Pensioni. Referendum su legge Fornero: Corte costituzionale a porte chiuse

di Pierluigi Roesler Franz
Pubblicato il 13 Gennaio 2015 - 22:41 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni. Referendum su legge Fornero: Corte costituzionale a porte chiuse

Pensioni. Referendum su legge Fornero: Corte costituzionale a porte chiuse

ROMA – La Corte Costituzionale è irremovibile: niente giornalisti alla udienza che si terrà mercoledì 14 gennaio sulla ammissibilità del referendum contro la legge Fornero sulle pensioni. Perché? Perché si è sempre fatto così. Me lo ha comunicare lo stesso Presidente della Corte costituzionale, Alessandro Criscuolo, per il tramite del direttore della Cancelleria, Gabriella Paola Melatti:

“Le trasmetto il decreto del Presidente della Corte costituzionale emesso in data odierna, relativo alla sua istanza dell’8 gennaio 2015”.

L’istanza è quella da me presentata perché i giornalisti fossero ammessi nella fase di discussione orale che precede la successiva Camera di Consiglio vera e propria della Corte (che è invece ovviamente l’unica a restare a porte chiuse), almeno attraverso un ristretto pool di colleghi delle agenzie di stampa, accreditati presso l’Alta Corte, o, in alternativa, fosse installato un sistema televisivo a circuito chiuso simile a quello già da anni in uso presso le Commissioni parlamentari della Camera e del Senato.

La risposta di Alessandro Criscuolo è stata questa:

“Vista l’istanza formulata in data 8 gennaio dal dott. Pierluigi Roesler Franz, diretta ad ottenere, nei giudizi di ammissimibilità iscrittiai numeri 159, 160, 161, 162 del registro referendum, “la partecipazione in camera di consiglio dei giornalisti delle agenzie di stampa regolarmente accreditate a Palazzo della Consulta o, in alternativa, l’installazione di un sistema televisivo a circuito chiuso simile a quello già da anni in uso presso le Commissioni parlamentari della Camera e del Senato”, prima della fase decisionale di cui all’art. 33 della legge 25 marzo 1970, n. 352;

considerato che analoghe istanze sono già state respinte da questa Corte con precedenti ordinanze;

considerato che non si ravvisano ragioni per modificare tale orientamento, che si basa sul dispostodell’art. 33 della legge 25 maggio 1970, n. 352, in forza del quale il giudizio di ammissibilità del referendum deve svolgersi in camera di consiglio e, quindi, con esclusione di ogni forma di pubblicità;

ritenuto,pertanto, che l’istanza non può trovare accoglimento;

PER QUESTI MOTIVI, sentita la Corte, rigetta l’istanza“.

Ancora una volta, quindi, i giornalisti non potranno assistere all’illustrazione dei ricorsi sui referendum; nel caso specifico quello in discussione il 14 gennaio, la spinosa questione dell’ammissibilità o meno del referendum chiesto dalla Lega Nord per cancellare il famigerato e tanto discusso art. 24 della legge Fornero n. 214 del 21/12/2011 di conversione del decreto legge n. 201 del 6/12/2011.

Si tratta di una questione di grande rilievo sociale che interessa milioni di trattamenti pensionistici. In caso di ammissibilità da parte della Corte costituzionale e della eventuale successiva vittoria dei sì nelle urne si ripristinerebbe infatti la vecchia normativa anteriore al dicembre 2011 a meno che il Governo Renzi e il Parlamento varino poi una nuova riforma delle pensioni. La sentenza della Corte è quindi molto attesa.

Nell’istanza sostenevo che è necessaria la presenza dei giornalisti proprio per poter riferire correttamente e compiutamente ai cittadini e ai lettori, radioascoltatori, telespettatori o internauti l’andamento dell’udienza stessa in piena attuazione del dettato dell’art. 21 della Costituzione, riportando fedelmente la relazione del giudice Mario Rosario Morelli e le argomentazioni svolte, da un lato, dai rappresentanti del Comitato Promotore del referendum della Lega Nord guidato da Roberto Calderoli per l’ammissibilità della consultazione popolare e, dall’altro, le opposte tesi sostenute dall’avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri in rappresentanza del governo Renzi.

Ma la risposta della Consulta è stata negativa ed in linea con analoghe precedenti istanze bocciate nel 1991, nel 1995 e da ultimo nel 2008, in quanto

“l’art. 33 della legge 25 maggio 1970 n. 352 dispone che il giudizio di ammissibilità del referendum deve svolgersi in camera di consiglio e quindi con esclusione di ogni forma di pubblicità”.

La mia risposta non poteva che essere questa:

“Pur ringraziando doverosamente il Presidente Criscuolo per la squisita attenzione e sensibilità avuta nell’esaminare nel merito l’argomentata istanza, non posso che rammaricarmi per l’occasione persa: domattina sarebbe stata infatti la prima volta in 40 anni che dei giornalisti avrebbero potuto riferire le varie tesi contrapposte tra il Comitato promotore di un referendum (potere dello Stato a tutti gli effetti, riconosciuto con sentenza del 1978) e l’Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio.

Mi auguro che il Parlamento possa presto correggere questa anomalia della legge del 1970, consentendo finalmente anche ai giornalisti di partecipare a questa fase dell’udienza davanti all’Ata Corte. Altrimenti resterebbe ingiustamente un grave e inspiegabile vulnus a danno dei cittadini”.