Liberalizzazioni: al mercato non si va in taxi

di Paolo Forcellini
Pubblicato il 15 Dicembre 2011 - 08:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tassisti. Il cinema ce li ha raccontati come eroi o quantomeno uomini di buon cuore, basti pensare al Robert De Niro di “Taxi Driver” o all’Alberto Sordi de “Il tassinaro” o al Marcello Mastroianni di “Peccato che sia una canaglia”. La realtà ce li mostra invece come una lobby potente, abbarbicata a privilegi sommamente dannosi per la collettività, capace di tenere in scacco una metropoli con i blocchi stradali, talvolta violenta e non di rado comprendente soggetti dalla fedina penale non proprio linda, come regola vorrebbe.

Probabilmente, come per tutti i gruppi sociali, tra i tassisti ci sono molte mele buone e anche qualcuna marcia, ma sicuramente l’azione lobbistica dei loro rappresentanti possiede un’efficacia senza pari: lo ha dimostrato ancora una volta facendo rinviare alle calende greche il punto della manovra economica che riguardava i conducenti di auto pubbliche. I tassinari, che già avevano iniziato a innalzare le barricate e a fare proclami di guerra, non verranno toccati dalla prossima tornata (tornatina) di liberalizzazioni. Le licenze non si toccano: restano quelle poche e insufficienti che ci sono già e che vengono adeguate con il contagocce, provocando un’endemica scarsità di mezzi a disposizione dei cittadini e contribuendo a tenere alti i prezzi delle corse.

A Roma, ad esempio, per un quindicennio non è stata concessa nessuna nuova autorizzazione. Poi l’ex sindaco Walter Veltroni ha ingaggiato un lunghissimo e duro braccio di ferro con la corporazione su quattro ruote al termine del quale sono state distribuite poche centinaia di nuove licenze, per lo più a parenti stretti dei tassisti e ad autisti che già da anni guidavano su vetture altrui.

A Milano i taxi sono circa 5.000 (a Roma sono oltre 6.000 ma gli abitanti sono assai più numerosi), un numero a prima vista alto con il quale i tassisti si fanno scudo sottolineando come vi sia una licenza ogni 260 abitanti o poco più, vale a dire un rapporto licenze/abitanti assai superiore che a Roma o addirittura a New York (qui ce ne sono circa 16 mila, su una popolazione molto più cospicua, cui si debbono però aggiungere numerosissime auto a noleggio con conducente; e inoltre titolari delle licenze sono perlopiù grosse società e i taxi driver sono salariati, quasi sempre immigrati a basso costo che su più turni fanno viaggiare le vetture 24 ore su 24).

Ne conseguirebbe, secondo i conducenti di rito meneghino, e non solo per questi, che il guadagno mensile di un tassista si aggirerebbe tra i 1.200 e i 1.500 euro: aumentare il numero di licenze spingerebbe la maggioranza della categoria al di sotto della soglia della povertà. Naturalmente si tratta di stime non condivise da molte altre fonti: sempre per i conducenti milanesi c’è chi parla di un reddito mensile fra i cinque e i seimila euro.

Forse quest’ultima è un’esagerazione (di ampiezza simile ma di segno opposto alla precedente). Però è certo strano che al fine di conquistarsi poco più di mille euro al mese, come assicurano i tassisti, in molti di loro siano disposti a sborsare per l’acquisto di un’autorizzazione tra i 150 e i 300 mila euro (a seconda della città: a Milano sarebbero tra i 150 e i 180 mila, a Roma circa 250 mila, mentre le licenze fiorentine sarebbero le più costose di tutte).