Il mistero di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela: 15 domande senza risposta

di Pino Nicotri
Pubblicato il 21 Maggio 2012 - 07:28 OLTRE 6 MESI FA

Le contraddizioni nel comportamento e nelle dichiarazioni di Pietro Orlandi sulla scomparsa di sua sorella Emanuela, avvenuta a 16 anni di età il 23 giugno del 1983 a Roma, cominciano a provocare disagio anche tra i suoi fan. Trascurarle o limitarsi ad attribuirle al lutto non elaborato nonostante siano passati ben 29 anni è ormai un po’ troppo semplicistico e riduttivo. Così come non ha senso continuare a rilanciare qualunque sua affermazione – a volte l’una l’opposto dell’altra – senza mai vagliarla criticamente.

Mettendo in fila tutti i dubbi e le contraddizioni di Pietro Orlandi, si ottiene una lista di undici punti interrogativi: cose che Orlandi non ha mai detto, cose che non ha mai spiegato, cose che ha detto e fatto contraddicendosi a 360 gradi.

Per capire meglio quel che sta succedendo proprio in questi giorni, può essere utile,  e serio, rivedere quegli 11 interrogativi, che corrispondono ad altrettanti punti oscuri, per nulla privi di importanza.

Sono sicuro che molti lettori, arrivati in fondo, si convinceranno che accanto e attorno al mistero della sorte di Emanuela Orlandi c’è un altro mistero che continua, quello del fratello Pietro.

1) – Pietro Orlandi attribuisce improvvisamente molta importanza alla lettera anonima pubblicata domenica 20 maggio da alcuni giornali, come per esempio La Stampa. La missiva figura da un anno nel libro di Pietro Orlandi “Mia sorella”, edito nel maggio dell’anno scorso, ed è stata ricevuta da sua madre, Maria Pezzano, nel febbraio 2008 e da lei consegnata ai magistrati. La lettera dice che Emanuela è morta, la sera stessa della scomparsa la sera del 22 giugno ’83, mentre era in compagnia di don Piero Vergari nella solita basilica di S. Apollinare e che è stata sepolta la sera stessa nel cimitero di Prima Porta. Ma perché allora da mesi e anzi da anni lo stesso Pietro parla ovunque, in tv e sui giornali, di pista internazionale e lo ha fatto anche in tempi recenti?

2) – Perché insiste a dire “mia sorella è stata rapita in quanto cittadina vaticana”, visto anche che la cittadinanza con quanto scritto nella lettera anonima non c’entra nulla?

3) – Perché, nonostante una tale missiva, il legale rappresentante proprio di Maria Pezzano, avvocato Ferdinando Imposimato, insiste a dichiarare, e lo ha fatto anche molto di recente, che Emanuela invece è viva è sta in Turchia o in altro Paese orientale? A chi bisogna credere?

4) – Il 10 maggio dell’anno scorso Pietro Orlandi ha fatto a una serie di giornali, da Vanity Fair a Italia Sera e al Secolo XIX, una dichiarazione ben precisa: “Io so chi ha rapito mia sorella”. E allora, se lo sa, perché non ne fa mai il nome?

5) – Pietro Orlandi dà tanta importanza alla lettera anonima pubblicata il 20 maggio 2012 dai giornali e da lui pubblicata nel maggio dell’anno scorso, secondo la quale Emanuela sarebbe sepolta nel cimitero di Prima Porta. Ma allora perché mai ha insistito come un matto per ispezionare la tomba di De Pedis, che si trova in S. Apollinare e non a Prima Porta?

