Terremoto bis, cara Europa ora altro che 0,1%…

di Riccardo Galli
Pubblicato il 27 Ottobre 2016 - 12:39 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto, cara Europa ora altro che 0,1%

Terremoto, cara Europa ora altro che 0,1% (foto Ansa)

ROMA –Terremoto bis in Italia dopo quello di Agosto. Quindi “‘Cara Europa, se prima – forse – si poteva discutere, è giunto ora il momento in cui devi acconsentire alla nostre richieste e alle nostre misure…e non farla lunga con questa storia dello 0,1 per cento di sforo…”.

Potrebbe cominciare così in sostanza una lettera di risposta da parte italiana alla lettera di Bruxelles che chiede di documentare perché il deficit previsto 2017 sarà al 2,3 e non al 2,2 per cento.

Da giorni si parla e si ironizza sulla lettera di risposta che il governo italiano, che il premier Matteo Renzi e il ministro Piercarlo Padoan devono presentare all’Europa dopo le obiezioni che questa ha mosso alla manovra presentata dal nostro Paese. Lettera che oggi, alla luce del terremoto che ieri sera ha colpito il centro Italia, potrebbe cominciare appunto proprio così. Vi sembrano troppo quattro miliardi stanziati per la ricostruzione susseguente al terremoto di agosto? Smettetela di fare le pulci alle spese doverose e indispensabili e preparatevi piuttosto a tener conto dei nuovi danni e dei relativi costi.

L’appuntamento è per venerdì a Bratislava, dove Padoan incontrerà i suoi colleghi continentali e i commissari Ue ma, per quanto paradossale possa apparire, il sisma di ieri rafforza le richieste italiane.

La scossa più forte dello sciame sismico che ha colpito il centro Italia è stata infatti avvertita sino in Austria, come ha certificato l’equivalente dell’Ingv viennese. Gli effetti del terremoto del 26 ottobre arriveranno però ben più a Nord, sino a Bruxelles, dove proprio in questi giorni è sotto la lente dell’Ue la manovra che l’Italia ha appena presentato. Una manovra dove il nostro Paese chiedeva e chiede deficit al 2,3 per cento perché ci sono le spese legate all’emergenza immigrazione e alla ricostruzione post sisma. Un’elasticità di qualche zero virgola che era stata chiesta in virtù del terremoto che ad agosto ha colpito Amatrice e dintorni e a cui ora si aggiungono le spese che le scosse di ieri produrranno ed hanno prodotto.

“Diverse zone d’Italia, tra cui alcuni dei paesi già colpiti dal terremoto devastante dello scorso agosto, sono state nuovamente colpite dal terremoto. L’Ue esprime piena solidarietà al popolo e alle autorità italiani. Il nostro pensiero va a tutte le persone colpite e ai primi soccorritori accorsi sul posto” ha detto il commissario Christos Stylianides poche ore dopo i terremoti di ieri sera. “Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze della Commissione europea – ha aggiunto – che monitora i disastri naturali 24 ore su 24 7 giorni su 7, è in contatto con la protezione civile italiana da ieri sera e in seguito a una richiesta delle autorità italiane i servizi di gestione delle emergenze dell’Ue Copernicus sono già stati attivati per fornire mappe satellitari di valutazione dei danni nelle zone colpite. Continueremo a seguire attentamente la situazione e siamo pronti a fornire ulteriore assistenza”.

Assistenza che non può però a questo punto essere solo ‘tecnica’. A prescindere infatti dalle simpatie o antipatie per Matteo Renzi e per il suo governo che ogni elettore italiano giustamente nutre, l’Unione Europea deve a questo punto dimostrare il suo ruolo e la sua utilità anche con altre forme di sostegno ai Paesi membri. Sostegno che in questo caso non può non passare e non può non comprendere la valutazione della manovra finanziaria messa insieme a Roma. E se fino a ieri si discuteva di quanto fosse giusto e di quanto potesse l’Italia ‘sforare’ sui conti, oggi a quelle richieste si aggiungono gli sfollati di ieri, i crolli, i danni materiale ed economici che il terremoto ha portato in dote. Un terremoto che capita, in un certo maledetto senso, al momento giusto.

Proprio cioè nel momento dell’esame dei conti. Dire oggi all’Italia che i suoi conti non vanno bene, che non può spendere per ricostruire o mettere in sicurezza il proprio territorio e coprire le spese per chi ha perso casa, suonerebbe esiziale più che per l’economia italiana per l’Europa stessa. Se infatti ieri la minaccia del premier Renzi di porre il veto al bilancio Ue suonava come esasperata, pur se fondata su un presupposto giusto, quello cioè per cui l’immigrazione non può essere un problema solo italiano, voltare oggi le spalle all’Italia avrebbe il sapore e certificherebbe la natura meramente economica dell’Unione Europea.

Una Unione che non è in grado di essere tale in simili circostanze non è infatti un unione. Una Unione che chiude la borsa quando il terremoto colpisce non è avara, semplicemente non è una Unione tra Stati, non è. Come poi i fondi concessi da Bruxelles verranno gestiti è un’altra questione, e un altro affare.