Sergio Rizzo su Repubblica contro i pensionati all’estero dimentica che i De Benedetti…

di Pino Nicotri
Pubblicato il 27 Luglio 2017 - 06:29 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Rizzo su Repubblica contro i pensionati all'estero dimentica che i De Benedetti...

Sergio Rizzo su Repubblica contro i pensionati all’estero dimentica che i De Benedetti… (nella foto Carlo e Rodolfo)

Si sono trasferiti all’estero mezzo milione di pensionati, ma a Sergio Rizzo, giornalista, danno fastidio i giornalisti che, in numero di 300, sono emigrati in Portogallo, Marocco, Tunisia e qualsiasi posto dove la vita costi meno che in Italia e le tasse massacrino la pensione meno che da noi. Non ci sono solo questi Paesi emergenti a trattare bene i pensionati. In Germania un pensionato paga un decimo delle tasse che paga un suo collega italiano, in Spagna, si paga il 9,5%, nel Regno Unito il 7,2%, in Francia il 5,2%. In Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Lituania le pensioni sono esenti da tasse.

Il colpo ai pensionati è venuto con un articolo pubblicato da Repubblica giovedì 20 luglio con il titolo “Sulle spiagge del buon ritiro giornalisti in prima fila”. Questo articolo è stato anche l’esordio fustigatore di Rizzo a Repubblica, spiaggia del buon ritiro dove è sbarcato col ruolo di vice direttore, dopo  avere lasciato di recente il Corriere della Sera.

Se a Repubblica pensano di frenare la vertiginosa caduta delle copie vendute con articoli come questo hanno sbagliato i conti. Se perdono la simpatia dei pensionati, che hanno più tempo per leggere tutte quelle inutili pagine e meno dimestichezza con le alternative on line, resteranno con un pugno di descamisados e poche decine di migliaia di copie.

Rizzo, che non rivela il suo stipendio né quando era al Corriere della Sera né ora che è vice direttore di Repubblica, ama  denunciare gli iperbolici stipendi altrui. Spesso azzecca il colpo, come quando di recente ha svelato che la Regione Lazio, a regime Pd, ha dato un milione per finanziare uno spettacolo di scarso successo, allestito da dei creditori di Berlusconi. A rovinare la festa non è stata purtroppo l’indignazione della opinione pubblica ma il pubblico che ha disertato le performance, tra l’altro in uno dei posti più belli del mondo, sul colle del Palatino a Roma. Ma si sa non è quasi mai il singolo articolo a cambiare il corso degli eventi, specie di questi tempi, ma l’accumulo di opinioni, notizie, sensazioni che depositano nel retromente del pubblico uno strato semi inconscio che modifica i comportamenti. In questo caso si può affermare che Rizzo, spesso in coppia con Gian Antonio Stella, altro fustigatore strapagato degli sghei altrui, abbia contribuito a scaldare quel brodo di cultura da cui è scaturito il trasversale partito dell’odio e il Movimento 5 stelle.

Per lanciare la sua denuncia contro i “ricchi colleghi” che prendono la residenza in Portogallo perché possono godervi dieci anni esentasse, Rizzo non ha fatto altro che riportare la non fresca farina del sacco di un collega in pensione, come lui stesso riconosce parlando della variegata tipologia di pensionati che lasciano il BelPaese per mete dal fisco meno ingordo e più socialmente utile:

“In questa tipologia c’è una concentrazione rilevante di una categoria particolare: i giornalisti. Ciò si può scoprire facilmente leggendo ciò che ha scritto a fine 2015 Romano Bartoloni, presidente del Gruppo romano giornalisti pensionati, a proposito della grande fuga. Dopo aver premesso che ben «500 mila pensionati Inps hanno riparato all’estero negli Eldorado dell’esentasse riconosciuti nel nostro Paese», fuggendo «dal carovita, dal fisco cinico ed esoso» nonché «dal blocco della perequazione», egli ci rivela che «tra gli espatriati figurano oltre 300 giornalisti»”.

