Censimento lento, fino al 29 febbraio. Nel lentissimo internet italiano

di Riccardo Galli
Pubblicato il 10 Ottobre 2011 - 14:56 OLTRE 6 MESI FA

censimento questionario istatROMA – Per prima cosa: calma. Il questionario sul censimento va compilato e consegnato entro il 23 dicembre 2011 se si risiede in un Comune con meno di 20mila abitanti, oppure entro il 31 gennaio 2012 se si è residenti in un Comune da 20 a 150mila abitanti, addirittura entro il 29 febbraio 2012 (sì il prossimo è anno bisestile) se si è residenti in un Comune con popolazione sopra i 150mila abitanti.

L’invito dell’Istat è a sbrigarsi prima, entro il 20 novembre 2011 ma, se non lo si è fatto, significa solo che quelli dell’Istat dovranno lavorare di più e venire a domicilio a spiegare e sollecitare. Quindi, calma: c’è tempo. E le multe per chi non risponde, da 206 a 2.065 euro, scattano solo dopo l’ultimo giorno di febbraio del prossimo anno. Calma e pazienza: consegnare il questionario non vuol dire metterlo in busta, imbucarlo nella cassetta e spedirlo all’Istat. Mai e poi mai fare così: si va invece all’Ufficio Postale, si consegna il questionario compilato e ci si fa dare ricevuta. Ricevuta che si conserva.

Per seconda cosa: niente diffidenza. Il questionario censimento non è parente di tassa patrimoniale o tassa sulla casa. Se vogliono mettere l’una o l’altra tassa non c’è bisogno del questionario. Meglio precisare: con il clima che c’è molti pensano “male” ma stavolta non ci indovinano. E per terza cosa non stupiamoci dell’ovvio, del vivere in Italia, paese dove Internet è un fai da te e non un sistema.

Oggi, lunedì 10 ottobre, il sito dedicato dall’Istat alla compilazione del censimento (http://censimentopopolazione.istat.it/), sembra funzionare. Il dubitativo è però d’obbligo visto il precedente di ieri, domenica 9 ottobre, primo giorno utile per la compilazione del censimento 2011, il primo che si può compilare on line. O almeno così dichiarava l’Istituto di ricerca.

Primo giorno utile, primo censimento online e vecchi problemi perché ieri, da subito, il sito dell’Istat è saltato, a causa dei troppi contatti, e chi ha voluto compilare il censimento si è dovuto armare della cara e vecchia penna biro mentre col pc, al massimo, si poteva lamentare su facebook per il disservizio.

Ma di chi è la colpa? La Stampa, come molti, se la prende con l’Istat, reo di non aver previsto il prevedibilissimo picco di contatti che ha messo il suo sito in ginocchio. Sergio Rizzo, sul Corriere, vede le cose da una prospettiva forse più ampia e se la prende con tutto il Paese, colpevole e vittima allo stesso tempo, di vivere ancora in una sorta di medioevo digitale dove le infrastrutture sono inadeguate e gli utenti disattenti, in un circolo vizioso in cui un aspetto è volano dell’altro.

E hanno probabilmente ragione entrambi, La Stampa e il Corriere, la colpa è dell’Istat che ha pensato un sito a cui si dovevano connettere tutte le famiglie italiane e che, con appena 500mila contatti si è sovraccaricato, ma l’Istat altro non è che espressione di un sistema, di un mondo, di un Paese appunto, troppo arretrato nell’universo digitale, un Paese vecchio.
Scrive Rizzo:

“Prendersela con l’Istat è come sparare sulla croce rossa. Nel 2001 Silvio Berlusconi promise agli italiani la più grande rivoluzione tecnologica della storia. (…) Sei anni dopo Eurostat certificava il ritardo mostruoso che avevamo accumulato. (…) L’Italia dei politici bravissimi nei proclami ma incapaci a tradurli in fatti era penultima in Europa, davanti alla sola Grecia, per l’uso di internet nei rapporti con la pubblica amministrazione. (…) Nel 2009 il Cavaliere tornò a proclamare: “in due anni si può arrivare a poter svolgere ogni pratica attraverso internet. Garantiamo che entro la fine di questa legislatura l’Italia sarà in linea con i paese più avanzati della modernità”. Il tramonto ora si avvicina e uno studio della Confartigianato rivela che i comuni dove è possibile svolgere tutte le pratiche via internet sono l’1.4%. Per non parlare delle condizioni della rete, semplicemente pietose”.

Rizzo ricorda poi che la velocità media di connessione in Italia è di 3 megabit al secondo, in Romania 6,8, e che lo stesso Berlusconi dichiarò, nel 2009, “io di internet a casa non ho bisogno. Ho il mio internet umano, che è Gianni Letta”.

In un universo simile che l’Istat non abbia previsto che al suo sito si sarebbero connessi milioni di persone nel primo giorno in cui si poteva farlo, cioè domenica 9 ottobre, è quasi normale. Non è l’Istituto di ricerca che è fuori dal mondo non essendo in grado di prevedere che nel momento in cui si apriranno i cancelli del sito del censimento, che riguarda alcune decine di milioni di famiglie, centinaia di migliaia almeno vorranno entrare.

Sarebbe fuori dal mondo e sarebbe quindi una mancanza esclusiva dell’Istat se il censimento fosse negli Stati Uniti, in Francia o in Australia, in uno di quei paese cioè che il nostro premier aveva definito “i paesi più avanzati della modernità”. Ma noi, l’Italia, invece di essere “avanzati” nel senso di andare avanti, siamo “avanzati” nel senso di rimasti fuori, l’idea del Cavaliere è stata forse travisata. E in questo panorama l’Istat, con l’inadeguatezza del suo sito (almeno nella giornata di ieri, oggi sembra funzionare) altro non è che una parte, un tassello, di quella inadeguatezza alla modernità che il nostro Paese sconta.