Nazionale, Balotelli-El Shaarawy deludono. Verratti acciuffa l’Olanda

Pubblicato il 7 Febbraio 2013 - 12:40| Aggiornato il 7 Giugno 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, si può cavarsela dicendo che finalmente all’Italia del calcio è riuscita di evitare la sconfitta in una gara amichevole dopo 5 sconfitte di fila. L’Italia, si sa, non brilla mai in impegni che non comportino movimenti di classifica. Vecchio difetto, soltanto la competizione risveglia le nostre migliori energie. Pareggio, dunque apprezzabile nella maestosa Amsterdam Arena.

Ma tutto il resto, purtroppo, volge al nero. A dirla tutta, l’Olanda, la giovane Olanda di Van Gaal, illuminata dai lampi del fuoriclasse, il veterano Van Persie, e dai funambolismi del giovanissimo (classe 1993) astro nascente, Maher, ci ha messo, come si dice, ai paletti. Soltanto un super Buffon ha impedito la goleada degli Orange che ci hanno imposto per 75′ il loro gioco fatto di trame fittissime, che richiamano il tiki-taka del Barcellona, con improvvise accelerazioni verticali.

La palla l’abbiamo vista poco e quel poco in avanti non ha praticamente fruttato altro che un destraccio sbilenco di Balotelli. Il “negretto di famiglia”, come l’ha delicatamente chiamato Paolo Berlusconi, fratello del presidente del Milan, non ha ripetuto in azzurro le fresche prodezze rossonere. Ha balbettato calcio, senza trovare intesa col gemello El Shaarawy, rimasto fuori dalla partita nel tridente atipico deciso in avvio da Prandelli.

Uno schema affascinante, il 4-3-3, che richiede tuttavia velocità di esecuzione e puntuali rientri delle punte, una specialità nella quale né il Faraone, né tanto meno SuperMario sembrano particolarmente versati. E’ pur vero che i moduli forniscono indicazioni di massima e non dovrebbero mai trasformarsi in gabbie vincolanti. Ma è noto che un centrocampo a tre reclama meccanismi perfetti, coperture puntuali da parte degli attaccanti e sostengo infaticabile dagli esterni di difesa. Equilibri perfetti, insomma. A pena di perdere il controllo del gioco. E consegnarsi all’avversaria, come è avvenuto in Olanda. “Se decidi di giocare in un certo modo, devi mettere in preventivo la possibilità di correre qualche rischio: servono molta più intensità, agonismo, serve attaccare di più la linea difensiva avversaria e farlo con più giocatori”, così ha commentato Prandelli il ricorso al 4-3-3. Lasciando intendere di non volersi impiccare ad un unico modulo di gioco. Ma di lavorare per dare alla squadra almeno una o due alternative. La prima sarebbe appunto il 4-3-1-2 sperimentato nel finale di Amsterdam.

Nel perimetro delle varie scelte del ct, la difesa a quattro dovrebbe essere una certezza. Il centrocampo a 3 o a 4 il dubbio. Il rifinitore o l’esterno di attacco l’alternativa in appoggio alle punte. El Shaarawy-Balotelli al momento incarnano la prima scelta ma dovranno provare in azzurro di saper ripetere l0intesa e le prodezze accennate nel Milan. “ Confido molto nel lavoro di Allegri, so che contribuirà a dargli la giusta pozione tattica (a Balotelli ed El Shaarawy, ndr).

Le cose ad Amsterdam sono migliorate quando Prandelli ha smontato il 4-3-3, modificandolo in 4-3-1-2, con gli innesti di Osvaldo, Gilardino, Florenzi e Diamanti e l’uscita di Pirlo sostituito da Verratti. L’Italia si è riaffacciata finalmente nell’area di rigore olandese e ha creato un paio di palle-gol, cogliendo il pareggio in extremis proprio col giovanissimo play maker del Psg di Carlo Ancelotti. Segnale evidente che non è la qualità che manca al team azzurro, ma appunto gli equilkibri e il migliore assortimento in fatto di caratteristiche tecniche e tattiche. Il ct deve ancora trovare la miscela migliore, di uomini e di soluzioni tattiche, soprattutto dalla cintola in su.

La difesa con i rientri del duo Juventus Bonucci-Chiellini guadagnerà in forza ed efficienza, il centrocampo attende il miglior De Rossi, uscito a pezzi dalla devastante (per lui) esperienza romanista con Zeman. Ed ha in Verratti una degna alternativa a Pirlo che è un regista eccellente ma purtroppo non è eterno. Il ct, giustamente, sta sperimentando un’alternativa allo juventino, il perno che fa girare tutta la squadra. Prandelli traguarda ai Mondiali del 2014 in Brasile e non deve cedere alla nostalgia, come accadde a Lippi dopo la vittoria del 2006. La linea è dettata, largo ai giovani. Il che spiega gli accantonamenti – se non proprio definitivi certamente propedeutici al lancio dei giovani – di Cassano, Thiago Motta, Pazzini. Prandelli è un pragmatico e lo si è visto: ha richiamato Gilardino, un altro che sembrava fuori dal giro, in virtù dell’ottimo campionato nel Bologna.

Altri ripescaggi eccellenti non sono esclusi, tuttavia nell’anno e mezzo che manca al Mondiale – che passerà attraverso la verifica della prossima estate in Confederation Cup – la linea verde del ct non conoscerà ripensamenti. Il materiale a disposizione è di alta qualità. A giovani già esperti come Bonucci, Ranocchia, Criscito, Santon, Giovinco, a talenti emergenti (El Shaarawy, Balotelli, Verratti, Florenzi, Giaccherini, Destro) saranno affiancati i veterani stracollaudati, sui quali il ct conta da sempre: Buffon, Chiellini, Barzagli, Pirlo, De Rossi, Montolivo, Marchisio, Osvaldo.

Altri ragazzi potranno strappare la convocazione, nell’Under 21 di Mangia giocano talenti sicuri, De Sciglio, Borini, Lorenzo Insigne, Immobile, Marrone, Saponara. Tocca a loro convincere Prandelli di essere pronti al grande salto nella Nazionale maggiore.

Prandelli avrebbe diritto di poter lavorare più a lungo col gruppo azzurro, impegnandolo negli stages a Coverciano, come aveva chiesto prima dell’Europeo 2012. Ma le società fanno muro, campionato e competizioni europee vengono prima. E così al clan Italia restano le briciole. Colpa anche di un calendario impazzito, infarcito di impegni ufficiali ravvicinati. Portare la serie A da 20 squadre a 18 (o ancor meglio a 16) sarebbe la soluzione radicale per dare finalmente adeguato spazio alle varie Nazionali. Ma i club non ci sentono. E Federcalcio e Lega fanno orecchie da mercante ogni volta che qualcuno tira fuori l’argomento. I palazzi del calcio assomigliano sempre più da vicino al Palazzo della politica. Con i risultati che si conoscono. Ora aspettiamo di vedere come finirà la corsa alla presidenza del Coni che vede impegnati Pagnozzi e Malagò.