Guerra, religione, civiltà: tre tabù. E noi le tre scimmiette

di Riccardo Galli
Pubblicato il 22 Agosto 2014 - 14:34 OLTRE 6 MESI FA
Guerra, religione, civiltà: tre tabù. E noi le tre scimmiette

Le tre scimmiette

ROMA – Le riflessioni di un conservatore dovrebbero sempre intellettualmente intrigare un progressista, e viceversa. Da tempo accade con rarefatta rarità e questo è uno dei guai, non di quelli piccoli, della nostra italiana umanità. Intrigarsi intellettualmente con e per i pensieri di chi la pensa diversamente da te è uno sport abbandonato, viene considerato debolezza, tradimento, inciucio. In nome della convinzione ebete secondo la quale militanza e appartenenza non tollerano e men che mai praticano il dubbio.

Suonerà quindi provocatorio per pacifisti e progressisti e anche brava gente che non vuole pensieri e anche per impauriti impanicati che chiuderebbero frontiere come fanno per i loro cervelli e anche per cattolici di buona volontà e anche per gradassi da talk show…Insomma suonerà provocatorio invitare tutto il mainstream intellettuale, alto e basso che sia, invitarlo ad andarsi a leggere Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera di venerdì 22 agosto. Non tanto e non solo leggere quanto c’è scritto in “Noi in fuga dalla realtà”. Non tanto leggere che poi no c’è scritto nulla di clamoroso, tanto meno di ignoto e neanche la riflessione dello scrivente si innalza a chissà quali vette. Più che soltanto leggere, appuntarsi le domande che Della Loggia fa e poi porle a se stessi, davanti ad un onesto specchio intellettuali. Porsi quelle domande e provare a rispondere con sincerità, almeno a se stessi. Caso mai senza farle circolare troppo le risposte.

Domanda Galli Della Loggia: se uno mi vuole ammazzare perché sono cristiano o ebreo o sciita, o ateo o infedele questa è o no una guerra di religione?

Seconda domanda: se uno vive in Europa, magari ci nasce, ci studia, ci lavora e poi decide che tutto quello che è intorno a lui è repellente e insopportabile al punto di meritare annientamento e se quell’uno diventano cento e mille e mille è o no una questione di civiltà?

Corollari di Della Loggia alle due domande. Primo: assumiamo che una guerra di religione sia assurda e fuori del mondo. Peccato che, come scrive Della Loggia e come è soprattutto ovvio, questa “bizzarria si sia prodotta nella storia solo qualche migliaio di volte”.

Secondo corollario: “il tabù della guerra ci ha portati a sfiorare il pensiero magico, poiché aborriamo la guerra e non vogliamo che esista, allora la guerra non esiste. Noi non la nominiamo e lei non c’è. Dovesse insistere, le opponiamo come fa l’esorcista di fronte al posseduto, il libro sacro della Costituzione: vedi, guerra, qui dentro c’è scritto che sei stata abolita.

Terzo corollario: ogni manifestazione dell’umano è cultura e tutte e culture meritano  una qualche forma di rispetto. Anche quelle che decapitano, domani miglioreranno.

In una società civile che considera attentato alla sua sicurezza che gli aerei militari facciano esercitazioni di guerra in volo a scippo alle sue finanze che si comprino aerei da guerra, Galli Della Loggia si beccherà l’epiteto di guerrafondaio. Perché di fronte alla guerra che c’è, qui e adesso, sul nostro pianeta e nel nostro settore del pianeta, di fronte alla guerra che una religione ha dichiarato alle altre religioni, guerra di sterminio, di fronte alla irriducibilità di una civiltà all’altra tutti noi, chi più chi meno, facciamo come almeno due delle tre scimmiette. Se pur vediamo, non sentiamo e non parliamo. Se pur sentiamo, chiudiamo occhi e bocca.

Anche Della Loggia in fondo fa così. Invita ad una “radicale riconciliazione con il principio di realtà”, insomma a farla finita di raccontarci il mondo molto diverso d quello che è. Però non si spinge fino a dirci cosa sarebbe coerente fare dopo aver ripreso contatto con la realtà. Scimmiette o non scimmiette, dentro o fuori i nostri tabù siamo tutti concordi a sperare che la guerra che c’è e verrà contro di noi la combattano per noi professionisti della guerra, eserciti di mestiere e non di leva, pochi, relativamente pochi uomini scelti che manovrano tecnologie. I più realistici mettono nel conto anche qualche ricorrente 11 settembre a nostro carico e danno. Contiamo che la combinazione di guerre che fanno pochi nostri morti in divisa e pochissimi in abiti civili tenga i più di noi al riparo a continuare l vita di prima. La pensiamo più o meno tutti così, sia i ciechi, i sordi, i muti si quelli che vedono, sentono e di rado parlano. Speriamo vada così, può essere. Ma anche no…