Fondo europeo taglia spread lo affossa il Parlamento italiano

di Riccardo Galli
Pubblicato il 20 Giugno 2012 - 15:37 OLTRE 6 MESI FA

I leader del G20 nella "foto di famiglia" a Los Cabos (Messico) - foto LaPresse

ROMA –Il Fondo anti spread? Tranquilli, lo affossa il Parlamento italiano. Chiunque in Europa sia preoccupato od ostile al calmiere anti spread può contare sulla capacità di insabbiamento di Montecitorio e Palazzo Madama. Servirebbe anche all’Italia se i miliardi dello Efsf prima ,circa 400, e dello Esm, circa 700 a regime fossero usati anche per calmierare appunto gli spread italiani, ma non serve alla strategia di Pdl, Pd e quanti altri in Parlamento di tenere a bagnomaria e ogni tanto in punizione il governo tanto per far vedere agli elettori chi comanda. E così, fosse anche “paracetamolo finanziario”, cioè aspirina come dice Olli Rehn, l’idea di Mario Monti di un taglia spread difficilmente verrà assunta, si perderà, evaporerà nell’estate italiana. Eppure Frau Merkel per una volta non ha detto “no”. Certo l’idea avanzata dal nostro premier Mario Monti secondo cui “l’Esfs, il fondo salva-stati europeo, possa intervenire per acquistare sul mercato secondario i titoli pubblici dei paesi sotto pressione” quando lo spread supererà un tetto stabilito per ogni Stato, legandolo a delle bande si oscillazione, non ha avuto l’avallo della cancelliera tedesca che però, per una volta, si è detta disponibile almeno a ragionarci sopra. In linea di principio era d’accordo Obama ma soprattutto l’idea piaceva a Hollande e Rajoy. Tutti conti senza l’oste: il “fronte interno”, il Parlamento italiano, lento e restio a ratificare l’accordo che dovrebbe far nascere l’Esm.

L’European Stability Mechanism dovrebbe sostituire e subentrare all’attuale Esfs ma, per far sì che veda la luce, i Paesi detentori del 90% del suo capitale devono ratificare l’accordo. A noi, all’Italia, spetta una quota del 17%, sufficiente quindi a far naufragare il progetto. Sarebbe importante che questo nuovo istituto comunitario vedesse la luce prima di metà luglio, in tempo per erogare i 100 miliardi stanziati per “salvare” la Spagna ma i nostri tempi parlamentari, sommati a meri ragionamenti di bottega, pardon di partito, rischiano di far slittare l’approvazione. Rendendo di fatto vano il tutto.

Strappare un “vedremo” a “Frau nein” di questi tempi è più che un’impresa. Non c’è riuscito Obama, non ci sono riusciti i mercati, non ci sono riusciti i vari leader europei e nemmeno le nuove elezioni greche. La Germania, e la Merkel, non sono disponibili a garantire per i debiti dei “deboli” d’Europa e nemmeno ad investire sulla crescita di tutti. Non vogliono che tutto gravi sulle loro spalle. La posizione è chiara e ferma ormai da mesi, anni. Eppure Mario Monti è riuscito in una mezza impresa: dribblare il “nein” e portare a casa un “ragioniamoci”, unico e vero risultato del G20 appena conclusosi in Messico. Ma nemmeno il tempo di gioire per il piccolo/grande risultato ottenuto che le questioni italiane rischiano di vanificare il lavoro del premier. Scrive Repubblica:

L’Esfs (da luglio Esm) dovrebbe operare — grazie a una licenza bancaria — per tenere bassi i tassi di interesse dei vari Btp e Bonos consentendo ai paesi in difficoltà — l’Italia, la Spagna, il Portogallo — di proseguire nel programma di risanamento senza l’angoscia di vedersi commissariati come è accaduto ai greci. E’ un progetto ardito sul quale la Merkel — forse per riguardo a Monti — non ha voluto dire espressamente di no. Secondo il Financial Times la cancelliera “non si è voluta impegnare” ufficialmente, ma non ha nemmeno rifiutato di ragionarci sopra. Monti, in conferenza stampa, conferma ma preferisce non sbilanciarsi: “È uno dei temi su cui stiamo riflettendo, e continueremo a riflettere a quattro nella riunione di Roma. Sia chiaro che non si tratta di un bailout”. Per il premier si tratta di “immaginare delle modalità che possano veder premiati i Paesi più virtuosi con dei livelli meno abnormi di spread”.

Dal Messico a Roma i problemi però, invece di sparire, sembrano amplificarsi. Per far nascere l’Esm in tempo per aiutare la Spagna, e non l’anno prossimo come si era inizialmente pensato, occorre che i singoli Paesi ratifichino gli accordi. E il “sì” del Parlamento italiano è fondamentale. Il governo vorrebbe che la sua ratifica arrivasse ovviamente al più presto, al massimo entro la fine di luglio. Secondo Repubblica

Le Camere erano invece orientate a rimandarla a settembre. Ma il salvataggio delle banche spagnole incombe e l’Esm permetterebbe di risparmiare parecchi miliardi. In Europa si discute se salvare gli istituti iberici tramite il Fondo provvisorio (Efsf) o tramite quello permanente (Esm). Madrid preferisce la prima opzione: l’Esm è un creditore privilegiato e un suo intervento rischierebbe di mettere in fuga gli investitori spaventati dal rischio di perdere i loro soldi in caso di default, mettendo in pericolo la tenuta finanziaria della Spagna. Ma gli europei sembrano intenzionati a procedere comunque con l’Esm. I tedeschi per avere più garanzie sul prestito. Altri, come gli italiani, perché i soldi versati all’Efsf (fino a 20 miliardi per Roma se il prestito sarà di 100) vengono conteggiati nel debito pubblico. L’Esm, invece, viene capitalizzato dai governi senza che i soldi (la prima tranche per noi sarebbe di circa 5 miliardi) entrino nel debito.

Ma allora perché rimandare, perché tergiversare sul via ad un nuovo istituto europeo capace almeno in parte di contrastare la crisi e perché rischiare di appesantire il nostro debito ancor di più? Sembrerebbe non esserci ragione, e infatti non ci sarebbe a meno di non guardare la questione con occhi di “campanile”. “Il Pdl – scrive Alberto D’Argenio, sempre su Repubblica – vorrebbe ritardare l’approvazione del Fiscal Compact e del Fondo in modo da indebolire il governo”. In realtà anche il Pdl sulla questione è diviso, come al solito, tra falchi e colombe: da un lato i “frattiniani”, disponibili ad una ratifica più veloce, e da l’altro i “duri e puri” come Cicchitto e Brunetta che puntano invece allo sgambetto a Monti. Sgambetto che però costerebbe credibilità e diversi miliardi di euro al nostro Paese, come sanno il Pd e il presidente della Camera Gianfranco Fini che vorrebbero, anche loro, una rapida approvazione del trattato.

Se e quando l’Esm nascerà, non avrà automaticamente il compito e il potere di acquistare i titoli di stato dei Paesi in difficoltà per calmierarne gli interessi, il “sì” tedesco ancora non c’è, ma di certo non ci potrà essere se il fondo in questione sarà affossato e osteggiato dai Parlamenti degli stessi Paesi che potrebbero beneficiarne. E’ l’eterna storia del marito che per far dispetto alla moglie…