Mantovani “badante di mamma Rosa” che ora spera in Salvini

di Riccardo Galli
Pubblicato il 14 Ottobre 2015 - 13:49 OLTRE 6 MESI FA
Mario Mantovani

Mario Mantovani

MILANO – Mario Mantovani, il vicepresidente della Regione Lombardia che da martedì è in carcere accusato di corruzione e concussione, è stato a lungo considerato l’uomo forte della Lombardia, secondo in quanto a potere solo al governatore Roberto Maroni. Mantovani  non era però solo questo: per chi non lo amava, per i suoi avversari politici, ed in particolare per i colleghi forzisti, era infatti il badante di mamma Rosa. La mamma di quel Silvio Berlusconi che si è detto “stupito” dall’arresto, aggiungendo di conoscere Mantovani come “persona corretta”.

A raccontare il Mantovani-badante dell’anziana mamma di Berlusconi sono Simona Ravizza e Andrea Senesi sul Corriere della Sera. “Ai bei tempi tre poltrone in un colpo solo non gli sono bastate – ricostruiscono -. Meglio averne cinque. Tutte insieme. Già senatore di Forza Italia, colonnello plenipotenziario di Silvio Berlusconi che l’ha messo alla guida del partito in Lombardia e sindaco di Arconate, nel marzo 2013 Mario Mantovani, 65 anni, diventa anche assessore alla Sanità e vicepresidente della Regione.

Le ultime elezioni l’hanno consacrato come il più votato con quasi 13 mila preferenze. Sono gli anni in cui Mantovani, da ieri in carcere a San Vittore per corruzione, è l’uomo più potente della Lombardia, secondo solo al governatore Roberto Maroni. Per la sua capacità di restare impassibile davanti a qualsiasi attacco, gli amici più stretti lo definiscono ‘un uomo a cui spari ma non riesci a fargli uscire sangue’. Per i nemici, invece, il soprannome è ‘il badante di mamma Rosa’: da sempre, infatti, c’è chi accosta la sua ascesa politica in Forza Italia alla dedizione alla madre di Berlusconi, Rosa Bossi. Mantovani, la cui carriera inizia come imprenditore di case di riposo, le garantisce a lungo cure e assistenza e, per il giorno del suo funerale, proclama il lutto cittadino ad Arconate”.

Un rapporto, quello con Silvio Berlusconi, si deve evidentemente essere incrinato. E testimonianza ne è, oltre alla sostanziale non difesa manifestata ieri dall’ex cavaliere, gli ultimi fatti in giunta lombarda. I rapporti con il governatore Roberto Maroni si sono infatti raffreddati da tempo e, con l’occasione dell’approvazione della riforma della Sanità, Mantovani viene sostanzialmente scaricato dal governatore leghista con Berlusconi che lo lascia silurare senza che Forza Italia, dal gennaio 2014 coordinata da Mariastella Gelmini, muova un dito in sua difesa. Gli restano, anzi restavano fino a ieri, il ruolo di vicepresidente e una manciata di deleghe per le relazioni internazionali. Incarichi che ieri sono stati cancellati dal peso delle accuse e dall’arresto arrivato, ironia della sorte, poche ore prima che Mantovani aprisse la ‘giornata della trasparenza’ lombarda.

Alla faccia della trasparenza, Mantovani, ovviamente secondo l’accusa, gestiva infatti in modo tutt’altro che trasparente i suoi affari ed i suoi incarichi. E per dare un’idea di come percepisse e fosse percepito il suo ruolo, basta ricordare il soprannome con cui era ed è conosciuto nel suo feudo di Arconate: il Faraone. Un potere che si è andato però dissipando e già da qualche tempo appare appannato: dopo due mandati consecutivi da primo cittadino del piccolo comune, le norme non gli permettono infatti di candidarsi sindaco per la terza volta di seguito. Per aggirarle, la sua maggioranza si dimette poco prima della fine del mandato, in modo da consentirgli di correre di nuovo. E anche quando, ormai eletto in Regione, le sue dimissioni diventano un atto dovuto, il Consiglio comunale, a guida Forza Italia, si rifiuta di votarne la ratifica, con una querelle giudiziaria lunga un anno. Subito dopo, sua nipote Samanta Rellamonti, nuova aspirante alla carica di primo cittadino in nome dell’esperienza di famiglia, viene sconfitta alle elezioni dalla lista civica Cambiamo Arconate.

Per difendersi dalle accuse di oggi, Mantovani ha scelto come legale Roberto Lassini, l’avvocato finito a sua volta indagato nel 2011 per i manifesti anti pm (Via le Br dalle Procure) con cui era stata tappezzata Milano.

Mantovani che ai tempi durante una visita in Israele (lo ricorda Francesco Merlo su La Repubblica) paragonò la persecuzione giudiziaria ai danni di Berlusconi all’Olocausto. Mantovani che mentre concedeva da sindaco di Aronate la cittadinanza onoraria a mamma Rosa ebbe a dire: “Ha messo al mondo l’italiano più importante del secolo”. Zelante suggeritore osservò: siamo nel 2007, quindi poca cosa. Pronto Mantovani: “L’italiano più importante di due secoli”. Ai tempi delle odi a Berlusconi, ora Mantovani deve sperare in Slavini. Quel Salvini che tuona contro la “giustizia politica che perseguita la giunta lombarda”.