“Esproprio, lastrico, fame…” Dai petrolieri ai notai scene di povertà

di Riccardo Galli
Pubblicato il 13 Gennaio 2012 - 14:53 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

ROMA – “Tremate, tremate, le liberalizzazioni sono arrivate”. Prendendo in prestito e riadattando un vecchio slogan caro alle femministe anni ’70, ben si racconta l’aria che si respira tra le categorie che delle liberalizzazioni saranno oggetto: terror-panico condito da allarmismo e vittimismo. Non gridano al danno, cosa che sarebbe comprensibile, ma al disastro. Se per caso il loro grido di allarme, e soprattutto le loro previsioni, corrispondessero al vero, saremo presto un paese di morti di fame, con intere categorie “sul lastrico” come dicono loro. Non danneggiate, colpite ma letteralmente “affamate”, “strangolate”.  Un paese dunque dove basta aprire la porta al mercato e alla concorrenza per mandare sul lastrico tutti quanti. Esclusi i consumatori s’intende.

Le associazioni dei consumatori infatti, anche se ancora non c’è nulla di definitivo e si è solo a livello di bozza del progetto, esultano: per l’Antitrust la riforma varrà almeno un punto di Pil, le famiglie risparmieranno 900 euro l’anno, la benzina calerà di 10/20 centesimi e via dicendo.

L’altra faccia della medaglia sono i “non consumatori”: i tassisti, i farmacisti, i notai e tutti gli altri che le liberalizzazioni subiranno. Categorie che non si limitano a protestare, come sarebbe fisiologico, ma gridano alla tragedia. “Ci strangolate” dicono i titolari di concessioni balneari, “un decreto insostenibile” secondo i farmacisti, “scompariranno i benzinai” sostiene il presidente della federazione di Confcommercio che riunisce i benzinai. I petrolieri gridano “all’esproprio” e minacciano la siccità nazionale della benzina. Non sono modi dire, sono dichiarazioni e comunicati ufficiali. Tale e tanta l’entità della tragedia che paventano da risultare, anche a chi di economia e mercato poco capisce, evidentemente esagerata. Commedia, tragedia? Di certo è “sceneggiata”.

Che l’Italia sia strangolata da un libero mercato che libero non è, troppi limiti, troppe garanzie di categoria, troppa burocrazia e troppi paletti, è una verità che tutti conosciamo. La conoscono gli economisti che studiano questi fenomeni, come la conoscono i consumatori che pagano benzina e assicurazioni molto più che in qualsiasi altro paese, come la conoscono anche coloro che di questo mercato “libero non libero” campano. Soggetti che con le liberalizzazioni ci rimetteranno è vero, come è però vero che sino ad ora hanno beneficiato e guadagnato “troppo” a spese dei cittadini. Ma la paura, il terrore che queste categorie tentano di diffondere e infondere nel governo, è  una reazione isterica di chi vede attaccato il proprio fortino. Se fosse vero quello che paventano vorrebbe dire che siamo un paese alla fame, con avvocati, notai, farmacisti, petrolieri, benzinai, stabilimenti balneari e commercianti a un passo dal finire alle mense della Caritas. E non son solo loro: piangono miseria preventiva e dicono a un passo dal “lastrico” le Ferrovie dello Stato se ci sarà concorrenza sui binari e i manager e dipendenti delle aziende pubbliche dei servizi trasporti, rifiuti, energia. E i sindacati partecipano al coro dei dolenti avviati alla povertà. Ci si apre al mercato e tutti falliscono, tutti poveri in canna domani?

O sono tutti così incapaci che basterà l’arrivo di una ventata di concorrenza a farli fallire, cosa che confermerebbe la bontà delle liberalizzazioni, o l’entità del grido dall’allarme è sproporzionata. Adeguare i canoni delle concessioni balneari è sufficiente a far fallire gli stabilimenti? Ipotesi difficilmente conciliabile con i prezzi a cui solitamente vengono venduti ombrelloni, sdraie e lettini. I benzinai spariranno perché potranno rifornirsi, in parte, dal venditore che pratica il prezzo migliore? E perché mai? Al limite abbasseranno i prezzi. Il servizio di notai, avvocati e simili sarà oggetto di un calo di qualità perché ognuno potrà praticare la tariffa che vuole? Privo di logica, quello che calerà saranno al massimo le parcelle.

L’intera operazione di “deregulation” riporterebbe nelle tasche di ogni famiglia italiana, anche delle famiglie di chi protesta perché sono consumatori anche loro, almeno 900 euro l’anno. Grazie all’apertura dei diversi mercati e al conseguente abbassamento di prezzi e tariffe. Una ricaduta totale pari a 21,6 miliardi, un punto e mezzo di Pil, come confermato dall’Antitrust. Un dato tuttavia sottostimato, dicono gli esperti. I risparmi potrebbero essere più generosi anche per i benefici in termini di qualità dei servizi offerti.