Nello slancio della fustigazione e altrui messa alla berlina Rizzo specifica di suo quanto segue:

“Parliamo di quanti, pur godendo di una pensione non certo da fame, scelgono di lasciare l’Italia per incassare un assegno non falcidiato dalle nostre imposte e non dover pagare il contributo di solidarietà dovuto dai pensionati ricchi”.

Peccato però che l’ultima affermazione sia falsa: il contributo di solidarietà viene pagato, eccome! Anche dai vituperati “colleghi ricchi”, come ci ha tenuto a precisare al volo l’Istituto Previdenziale dei Giornalisti Italiani.

La chiusura dell’articolo non ha bisogno di commenti:

“C’è solo una piccola nota stonata. Già è antipatico che un pensionato ricco approfitti di un sistema (ripetiamo, perfettamente legale) per non pagare le tasse qui. Se però ha fatto un mestiere che impone di denunciare le storture della nostra società come pure i loro responsabili, e magari con un contratto di collaborazione continua oggi a pontificare da una sedia a sdraio in riva all’ Atlantico, allora il confine fra il lecito e l’ opportuno si supera di slancio.”.

Premesso che se una cosa è opportuna è anche lecita e viceversa, e quindi superare il confine che le separa è altrettanto lecito, che il giornalismo sia “un mestiere che impone di denunciare le storture della nostra società come pure i loro responsabili” è un’affermazione ardita, anzi temeraria. Che forse va bene per un piccola minoranza della categoria. Ma la gran massa dei giornalisti si occupa di tutt’altro, per esempio sport e gossip, moda e “femminile”, argomenti dei quali si occupa un esercito di testate, seguiti a ruota dai vari tipi di cronaca (nera, bianca, giudiziaria, ecc.) e da altri settori come la musica, le canzoni, l’arte culinaria e via elencando. Che obbligo ha questa grande maggioranza di colleghi “di denunciare le storture della nostra società come pure i loro responsabili”?

Semmai un tale obbligo dovrebbe averlo chi si occupa di economia, finanza, industria, commercio, esteri: ma sono tutti settori dove si bada più che altro a seguire la linea dettata dall’editore, che fa parte non di rado proprio di uno di questi settori, quelli dove più si annidano “le storture della nostra società”.

Sergio Rizzo non si è reso conto di alcune cose:

– la fuga dei pensionati, compresi quelli che lui si accanisce chissà perché a definire ricchi, è una clamorosa denuncia proprio delle storture di cui lui parla, storture rappresentate da un fisco sanguisuga che oltretutto spreca la gran parte del sangue che succhia. E’ ben noto da un bel pezzo che dei 12 stipendi mensili percepiti in un anno da un occupato italiano ormai sono quasi 6 quelli versati al fisco con le varie tasse e al contribuente ne restano da spendere per se stesso solo  poco più di 6. Ogni anno è come se i primi 170 giorni, cioè fino al 19 giugno, lavorassimo gratis per le casse del fisco e solo dopo finalmente per le nostra tasche.

– Col suo predicozzo ha legittimato il fatto che gli italiani vengano spremuti con la tasse tra le più alte d’Europa e tra le meno produttrici di ricchezza da investire nello sviluppo del Paese e dell’equità sociale, visto che enormi quantità di soldi vengono sperperate da una pubblica amministrazione spesso corrotta e il più delle volte incapace e da un ceto politico sempre più avido e corrotto e in larga parte inconcludente e incapace.

– Infine, col suo articoletto moralista e fustigatorio, Rizzo è diventato il difensore del fisco che alimenta proprio la casta che ha denunciato con un suo fortunato libro e le altre caste denunciate con altri libri da lui e da altri.

A voler essere cattivi si potrebbe chiedere se Rizzo si è mai occupato delle residenze estere di comodo delle società degli editori man mano padroni del Corriere della Sera, giornale dal quale lui proviene, e quando intende occuparsi delle eventuali residenze estere dell’editore di Repubblica, il buon ritiro dove è sbarcato di recente.