sì forse giustificata, degli italiani – tiratori con l’arco o no – per il fallimento a Rio del poco simpatico terzetto, poco simpatico perché evidentemente si prende troppo sul serio e pare anche un pizzico astioso.

Per quanto riguarda le accuse di sessismo rivolte contro quel titolo di Qs , sono talmente ridicole che non vale proprio la pena di prenderle in considerazione. “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, suggeriva Dante. E’ obbligatorio però sottolineare che è allucinante  che a dare la sballatissima interpretazione sessista di quell’innocente vezzeggiativo sia stata una marea di gente. Allucinante e (brutto) segno dei tempi.  

Spero proprio che il silenzio della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e dell’Ordine dei Giornalisti sul “licenziamento” di Tassi sia dovuto al periodo feriale e che una reazione ci sarà, appena possibile, contro la fulminea decisione licenziatoria o sospensoria dell’editore Andrea Riffeser Monti. 

Se non altro per far notare che il Corriere della Sera offre a tutti, e gratis, la possibilità di informarsi del senso delle parole della nostra lingua. E che bastava consultarlo per evitarci questa farsa ridicola. Grazie alla quale ci siamo assicurati  però le medaglie d’oro olimpioniche in ben tre specialità: Ignoranza della Lingua Italiana, Aria Fritta e Tutti Assieme Appassionatamente Con Livore.