Buoni pasto addio, arriva la card. Fine spesa al supermarket?

di Riccardo Galli
Pubblicato il 31 Luglio 2013 - 14:59 OLTRE 6 MESI FA

buoni_pasto-400x300ROMA – Buono pasto 2.0, dal bigliettino cartaceo alla card elettronica il futuro dei buoni pasto sembra essere segnato. Una semplificazione che, come spesso accade in Italia, rischia di trasformarsi in complicazione e che, tra le pieghe della novità, nasconde anche alcune insidie, in primis quella di vedere cancellata la possibilità di fare la spesa al super mercato con gli ormai diffusissimi buoni pasto.

Da tempo ormai tutte o quasi le aziende che non offrono il servizio mensa ai loro dipendenti hanno adottato i buoni pasto. I blocchetti cartacei che non sono denaro contante ma che danno ai lavoratori la possibilità di pagare e di pagarsi il pranzo con questa sorta di moneta alternativa. Uno strumento che, oltre ad ovviare all’assenza del servizio mensa, è stato utilizzato anche come marginale benefit da assegnare ai lavoratori che non comporta esborsi eccessivi, vista la particolare tassazione che su questo grava, per le aziende stesse.

Introdotti nel nostro Paese da ormai diversi decenni stanno, i buoni pasto, andando incontro ad una piccola rivoluzione tecnologica. L’abbandono della carta in favore della plastica è infatti un fenomeno che riguarda diversi campi della nostra vita e, a questa deriva, non sfuggono nemmeno i blocchetti cartacei che i lavoratori frequentemente si vedono consegnare insieme allo stipendio. Un’evoluzione e una semplificazione che però, in Italia, corrono il rischio di trasformarsi in complicazione.

“I problemi sono essenzialmente due – dice Franco Tumino, presidente di Anseb, l’associazione delle società che emettono buoni pasto a Repubblica – la gestione del servizio resta problematica e i pubblici esercizi che utilizzano le card scarseggiano”. In Italia, infatti, – spiega Luisa Grion sul quotidiano diretto da Ezio Mauro – le società che emettono buoni pasto per conto delle aziende sono una dozzina, ma a differenza degli altri Paesi europei (Francia in primis) marciano tutte in ordine sparso. Fra loro non c’è alcun accordo sull’ utilizzo del Pos, la ‘macchinetta’ dove ‘strisciarla’ per registrare il pagamento. Visto che è la società emittente del buono pasto che fornisce a negozi e pubblici esercizi il Pos, occupandosi anche di manutenzione e formazione, i vari operatori agiscono nell’ottica del ‘chi prima arriva non fa passare nessuno’. Ognuno cerca di piazzare il suo Pos, inutilizzabile dalla concorrenza.

Il risultato è che il bar o il ristorantino all’angolo, che oggi accetta 4 o 5 diversi tipi di buono pasto cartaceo dovrebbe esibire alla cassa (oltre a quello per carte di credito e bancomat) 4 o 5 diversi Pos. In genere rinuncia all’impresa e finisce per rifiutare in toto la carta. “In associazione stiamo cercando di trovare un accordo – commenta Tumino – tutto sarebbe stato più semplice se il legislatore avesse già previsto il Pos unico, soluzione che tecnologicamente non incontrerebbe alcuna difficoltà”. Tanto che in molti Paesi europei esiste da anni. Eppure alle aziende, alle società di emissione e ai pubblici esercizi, la card conviene. Mantiene le esenzioni fiscali: non si versano contributi su valori del buono pasto pari o inferiore ai 5,29 euro (cifra ferma da 15 anni e che secondo la legge dovrebbe assicurare il consumo di un pasto corretto). Per le grandi società la card elimina i costi per procurarsi, stoccare e distribuire miriadi di blocchetti cartacei. Le società che le emettono controllano meglio la rete. I pubblici esercizi, che le utilizzano vedono crollare i tempi di recupero del credito (in tempo reale contro o i sessanta giorni medi del biglietto tradizionale).

Oltre alla semplificazione che in italiano fa però spesso paradossalmente rima con complicazione, altre ombre gravano sulle nuove “pasto-card”, a partire dai problemi legati alla privacy sino all’utilizzo stesso delle carte. Per quanto riguarda i primi, l’utilizzo di buoni pasto elettronici, permetterebbe e permette ai datori di lavoro di controllare, come fosse un badge, dove, con chi e soprattutto quanto lunga è la pausa pranzo dei lavoratori che la utilizzano. Per quanto riguarda l’utilizzo invece la nuova carta, avendo bisogno di un suo pos dedicato, cancellerebbe praticamente la possibilità di utilizzarla ad esempio nei supermercati per fare la spesa.

Non è infatti un mistero che molti italiani usino, stabilmente od occasionalmente, i buoni pasto per fare la spesa di tutti i giorni per casa portandosi poi, ad esempio, un pasto da loro preparato sul luogo di lavoro. E proprio questo utilizzo, questa possibilità ha fatto dei buoni pasto in alcuni casi una sorta di “integrativo” allo stipendio. Se però i nuovi pos saranno adottati solo da ristoranti e bar è evidente che il supermercato smetterà di accettarli e, se poi, la card potrà essere utilizzata esclusivamente dal titolare, come appunto una carta di credito, anche l’abitudine di darli ai figli per comprarsi la merenda dopo scuola dovrà per forza di cose finire.

Ad oggi, racconta sempre la Grion su Repubblica, la quota di card sul totale in valore dei buoni pasto utilizzati, stimata dagli operatori, è pari al 7% (14 per Edenred, società leader del settore, titolare del marchio Ticket Restaurant, con copertura del mercato che sfiora il 50%). Le utilizzano Enel, Wind, Poste Italiane, Generali, Engineering, Veneto Banca ma, nel giro di qualche mese, dovrà essere completata la sostituzione dei buoni cartacei con la card.