La misura più attesa dai consumatori è forse quella sulla benzina, visto i continui rincari alla pompa che falcidiano i bilanci familiari. La possibilità per i benzinai (sia proprietari che non, ma in misura diversa) di acquistare benzina, gasolio o gpl in modo libero e dunque da grossisti e rivenditori diversi dal marchio dell’impianto, apre squarci di possibili ribassi. Così come la possibilità dei proprietari di trasformare l’impianto in self service. E quella di vendere giornali, tabacchi, caramelle e altri beni. Altroconsumo calcola in 3 miliardi il risparmio totale annuo (tra benzina e gasolio) che si traduce in 144 euro di minori aggravi per ogni famiglia. Adoc, Codacons, Unione nazionale consumatori e Movimento difesa del cittadino alzano il “bonus” a 200 euro. Almeno 18-19 centesimi in meno al litro, 216 euro annui, per Federconsumatori-Adusbef, grazie alla trasformazione dei distributori in “plurimarchio”. Luca Squeri, presidente dell’associazione di categoria di Confcommercio, sostiene che spariranno i benzinai, gli uomini ovviamente, non gli impianti.

E poi le farmacie. L’abbassamento del “quorum” consentirà una maggiore capillarità di farmacie sul territorio: una ogni 3 mila abitanti, dice la bozza di decreto. Contro i 4 mila attuali per i Comuni sopra i 12.500 abitanti e 5 mila per quelli al di sotto. Questo comporterà l’obbligo per le Regioni di mettere a bando, entro l’1 marzo 2013, 3.891 nuove sedi, di cui 882 nelle città più grandi (con più di 70 mila abitanti). Se almeno l’80 per cento di queste nuove aperture non saranno assegnate, perché la Regione non organizza i concorsi o li fa per una percentuale inferiore, allora la vendita dei farmaci di fascia C (quelli con obbligo di ricetta medica, ma a totale carico del cittadino) sarà liberalizzata e dunque possibile anche nelle parafarmacie e nei corner degli ipermercati, sempre alla presenza di un farmacista. Roma dovrà assegnare 198 sedi in più, Palermo 49, Verona 20, Milano 11, Napoli 10, Firenze 5. Ma Bologna e Genova un tondo zero. Per la presidente di Federfarma Annarosa Racca è “una riforma insostenibile”, “si aprirebbero circa 7000 farmacie, pari al 40% in più rispetto al numero attuale, un aumento non sostenibile per alcun settore”.

E ancora il commercio con i saldi liberi tutto l’anno, senza limiti di tempo, durata né ampiezza degli sconti praticati. E senza chiedere preventive autorizzazioni al Comune. La misura piace moltissimo ai consumatori e riguarda 750 mila piccoli negozi, 10 mila supermercati, 600 ipermercati. Secondo il Codacons, le mancate liberalizzazioni nel settore del commercio costano ai consumatori 8 miliardi di euro l’anno: 5,5 miliardi nel commercio al dettaglio alimentare, il restante 2,5 in quello non alimentare. La deregulation dei saldi consentirebbe al commerciante di scegliere quando, come, per quanto tempo offrire il proprio magazzino prodotti a sconto.

Dulcis in fundo i professionisti. L’abolizione delle tariffe professionali (quelle minime erano state tolte da Bersani nel 2006, ma era rimasto il riferimento), accompagnata dall’obbligo per il professionista di produrre un preventivo, prima di ricevere il mandato, nel quale indicare sia la tariffa offerta secondo un “criterio di equità”, sia l’esistenza di un’assicurazione per eventuali danni provocati al cliente, dovrebbero portare ulteriori vantaggi per il consumatore. Secondo Altroconsumo, il risparmio generale sulle tariffe applicate dai professionisti sarebbe del 30 per cento. Nel caso dei notai, se allineassero la parcella di un rogito per l’acquisto di un appartamento, ad esempio, alle tariffe più basse del mercato, si avrebbe un risparmio di 579 euro su una parcella di 2 mila euro. Una causa di separazione da 1.500 euro, invece, scenderebbe a mille.

Secondo Codacons e Adoc il risparmio medio a famiglia sarebbe di 200 euro. “Si stroncano ancora una volta in modo inadeguato e irrazionale le tariffe professionali, salta così ogni riferimento alla qualità e alla tutela del cittadino” dice Maurizio De Tilla, presidente dell’organismo unitario dell’avvocatura, peccato che “il cittadino” dissenta dalla sua analisi e, anzi, pare sia molto felice.

Come dimenticare poi i tassisti? Pronti già a blocchi, sit in e manifestazioni. Episodi che Roma ricorda bene e che convinsero il sindaco Alemanno ad ergersi a loro difensore. Ma loro hanno ragione, è giusto che andare in taxi dal centro di Roma a Fiumicino costi come il biglietto aereo che poi vi porterà a Londra o Parigi, la distanza è un fatto relativo.