Tributi Italia aumentava tasse del 20%. Che faranno i sostituti di Equitalia?

di Riccardo Galli
Pubblicato il 5 Ottobre 2012 - 14:50 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Non saranno tutti come Giuseppe Saggese, ma cosa dobbiamo aspettarci dai riscossori privati delle tasse e tributi locali che tra poco si sostituiranno ad Equitalia? Anche se appena posticipato, da gennaio a giugno 2013, manca infatti poco al pensionamento della tanto odiata Equitalia che, da luglio prossimo, non si occuperà più di chiedere, per conto  dei governi locali, soldi agli italiani.

Al suo posto arriverà una pletora di soggetti, dalle grandi banche ai piccoli ragionieri, pronta a gettarsi nell’affare riscossione. Un settore mai in crisi che promette lauti guadagni. Felici per la dipartita di Equitalia finiremo, come purtroppo il caso di Tributi Italia fa temere, dalla più classica delle padelle nella brace?

È di appena poche ore fa la decisione del governo di far slittare di 6 mesi, dal 31 dicembre 2012 al 30 giugno 2013, l’abbandono del servizio che Equitalia svolge da oltre un lustro. Decisione presa non come conseguenza della storiaccia che ha come protagonista Tributi Italia, la società di riscossione che più che per lo Stato avrebbe incassato per sé, ma perché molti, troppi Comuni sono ancora indietro e assolutamente non pronti al passaggio da Equitalia a qualcun altro.

Se 6 mesi dovrebbero essere sufficienti alle varie amministrazioni per prepararsi e scegliere il nuovo partner per la riscossione dei tributi, non sono però sufficienti per non farci temere il peggio. Soprattutto visto quanto le cronache di questi giorni ci stanno raccontando. Tutti abbiamo appreso che Saggese e la sua società, almeno secondo gli inquirenti, dei tributi che riscuotevano ben pochi ne giravano ai Comuni. Oltre alla quota che gli spettava come pagamento per il servizio (il 30%) trattenevano infatti molto di più: l’accusa è che facesse non solo la “cresta” ai Comuni ma anche la festa al contribuente facendogli pagare 120 dove doveva pagare 100.

Circa venti milioni di euro drenati negli anni che hanno consentito a Saggese di fare a lungo la vita comoda, oltre che di auto assegnarsi uno stipendiuccio da oltre 100 mila euro al mese. Di questa simpatica abitudine ne avevamo avuto notizia ma, tra le righe, il Corriere della Sera di oggi (5 ottobre) svela un altro vizietto di Saggese & company: non solo si tenevano parte dei tributi, ma chiedevano ai contribuenti più del dovuto. Scrive Giusi Fasano:

“Sul fronte delle indagini la novità viene dalla scoperta che le cartelle esattoriali sarebbero state falsificate. Gonfiate, per la precisione. Saggese chiedeva al contribuente più del dovuto per avere a sua volta una cifra più alta per sé. Dovevi 100 euro? Lui ne chiedeva 120: così intascava dal Comune la provvigione (30%) sui 100 euro e dall’ignaro di turno quei 20 euro che lui chiedeva in più”.

Dal 1 luglio, con ogni probabilità, non troveremo Saggese e la sua Tributi Italia a bussare alla nostra porta ma, sapendo che al peggio non c’è mai fine, un po’ di preoccupazione nasce spontanea. Anche perché nell’elenco di soggetti papabili per sostituirsi ad Equitalia, circa un centinaio, convivono realtà molto diverse tra loro: dal Monte dei Paschi di Siena sino alla più o meno sconosciuta società nata proprio per tuffarsi in questo nuovo business. Anche in tempi di crisi infatti le tasse e le multe continueranno ad esserci e la loro riscossione, con gli alti aggi, fa comprensibilmente gola a molti. Per entrare in questo “affare” basta poi relativamente poco: fedina penale pulita e da 1 a 3 milioni di euro di capitale societario, a seconda della grandezza dei Comuni nei quali si vuole lavorare.