Contanti addio anche per la vecchietta, ma senza tassa sulla credit card

di Riccardo Galli
Pubblicato il 21 Novembre 2011 - 15:14 OLTRE 6 MESI FA

Acquisti in contante: una tradizione italiana (Lapresse)

ROMA – Che per tentare di far quadrare i conti dell’Italia si debba combattere l’evasione è quasi un’ovvietà. Far diminuire la quantità di denaro contante in circolazione favorendo i pagamenti elettronici, o comunque tracciabili, è una via giusta. Ma per far questo bisogna eliminare le commissioni che su questi tipi di pagamenti gravano, e che le banche incassano. Abbassare la soglia sopra cui non si può pagare in contanti non è infatti sufficiente. Il precedente governo Berlusconi aveva portato questa soglia a 2500 euro, adesso, con Monti, si parla di ridurre questo limite a 300 euro, ma sono ipotesi ancora allo studio.

Gli italiani sono un popolo innamorato del contante. Basti pensare che in Europa solo il 20% degli acquisti compresi tra i 200 e i 1000 euro è fatto cash. In Italia il 31%. Noi italiani, se si escludono i lussemburghesi, deteniamo poi il primato dell’uso di banconote di grosso taglio. Il 38% di noi ha per le mani, in un anno, almeno una volta una banconota da 200 o 500 euro e, il 4% degli italiani, compra persino l’automobile in contanti.

In questa materia ogni mossa può produrre conseguenze anche spiacevoli, e ogni scelta ha le sue controindicazioni. Il senso di ogni provvedimento mirato a ridurre l’uso dei contanti in funzione antievasione si basa sul principio della «tracciabilità» delle transazioni non effettuate con banconote. In altre parole, se si usa la carta di credito o il bancomat per pagare qualcosa, da qualche parte, una traccia elettronica resterà, sia per chi paga che per chi incassa. In questo caso, i funzionari del Fisco e alle Fiamme Gialle, invece di attivare una complessa indagine finanziaria, potranno visualizzare in modo agevole e sintetico i movimenti del contribuente «sospetto». Anche che la sola minacciosa possibilità che questa «traccia» venga scovata potrebbe aumentare quella che gli esperti chiamano compliance, cioè un comportamento fiscalmente corretto. Secondo un rapporto dell’Abi una stretta all’uso del contante potrebbe far emergere un «nero» di circa 40 miliardi di euro.

Il problema è che imporre in modo drastico una soglia molto bassa per l’uso del contante crea molti disagi, oltre a non garantire matematicamente il risultato. Oltre alla solita vecchietta portata ad esempio che non sa usare bancomat e carte di credito, c’è il discorso persino più importante dei costi: incassare soldi in forma elettronica comporta quasi sempre un onere che si intasca la banca, e talvolta c’è una cospicua tassa anche a carico di chi paga, elementi che non favoriscono l’uso di questo tipo di pagamento e che non possono esistere se si è obbligati a pagare elettronicamente.

Una strada potrebbe essere quella della possibile imposizione di «commissioni» da 2 o 3 euro a operazione a carico della clientela intenzionata a prelevare il proprio denaro contante. Anche qui però i dubbi non mancano, la famosa «vecchietta» non solo dovrebbe imparare a usare la carta di credito e aprire un conto bancario (i nostri sono i più costosi d’Europa, diceva l’Autorità Antitrust del neosottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà). Ma se la nostra povera anziana volesse prendere delle banconote per fare la spesa al mercato dovrebbe anche pagare una commissione.

Il sistema più giusto per spingere l’uso della moneta elettronica è allora quello più semplice: eliminare tutte le commissioni che gravano sia su venditori che acquirenti, e anche dalle operazioni bancarie sotto una certa cifra. Una volta tolti i costi, rendere obbligatorio il pagamento elettronico, sarebbe digerito anche dalla famosa vecchietta.