Renzi giù, e ora? “A che punto è la notte”, Giuseppe Turani vede nero…

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 10 Dicembre 2016 - 05:35 OLTRE 6 MESI FA
Renzi giù, e ora? "A che punto è la notte", Giuseppe Turani vede nero...

Renzi giù, e ora? “A che punto è la notte”, Giuseppe Turani vede nero…

ROMA – Renzi giù, e ora? “A che punto è la notte”, Giuseppe Turani vede nero… “A che punto è la notte?”: Giuseppe Turani su Uomini & Business, ora che Renzi è caduto insieme all’unica maggioranza credibile di questo Paese, prova ad appellarsi a dati ragionevoli e incontrovertibili sul suo passaggio alla guida dell’Italia: al netto degli errori politici e strategici, il suo Governo ha ridotto gli effetti della crisi, iniziato un percorso di crescita, offerto una boccata d’ossigeno a imprese e famiglie. Come un eterno gioco dell’oca, ora tocca ripartire dal via.

Ma Renzi è stato così disastroso, ci ha portati davvero sull’orlo dell’abisso? Forse no. Ha impoverito gli italiani? Nemmeno per idea. Così si esprime Luca Ricolfi, docente di Analisi dei Dati all’Università di Torino e storico critico di Renzi, che afferma di non apprezzare affatto. (in un’intervista al quotidiano QN):

“Ha ulteriormente sfasciato i conti pubblici, e questo creerà problemi. Però gli apocalittici che dicono che sono aumentate povertà, disoccupazione, disuguaglianza dovrebbero studiare le statistiche: nei 1000 giorni di Renzi il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto del 4 per cento e il numero di chi non riesce a arrivare a fine mese si è dimezzato. La (discutibile) politica dei bonus e delle mance ha dato una boccata d’ossigeno a un’Italia stremata”.

In sostanza, Renzi ha speso soldi, ma ha consentito una boccata d’ossigeno a un paese stremato. E è del tutto evidente che questa stessa politica non può continuare all’infinito. Ma, dentro quei mille giorni, probabilmente è stata la cosa più giusta da fare. Anche perché non ve ne erano molte altre. Quell’esperienza, però, è finita domenica sera con la bocciatura del referendum sulla riforma costituzionale.

Adesso, il gioco riparte. E allora è bene cercare di essere chiari. Per il 2017 era prevista una crescita dell’1 per cento. Poco. Ma probabilmente è una crescita già sfumata. I terremoti politici di questi giorni non possono non avere effetti frenanti. D’altra parte, se si vuole crescere di più (e bisognerebbe davvero riuscirci) bisogna cambiare il paese. Il progetto di riforma costituzionale che è stato bocciato aveva appunto questo obiettivo. Se continuiamo a portarci dietro le mille corporazioni che soffocano l’Italia, nemmeno Gesù potrà darci una crescita più forte. Renzi avrà fatto degli sbagli, ma sarà bene ammettere che è il paese a essere sbagliato: sono vent’anni che non si cresce, e allora Renzi stava al liceo.

In realtà, domenica gli italiani hanno affossato una classe dirigente giovane che, per la prima volta, tentava di rinnovare un po’ le cose. Si sono lette in questi giorni tante analisi para-sociologiche: i giovani, gli emarginati, i ricchi, i poveri, i vecchi, ecc. Tutte bellissime cose, che però possiamo semplificare. La lotta sul referendum è stata semplicemente la guerra fra chi voleva cambiare e chi non vuole cambiare perché in questo sistema ingessato ha comunque i suoi vantaggi. Hanno vinto i conservatori perché sono riusciti a aggregare più consensi.

D’Alema non è Kennedy, è un conservatore che ha bruciato tutti (nessuno escluso) i governi di sinistra mai apparsi in Italia. Perché? Ma per mantenere il suo potere sulla sinistra, dove tutti devono sapere che senza di lui non si campa. E non sono Kennedy nemmeno gli altri vincitori. Grillo (che è il vero trionfatore) è un ex comico fuori di testa, dalle idee così confuse che ci si perde anche lui. I suoi colonnelli sono ancora peggio. In una parola: ha vinto la vecchia Italia, quella che ci ha portato fin qui e che ci ha consegnato un paese quasi ingestibile.

Se non si cambia, comunque, non si va avanti. E, qualunque cosa dicano gli avversari, l’unica classe dirigente disponibile a fare questo lavoro è quella che si era raccolta intorno a Renzi, con errori e omissioni, certo. Migliorabile, certo. Può ripartire quell’esperimento? Deve ripartire. Ma non sarà facile. Mattarella promette un nuovo governo entro il 15 del mese. In realtà pensa di ridare l’incarico allo stesso Renzi: d’altra parte in questo parlamento non esiste (non è mai esistita) alcuna maggioranza, se non quella un po’ acrobaticamente messa insieme dallo stesso Renzi.

Se non accetterà il reincarico, come è probabile, non resterà che varare in fretta e furia qualche tipo di legge elettorale e poi andare alle urne. Si rischia così di votare dentro uno schema di Italia vecchia e consunta. Ma non c’è niente altro da fare. E’ probabile, comunque, che nel nuovo parlamento il Pd di Renzi sia ancora la forza con cui bisogna fare i conti.

Questo, anche se a sinistra i puristi inorridiscono, sarebbe il momento di una sincera alleanza con la destra decente (Forza Italia) per fare quel minimo di riforme che servono davvero (la Germania è amministrata così). Ma Forza Italia non è più quella di una volta e è egemonizzata da un personale politico quasi peggio di quello della minoranza Pd. Invasati che sparano stupidaggini ogni cinque minuti senza nemmeno capire quello che dicono. In conclusione, non facciamoci illusioni. Se qui non c’è un colpo d’ala, il paese continuerà nella sua lenta deriva. E ogni anno sarà un po’ peggio del precedente. (Giuseppe Turani, Uomini & Business)