Calciomercato: Berlusconi mangia la mela Balotelli, Moratti invece

di Renzo Parodi
Pubblicato il 30 Gennaio 2013 - 10:27| Aggiornato il 13 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

 

ROMA – Ho capito che Balotelli sarebbe potuto arrivare al Milan quando Silvio Berlusconi lo definì “una mela marcia”, indegno quindi di vestire il rossonero. Ogni volta che il Cavaliere apre bocca, bisogna decrittarlo e considerare probabile che la vera verità sia ribaltata. E vi raccomando Mino Raiola, il Richelieu dei procuratori, che aveva liquidato l’eventualità di dirottare a Milano il suo pupillo con una sentenza destinata a fare storia. «Balotelli costa come la Gioconda». Galliani aveva tristemente aderito: «Affare impossibile al 99,99%». Appunto.

Il colpo del calcio mercato di gennaio è bidirezionale. Rafforza la squadra guidata (per quanto ancora?) da Allegri e inietta benzina nel motore elettorale del leader del Popolo della Libertà, Bingo! La politica della lesina inaugurata in estate da Galliani con le cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva e proseguita con l’addio di Pato, si ribalta fulmineamente di 180 gradi. Potenza della politica, quella vera. Berlusconi spenderà la faccia di Balotelli cucinandola in tutte le salse. “Sono sempre io, l’uomo dei sogni”, il messaggio per i tifosi milanisti. Non ha dimenticato, Berlusconi, il rovinoso esito della cessione di Kaka, risoltosi con migliaia di schede annullate nelle urne col nome del brasiliano da elettori-milanisti furibondi.

L’investimento su Balotelli è importante (20 milioni di euro sgranati in cinque anni) ma non insopportabile. E l’ingaggio (4 milioni a stagione più bonus) decisamente più abbordabile di quello che avrebbe preteso Kaka, che a Madrid viaggia sui 15 milioni netti. Il differenziale di età (otto anni a favore di Mario) è l’argomento dirimente.

Sul terreno squisitamente calcistico, Balotelli è un crack e con l’altro fenomeno, El Sharaawy, promette di formare una copia stellare. Purché metta la testa a posto e si adegui alla disciplina dello spogliatoio del Milan. Non ci sono più i grandi vecchi – i Gattuso, i Maldini, i Seedorf – che misero in riga Cassano fin dalla sua alba milanista e però la forza del Diavolo rimane il rispetto delle regole interne. Balotelli farà bene a ficcarselo in testa se vorrà camminare su tappeti di rose.

L’ex della Inter – a proposito, che botta per i fans della Beneamata – si ritroverà in mano una bella fetta del destino di Allegri, che Berlusconi lega al’approdo in Champions League. Impresa non più impossibile come qualche settimana fa. Toccherà al tecnico livornese miscelare le qualità di Balotelli, El Shaarawy, Pazzini, Robinho senza innescare una devastante reazione a catena. In quattro, davanti, non si gioca.

Un reverente e commosso pensiero va ai tifosi dell’Inter, annichiliti dal colpo dei cugini e devastati all’idea che il loro antico idolo, che peraltro non ha mai nascosto che il suo cuore è rossonero, faccia sfracelli con la maglia del Milan. Moratti volendo avrebbe potuto pareggiare l’0fferta di Berlusconi, facendo valere l’opzione inserita nel contratto di cessione del talento nero. Non ha voluto. Si è rifiutato di investire una quindicina di milioni per portare subito a Milano Paulinho, talentuoso centrocampista del Corinthians. Se ne riparerà a giugno. Ceduto Snejider, non un pinco pallino qualunque, il presidente ha regalato a Stramaccioni il trentacinquenne Rocchi. Qualcosa non torna.

Non tornano neppure i conti della Roma. Walter Sabatini lunedì aveva sfiduciato pubblicamente Zeman, colpevole di avere pessimi rapporti con lo spogliatoio (e con De Rossi in particolare), di fare giocare la squadra un calcio tanto spettacolare quanto sciagurato. Ieri Zeman è stato riabilitato ma di fatto commissariato. Fiducia a tempo, insomma.

Baldini e Sabatini gli hanno imposto di cambiare registro nei rapporti con i calciatori e di smetterla di attaccare la società, che il boemo aveva accusato di non aver imposto un regolamento di disciplina ai suoi riottosi dipendenti in calzoncini corti. Il risultato è che quel poco di autorevolezza che Zeman aveva conservato si è polverizzato. Oggi l’allenatore giallorosso è un pigmeo nell’immaginario collettivo dei suoi calciatori. Sanno che la società lo ha scaricato e a giugno lo farà saltare. Come potranno rispettarlo e seguirne gli insegnamenti?

Complimenti vivissimi.“Il mio allenatore per me è il migliore di tutti”, mi disse una volta Paolo Mantovani, il più abile dirigente sportivo che mi sia capitato di frequentare. “ E’ il migliore perché l’ho scelto io. Il giorno in cui non mi andasse più lo farei fuori in cinque minuti”. Capito? Delegittimarlo sui giornali e al cospetto di squadra e tifosi. di fronte equivale a distruggerlo. Era questo l’obiettivo di Sabatini e Baldini? Non credo, ma tant’è…

La Juventus ha pagato care (ma non carissime) le intemperanze di Conte e di alcuni suo giocatori al termine del match col, Genoa. Lo avevo scritto. Stiamo a vedere se l’arbitro Guida, strapazzato pubblicamente come un pupazzo, avrà il coraggio di scrivere? Beh, l’arbitro di Torre Annunziata non poteva esimersi, l’aggressione verbale subita da parte di Conte & C, nonché le agghiaccianti dichiarazioni di Marotta sulla sua “napoletanità”, erano state documentate dalle tv (che peraltro avevano poi pudicamente tentato di occultare la rissa finale.).

E dunque non si poteva fare finta di nulla. Gli arbitri non l’avrebbero tollerato. La Juve ha pagato. A proposito. Neppure una parola sulla gazzarra dell’Olimpico dai signori dello Osservatorio per le manifestazioni sportive, i quali avevano duramente censurato l’accenno di rissa al termine di SienaSampdoria. Reclamando sanzioni a carico di tecnici e calciatori che tenevano comportamenti suscettibili di scatenare la violenza sugli spalti.

E infine, il tocco di braccio in area di Granqvist era da rigore o no? Anziché chiarire l’interpretazione della regola, i dirigenti arbitrali nostrani, chaperonati da Collina e imbeccati dai cosiddetti esperti di Fifa e Uefa, hanno aumentato la confusione. Dichiarando che il rigore andrà fischiato ogni volta che il pallone sbatterà su braccia tenute larghe in maniera da aumentare in forma incongrua il volume del corpo. A prescindere quindi dalla volontarietà o meno del gesto.

Una follia, concepita da chi, evidentemente, non ha mai tirato un calcio ad un pallone. Chi lo ha fatto, anche solo nei tornei scolastici ed aziendali, come chi scrive, sa che il movimento di chi stacca per colpire il pallone di testa o si allunga per intercettarlo con un piede comporta, nella maggior parte dei casi, di allargare le braccia per guidare il movimento stesso e/o mantenere l’equilibrio. E’ un fatto dinamico, dettato dalla fisica. Un tempo si diceva (saggiamente): pallone verso il braccio (o la mano), non è fallo. Viceversa, mano o braccio verso il pallone, è fallo, sanzionato in area con il calcio di rigore. Perché si cambia?