Perequazione pensioni, per la Corte Costituzionale il blocco è ok

di Pierluigi Franz
Pubblicato il 15 Luglio 2016 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA
Perequazione pensioni, per la Corte Costituzionale il blocco è ok

Perequazione pensioni, per la Corte Costituzionale il blocco è ok

ROMA – Per la Corte Costituzionale é legittimo sia il taglio delle pensioni oltre 91 mila 250 euro lordi l’anno operante dal 1° gennaio 2014, sia il blocco della perequazione delle pensioni medio-alte in vigore da 5 anni e mezzo.

L’INPGI 1 non dovrà restituire a migliaia di giornalisti pensionati circa 25 milioni di euro. La boccata di ossigeno per le casse dell’Istituto (unico ente oggi sostitutivo dell’INPS in Italia) è conseguente alla sentenza n. 173 – di cui si acclude in calce l’intero testo e scaricabile dal sito  – con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto ieri pienamente legittimo non solo il taglio delle pensioni oltre 91 mila 250 euro lordi l’anno operante dal 1° gennaio 2014, ma anche il blocco della perequazione delle pensioni medio-alte in vigore da 5 anni e mezzo in misura progressivamente decrescente dal 100 al 40 per cento.

Alla luce della decisione della Corte Costituzionale ai pensionati interessati resta ora in pratica aperta solo la possibilità di ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Per evitare distorte interpretazioni la stessa Corte ha ritenuto opportuno diffondere tramite il suo ufficio stampa – come avvenuto in passato, ma solo in rare occasioni – un’ampia sintesi di 6 pagine intitolata “PER CAPIRE”, riportata anch’essa in calce e scaricabile (cliccando qui).

Per quanto attiene al taglio con aliquote crescenti del 6%, 12% e 18% delle pensioni di importo più elevato, cioè superiore da 14 a oltre 30 volte al trattamento annuo minimo INPS, che riguarda in particolare ex magistrati, avvocati dello Stato, professori universitari, dirigenti statali, ambasciatori, generali, ammiragli, dirigenti e manager pubblici e privati, notai e giornalisti, é stato spiegato che il contributo di solidarietà in vigore fino al 31 dicembre 2016 é in regola perché:

1) opera all’interno del complessivo sistema della previdenza;

2) é stato imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema;

3) incide solo sulle pensioni più alte (in rapporto alle pensioni minime);

4) si presenta come prelievo sostenibile;

5) rispetta il principio di proporzionalità;

6) é stato introdotto in via del tutto eccezionale dal Parlamento per essere «comunque utilizzato come misura una tantum, nel senso che non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema previdenziale».

Ciò significa che restano all’INPGI 1 le somme trattenute dal 1° gennaio 2014 e quelle ancora da trattenere fino al 31 dicembre 2016 ai giornalisti in pensione. Ma nel contempo significa anche che occorre solo una nuova legge sia per prorogare eventualmente tale taglio, sia per introdurre eventuali tagli aggiuntivi – come qualcuno aveva ipotizzato in modo stravagante appena un anno fa – in quanto l’ente previdenziale non può assolutamente decidere nulla sul punto sostituendosi indebitamente al Parlamento.

Insomma, per una proroga del taglio o per introdurre tagli aggiuntivi sulle pensioni dei giornalisti non basta una delibera del CdA dell’ente, ma occorre esclusivamente una legge. Per quanto riguarda il blocco della perequazione in vigore dal 1° gennaio 2011 la Corte l’ha convalidato, in quanto ha ravvisato non un “blocco integrale” della rivalutazione, bensì una misura di rimodulazione della percentuale di perequazione automatica, rispondente «a criteri di progressività, parametrati sui valori costituzionali della proporzionalità e della adeguatezza dei trattamenti di quiescenza» così come già evidenziato un anno fa nella sentenza n. 70 (vedere punto 6.3 della motivazione).

I giudici della Consulta, tuttavia, hanno lasciato sin d’ora chiaramente intendere che il nuovo blocco della perequazione delle pensioni conseguente alla sentenza della Consulta n. 70 del 2015 e alla successiva legge n. 109 del 2015 di conversione del decreto-legge Poletti-Renzi n. 65 del 2015 dovrebbe passare indenne al loro vaglio. In autunno, infatti, la Corte si dovrà riunire di nuovo per valutare le eccezioni sollevate dai tribunali di Palermo, Milano e Brescia e dalle Corti dei Conti dell’Emilia-Romagna, dell’Abruzzo e delle Marche per presunta violazione degli artt. 2, 3, 4, 35, 36, 38, 53, 81, 97, 117 e 136 della Costituzione e degli artt. 6, 21, 25, 33 e 34 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.

Ma alla luce dei principi affermati nella sentenza di ieri tutto lascia supporre che si tratterà di una pura formalità. Di conseguenza sarà quasi certamente convalidato anche il nuovo blocco della perequazione delle pensioni predisposto un anno fa dall’attuale governo. Infine non è stata riscontrata alcuna disparità di trattamento tra le pensioni dei giornalisti e i vitalizi erogati dagli organi costituzionali (vedere punti 4.1 e 12 della motivazione) sui quali la Corte Costituzionale si pronuncerà nei prossimi mesi su richiesta della Commissione giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati con due ordinanze a seguito della presentazione di ben 524 ricorsi. La legge di stabilità per il 2014 su iniziativa dell’allora vice ministro dell’Economia Fassina aveva infatti previsto che per un triennio anche i vitalizi erogati dagli organi costituzionali fossero tagliati. Tuttavia, nella norma (comma 487 della legge 147 del 2014) si celava una sorta di “salvacondotto”.

La scappatoia legale prevedeva, infatti, che il ricavato del taglio dei vitalizi non sarebbe dovuto affluire all’INPS, ma al Fondo dello Stato sulla 1^ casa, cioé ad un Fondo che ha natura chiaramente tributaria. Pertanto si sarebbe ricaduti con ogni probabilità negli stessi vizi di incostituzionalità riscontrati tre anni fa dall’Alta Corte nella sentenza n. 116 con cui fu, invece, dichiarato illegittimo il primo taglio su tutte le pensioni di importo superiore ai 90 mila euro lordi l’anno proprio perché le somme tagliate finivano nelle casse dello Stato, e non dell’INPS o dell’INPGI 1. Insomma, per i vitalizi tagliati nel triennio 2014-2016 potrebbe ora profilarsi la stessa favorevole situazione, ma senza alcuna conseguenza sul taglio di tutte le altre pensioni.