6) – A pagina 206 e 207 del mio libro del 2002, “Mistero vaticano. La scomparsa di Emanuela Orlandi” , riporto una lettera anonima spedita nell’ottobre 1993 dal Vaticano da un mittente che la intitolava “TESTIMONIANZA RACCOLTA IN CONFESSIONE”. Nella lettera si legge che Emanuela la sera in cui scomparve andò a Civitavecchia in auto con un prelato amante della bella vita e che il mattino dopo, rientrata a Roma, decise di non tornare più a casa. L’allora appena nominato avvocato della signora Pezzano, Ferdinando Imposimato, cercò di farmi togliere quella lettera dalle bozze anche minacciandomi di querela. Poiché io invece la pubblicai assieme al resto venni duramente rimproverato dalla Pezzano perché “con quella lettera ha offeso la memoria di mia figlia”. Come è possibile allora che abbia consegnato lei stessa ai magistrati, nel 2008, la lettera anonima oggi alla ribalta? E come mai Pietro anziché nasconderla l’ha pubblicata? Si tratta infatti di una lettera che Emanuela la offende davvero. A fronte di questa contraddizione, qualcuno potrebbe dedurne che nella lettera da me pubblicata ci possa essere qualche particolare che non si voleva far trapelare. Da notare che io l’ho pubblicata come un esempio delle molte maldicenze che gli Orlandi hanno dovuto sopportare.

7) – Pietro Orlandi dice che lui sua sorella la cerca ovunque convinto che sia viva. Ma allora perché l’ha cercata in una tomba per giunta vecchia di 22 anni quale è quella di De Pedis? E se è convinto o anche solo spera che sia viva, perché ha pubblicato e oggi ritiene importantissima una lettera che la dà per morta fin dalla sera del 22 giugno 1983?

8) – Pietro Orlandi continua a spiegare che lui le tracce della sorella le cerca ovunque. Ma allora perché non le va a cercare anche in Salita Monte del Gallo visto che sa benissimo cosa ho scritto nel mio libro del 2008 intitolato “Emanuela Orlandi, la verità”? Nel libro ho scritto che una mia fonte vaticana mi ha spiegato di avere saputo da due agenti del Sisde che Emanuela è morta la sera stessa della scomparsa. Morta per la precisione in una casa di Salita Monte del Gallo, strada vicina al Vaticano sul lato che va verso il Gianicolo. Perché Pietro Orlandi non la cerca anche lì? Perché fa finta di non conoscere questa notizia su Salita Monte del Gallo, lui che è sempre pronto a rilanciare le notizie più improbabili?

Crede a  Alì Agca, a Sabrina Minardi, alle telefonate anonime a “Chi l’ha visto?”, a chi per strada gli dice “la persona che fece salire in macchina Emanuela la conosci bene” e alle lettere anonime a sfondo clerico sessuale, crede cioè a un insieme di “rivelazioni” peraltro assolutamente inconciliabili tra loro, però preferisce far finta che non esista quanto scritto da un giornalista di lungo corso come il sottoscritto, con 35 anni a L’Espresso e una dozzina di libri nella sua carriera, certamente credibile almeno quanto quei personaggi e quegli anonimi. Pietro Orlandi è libero ovviamente di credere a quel che gli pare, ma l’ostracismo posto nei miei confronti, del tipo “O io o lui”,  in varie sedi televisive e giornalistiche non pare certo un contributo all’accertamento dei fatti e della verità sulla fine di sua sorella. Semmai, appare un tentativo di evitare che certe notizie arrivino all’opinione pubblica.

In particolare, che l’anonimo della telefonata a “Chi l’ha visto?” mentisse è ormai provato in modo assoluto dai controlli nella tomba di De Pedis. Il telefonista infatti ha detto: “Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare”. La magistratura è andata “a vedere chi è sepolto nella cripta”, De Pedis ovviamente, ma la soluzione del caso non c’è.

9) – Nell’ottobre dell’anno scorso ho consegnato ai magistrati inquirenti le registrazioni delle mie conversazioni telefoniche del 2004 con l’avvocato Gennaro Egidio, fin dal 1983 legale rappresentante sia degli Orlandi che dei Gregori, famiglia della quale faceva parte la giovanissima Mirella, scomparsa tre settimane prima di Emanuela. Di tali registrazioni ho anche pubblicato le trascrizioni. Dalle telefonate si apprende che è lo stesso avvocato degli Orlandi a negare che Emanuela sia stata rapita: “Si stratta di una scomparsa, ma non di un rapimento”, e spiega brevemente il perché della sua affermazione.

Come mai Pietro Orlandi, che dà retta a qualunque “rivelazione” e segnalazione anonima, continua a far finta di non sapere cosa ha detto e spiegato il suo stesso avvocato di famiglia dopo ben 21 anni che si occupava del caso?

