Rai di serie B, così Renzi continua l’opera (non riuscita) di Berlusconi

di Edoardo Greco
Pubblicato il 5 Agosto 2015 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA
Rai di serie B, così Renzi continua l'opera (non riuscita) di Berlusconi

Da sinistra in alto, Rita Borioni, Carlo Freccero, Paolo Messa, Giancarlo Mazzucca, Arturo Diaconale, Guelfo Guelfi, Franco Siddi. ANSA

ROMA – Il nuovo consiglio d’amministrazione Rai ha messo d’accordo quasi tutti nel salutare negativamente l’alba dell’era renziana nella gestione della tv pubblica: “Sono lottizzati”; “sono nomi di serie B”; “non è gente di televisione”. Una Rai di serie B, secondo i detrattori di Renzi. Una Rai in cui il consiglio d’amministrazione non conterà nulla e deciderà tutto il nuovo direttore generale (quasi sicuramente l’ex Mtv Antonio Campo dall’Orto), secondo i sostenitori di Renzi, da sempre convinti della maggiore efficacia degli uomini soli al comando.

Ma chi conosce bene il funzionamento di una macchina complessa come la Rai sa che è vero tutto questo (la serie B, l’uomo solo) come è vero che il consiglio d’amministrazione non conta nulla, il presidente non conta nulla e il direttore generale non ha il potere di cambiare un organismo enorme che nel bene o nel male ha resistito a tutte le “rivoluzioni”.

È vero quindi che i nomi di Rita Borioni, Guelfo Guelfi, Franco Siddi, Paolo Messa, Arturo Diaconale, Giancarlo Mazzuca, Carlo Freccero si distinguono solo fra troppo lottizzati, troppo “estranei” alla tv o troppo anziani. È vero che Renzi faccia molto affidamento sul direttore generale che verrà. Ma non sembra che il premier sia interessato a un rafforzamento della Rai né tantomeno proteso a fare della Rai qualcosa che assomigli alla Bbc. È vero che Berlusconi per ora non appare per nulla intenzionato ad intralciare i piani di Renzi, perché può pensare che il quarantenne premier porti avanti il discorso che “Sua Emittenza” sta portando avanti con alterni successi da trent’anni: indebolire la Rai. Dario di Vico sul Corriere scrive che

Le verità amare conviene dirle subito piuttosto che affidarsi a lunghe e ipocrite perifrasi: il nuovo consiglio di amministrazione della Rai è di serie B. Del ventilato progetto di copiare la Bbc è rimasta solo la prima lettera. […] La responsabilità di una scelta così sottotono è sicuramente del segretario del Pd che avrebbe potuto individuare ben altre opzioni pescando nel bacino di competenze tecniche e intellettuali che ancora gravitano attorno al suo partito e invece si è limitato ad accontentare le componenti a lui vicine. Per sé poi ha riservato una nomina iper-gigliata, quella di Guelfo Guelfi, che nel curriculum oltre la conduzione della vittoriosa campagna elettorale per il Comune di Firenze, vanta la presidenza del Teatro Puccini e, soprattutto, il ruolo di direttore creativo di Florence Multimedia (una società in house che cura la comunicazione della Provincia di Firenze). I maliziosi dicono che il premier abbia deliberatamente deciso di mandare il consiglio Rai in serie B perché gli basta un uomo solo al comando, il prossimo direttore generale Antonio Campo Dall’Orto i cui poteri saranno ulteriormente ampliati dalla riforma in gestazione alle Camere. Colpisce in parallelo che il centrodestra abbia rinunciato a rinominare Antonio Pilati, una figura di assoluta competenza e vero ispiratore della legge Gasparri. I bene informati assicurano che i berlusconiani si sono comportati così proprio per assecondare, in una logica da «piccolo Nazareno», il disegno ribassista del premier.

Ma, a scapito dei pessimisti e degli ottimisti, la Rai è ancora lì. È sopravvissuta all’era dei “professori”, alle confuse velleità del centrosinistra, alle incursioni dei berluscones che hanno usato la tv pubblica come pattume degli scarti di Mediaset e degli avanzi del variopinto mondo che popolava la corte di Arcore, all’epoca della spending review. Sopravviverà, con ogni probabilità, anche al renzismo.