Marco Fassoni Accetti dal rapimento Orlandi al carcere per evasione dai domiciliari: ecco perché

di Pino Nicotri
Pubblicato il 7 Novembre 2017 - 06:10| Aggiornato il 31 Marzo 2020 OLTRE 6 MESI FA
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Marco Fassoni Accetti dal rapimento Orlandi al carcere per evasione dai domiciliari: ecco perché

Marco Fassoni Accetti, il fotografo romano clamorosamente autoaccusatosi del rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, 30 e più anni fa, ma non creduto dai magistrati per i quali è solo un mitomane, è stato arrestato la sera di sabato 28 ottobre e scarcerato domenica 5 novembre per essere “evaso dagli arresti domiciliari”. La polizia ha dato notizia dell’arresto tre giorni dopo, martedì 30, usando la cautela delle sole iniziali del cognome e del nome. La notizia è trapelata con vari giorni di ritardo. Della scarcerazione nessuno sapeva ancora nulla.

Appena s’è sparsa la notizia dell’arresto, nel popolo degli appassionati del mistero Orlandi e dei fan senza se e senza ma di tutte le (fallimentari, ma utili a farsi pubblicità) iniziative di Pietro Orlandi  si sono scatenate le ipotesi più drammatiche. Ipotesi presto elevate, come sempre, subito al rango di certezze assolute. Nelle pagine Facebook create da Pietro, o a lui comunque vicine e con lui solidali, le ipotesi-certezze e gli annessi deliri si possono sintetizzare nei seguenti filoni, peraltro tra loro contraddittori:

– Lo hanno arrestato perché hanno finalmente accertato  che Emanuela l’ha rapita davvero lui;
– Ora dovrà cantare e dire tutta la verità!.
– Lo hanno arrestato per intimidirlo ed evitare che parli ancora e dica tutta la verità;
– Adesso in carcere lo uccideranno. Un bel caffè alla stricnina come già fatto con il banchiere Sindona. Per proteggere i crimini del Vaticano, questo e altro: sono pronti a tutto.

Finché, dopo qualche ora al commissariato di Vescovio e una settimana “al gabbio”, Accetti, ancora sano e salvo nonostante gli strepiti allarmisti, se n’è tornato tranquillamente a casa per scontare il resto della condanna agli arresti domiciliari, che scadranno il 18 dicembre.

Perché è finito di nuovo in carcere Accetti? Di nuovo, perché già a suo tempo venne condannato per omicidio colposo per avere investito e ucciso con un furgone nella pineta di Castelporziano il minorenne Josè Garramon. Il mistero Orlandi non c’entra assolutamente nulla. Non c’entrano un fico secco neppure gli altri presunti ma  gridatissimi “crimini del Vaticano” e neppure gli altri delitti dei quali lo stesso Accetti si è dichiarato responsabile né quelli attribuitigli man mano in un crescendo rossiniano dai patiti orlandiani.

Accetti è finito in carcere, prima ai domiciliari e poi il 28 ottobre a Regina Coeli per esserne “evaso”, a causa di una molto più banale faccenda di – diciamo così – debiti a scadenza mensile: debiti a suo tempo riconosciuti e quantizzati dal magistrato, ma che il condannato a un certo punto si è rifiutato di onorare perché  ha ritenuto eccessiva la rata mensile, guadagnandosi così lo scorso 18 settembre la condanna a tre mesi di arresti domiciliari. Ovvio che si tratti di una questione dei cosiddetti alimenti a un ex congiunto, ma essendo queste faccende che attengono alla privacy è meglio evitare di metterci il naso.

Ma l’evasione in cosa è consistita? La notizia, non esattissima, pubblicata il 30 novembre dalla polizia è la seguente: “Malgrado ai domiciliari dove si trovava per scontare una pena, A.M., 61 anni, sabato scorso, ha deciso di trascorrere la serata in un locale notturno, vicino casa.

L’uomo però, non ha fatto i conti con i controlli che, gli agenti della Polizia di Stato, effettuano, costantemente, nei confronti dei soggetti sottoposti a tali misure cautelari, e dunque, quando i poliziotti del commissariato Vescovio, non lo hanno trovato a casa, sono andati a cercarlo, immediatamente, nei locali e nei luoghi da lui frequentati prima del suo ultimo arresto.

E così, poco dopo, è stato rintracciato all’interno di un locale della zona, intento a trascorrere una serata a base di alcool e musica dal vivo: nel tentativo di sfuggire si era nascosto dietro al pianoforte .
Bloccato ed accompagnato negli uffici del commissariato Vescovio, è stato arrestato per evasione”.

In realtà Accetti la sera dell’arresto era semplicemente sceso – con una scala interna – dal suo appartamentino in via Tripoli al vasto locale,  suo anche quello, sito sotto il piano stradale e utilizzato come club, bar, piccola discoteca e ristorante. Il d. j. aveva delle difficoltà con la consolle e Accetti è sceso per vedere di cosa si trattasse e come risolverle. I due poliziotti che avevano suonato il campanello di casa per il controllo di routine non avendo ottenuto risposta sono entrati nel locale per chiedere notizie del proprietario. E nel locale hanno notato subito che il “ricercato” si era defilato dietro una porta, vicina al pianoforte della zona musica.

Insomma, niente bagordi e godurie seral-notturne, ma solo un contrattempo di lavoro. Costato una settimana a rivedere le patrie galere.

Da notare che Accetti può legittimamente usufruire, in quanto detenuto ai domiciliari, dell’”evasione” di due ore al mattino per fare la spesa e sbrigare altre piccole incombenze. Il suo essere sceso momentaneamente alla consolle del suo locale sotterraneo poteva essere tranquillamente risolto invitandolo a tornarsene subito al piano di sopra, cioè a casa e domicilio. Essendo davvero piccolo, l’appartamentino di Accetti rende anche comprensibile l’eventuale scendere le scale interne per andare a sgranchirsi le gambe in quello che pur non essendo il suo domicilio anagrafico è pur sempre proprietà immobiliare sua. Per giunta, situata nella stessa palazzina e collegata al domicilio da una scala interna neppure lunga.

Invece di intimargli “Se ne torni subito su a casa e non si muova!” i due poliziotti hanno preferito il coupe de theatre dell’arresto. Scatenando così una tempesta in un bicchier d’acqua. E a scoppio ritardato.

La legge è legge, e si può essere arrestati per evasione anche se stando agli arresti domiciliari si passeggia nel cortile condominiale. C’è chi è stato arrestato per evasione perché stufo dei domiciliari con convivenza con la consorte era andato dalla polizia per chiedere di tornarsene in carcere.