10) – Pietro Orlandi si guarda bene anche solo dal nominare Salita Monte del Gallo e preferisce ignorare quanto ammesso dallo stesso avvocato di famiglia, però corre a cercare Emanuela a Londra sulla base di una telefonata in diretta tv platealmente falsa ricevuta lo scorso 17 giugno (2011) mentre con il giornalista Fabrizio Peronaci presentava il loro libro “Mia sorella”.

Quella sera il falso “ex agente segreto del Sismi, nome in codice Lupo”, alias Luigi Gastrini, ha telefonato a Tele Roma Uno per annunciare in diretta a Pietro Orlandi che “Emanuela è viva e sta a Londra”. Con la stessa telefonata in diretta il sedicente 007 ha anche avvertito Pietro Orlandi che scavando avrebbe avuto la sgradita sorpresa di scoprire che suo padre aveva maneggi illeciti di danaro “con l’Istituto Antonveneto”. Peccato che la banca Antonveneta sia nata ben 19 anni dopo il 1983 al quale faceva riferimento “l’ex 007”.

Per scoprirlo, e scoprire quindi che il “Lupo” mentiva, bastava un banale controllo su Google. Per farlo, a me e ad altri colleghi sono bastati meno di 30 secondi. Eppure non se ne sono accorti e non hanno fatto controlli né un impiegato esperto di banca come Pietro Orlandi, impegnato nella banca vaticana IOR per oltre un quarto di secolo, né un giornalista del Corriere della Sera come Peronaci. Il primo infatti è partito con tanto di battage pubblicitario e troupe televisiva per Londra. Il secondo ha avvalorato sulla pagina 3 del Corriere della Sera di domenica 19 giugno 2011quanto aveva detto Gastrini.

Resta un piccolo mistero: come mai Gastrini, che vive in provincia di Bergamo, quel 17 giugno sia stato al corrente di quel che avevano in programma una tv romana e abbia sentito l’esigenza di telefonare in diretta. Sta di fatto che dopo qualche mese Gastrini è stato incriminato per millantato credito. Non prima però che un avvocato milanese tentasse a suo nome con me  e anche  con altri colleghi, di farci sborsare oltre un milione di euro “per andare a Londra a ritirare Emanuela Orlandi e portarla in Italia”. Tentativo di truffa del quale il 5 agosto ho inutilmente avvertito lo stesso Peronaci inviandogli un mio articolo.

11) – Con un ritardo di 29 anni e una volta crollata la pista “tomba De Pedis”, Pietro Orlandi si è improvvisamente ricordato che suor Dolores, la direttrice del conservatorio frequentato da Emanuela nel palazzo di S. Apollinare, diffidava a tal punto dei costumi sessuali di don Vergari da ordinare alle studentesse di non frequentarne la chiesa. Si tratta di una affermazione che non trova nessun riscontro in quanto da me accertato nel 2001 e 2002 man mano che mi documentavo per il mio primo libro sulla scomparsa di Emanuela e neppure in seguito quando ho condotto altre ricerche per il secondo, edito nel 2008. Nel 1983 inoltre il conservatorio occupava solo un piano o una parte di un piano del palazzo di S. Apollinare, la basilica era ancora quasi sempre chiusa perché don Vergari stentava a rilanciarla e comunque non aveva ancora nulla a che vedere con il conservatorio. Stando così le cose, non c’era nessun motivo per cui chi frequentava questo frequentasse anche quella.

12- Suor Dolores a suo tempo è stata intervistata e interrogata in lungo e in largo. Eppure mai ha espresso a nessun dubbi di sorta su don Piero Vergari;

13 – Non li ha espressi neppure agli stessi Orlandi quando la sera stessa della scomparsa le hanno telefonato per avere notizie.

14 – Non li ha espressi agli stessi Orlandi quando si sono recati in gruppo, stando alle loro stesse dichiarazioni, a ispezionare nottetempo il conservatorio.

15 – Come è possibile che nel corso del sopralluogo da loro stessi condotto gli Orlandi non si siano accorti che a pochi metri di distanza, nella canonica della basilica, fosse successo quello che ora Pietro Orlandi sostiene sia successo e ci fossero le manovre di un’auto – ovviamente di De Pedis – per portar via il cadavere di Emanuela?