Perché Israele esige le scuse della Svizzera per un bagno in piscina?

di Pino Nicotri
Pubblicato il 17 Agosto 2017 - 09:44 OLTRE 6 MESI FA
Perché Israele esige le scuse della Svizzera per un bagno in piscina?

Perché Israele esige le scuse della Svizzera per un bagno in piscina?

Che il cartello sia di cattivo gusto e che il direttore dell’albergo svizzero Paradies sia stato più che  un ingenuo uno sprovveduto e imprudente, oltre che privo di tatto se non maleducato, non ci piove, ma se i clienti fossero stati cinesi o africani o arabi non sarebbe successo niente: nessuna ambasciata si sarebbe coperta di ridicolo esigendo le scuse dell’albergo e nessun centro di documentazione avrebbe mostrato un volto che sorprende non tanto per severità quanto invece per vendicatività a sproposito.

Invece i clienti troppo disinvolti se non meleducati che si infilavano in piscina senza togliersi la canottiera – e quindi senza fare la doccia obbligatoria per tutte le persone che si immergono in una piscina pubblica, e che per questo motivo suscitavano le giuste proteste degli altri clienti – erano ebrei. Del ramo definito ortodosso e che ci tiene a distinguersi anche dagli altri ebrei con il modo di vestire.

Il direttore ha affisso un cartello intitolato “Ai nostri Ospiti Ebrei” per ricordar loro l’obbligo di farsi la doccia prima di immergersi nella piscina. Obbligo che vale in tutte le piscine pubbliche e d’albergo, comprese quelle in Israele. E ha specificato che se si fosse continuato a non rispettare le regole avrebbe dovuto chiudere la piscina. Se non altro per evitare l’imbarazzante situazione di bloccare i clienti maleducati per impedirne l’accesso in piscina (chissà quali altre reazioni ci sarebbero state in questo caso…).

Apriti cielo! Forse l’ondata di caldo o l’eccitazione per l’incredibile montatura sul “lancio dei missili nordcoreani sull’isola di Guam” ha dato alla testa davvero a molti, sta di fatto che allo sdegno di parte del popolo di Facebok per il cartello “antisemita” (!) si sono aggiunte l’ambasciata israeliana, che pretende le scuse dell’albergo (per ora, poi magari forse anche quelle della Svizzera) e il Centro Wiesenthal con le sue assurde accuse contro “l’albergo dell’odio” (!) e la ancor più assurda accusa che l’albergo venga chiuso!

Repubblica ha sparato la notizia con rilievo in prima pagina, taglio alto: la classica tempesta  in un bicchier d’acqua, sia pure formato piscina.

Il direttore ha sbagliato, mancando non solo di savoir faire, a non intitolare il suo avviso “Ai nostri Ospiti Tutti”, o a non evitare di citare comunque gli ospiti, citazione superflua, ma se i maleducati in fatto di accesso alle piscine pubbliche fossero stati cinesi o turchi o sudanesi e avesse scritto “Ai nostri Ospiti Cinesi , Turchi e Sudanesi”, non sarebbe successo nulla, le ambasciate di Cina, Turchia e Sudan non si darebbero prese il disturbo di inalberarsi e pretendere le scuse. Semmai, avrebbero preferito limitarsi più saggiamente a ricordare ai propri cittadini le regole in vigore per prendere il bagno nelle altrui piscine pubbliche o d’albergo.

A proposito di cittadini: ma quegli ospiti sono israeliani? O di un’altra nazionalità? In tal caso, che c’entra Israele? Israele ha due milioni di israeliani palestinesi e una non piccola presenza di israeliani cristiani oltre che di israeliani etiopi fatti immigrare a bella posta dall’Etiopia, i famosi falashà. Ma le sue ambasciate non sono mai intervenute in nessuna parte del mondo a difesa  di nessun palestinese, cristiano o etiope da sgarbi pubblici, prevenzioni e maldicenze. Che certo non sono mancate. E non mancano.