Tricolore sbattuto in faccia a Isis: missione diga Mosul

di Riccardo Galli
Pubblicato il 16 Dicembre 2015 - 13:14 OLTRE 6 MESI FA
Italia mette gli stivali sul terreno: 450 soldati a Mosul

Italia mette gli stivali sul terreno: 450 soldati a Mosul

ROMA – L’Italia va al fronte. Va in prima linea contro l’Isis. Con relativamente pochi uomini, ma ci va come probabilmente mai c’era andata da quando il mondo uscì dalla seconda guerra mondiale e da quando il nostro Paese varò una Costituzione che ripudiava la guerra in quanto tale, e lo fa andando a sventolare il tricolore di fronte alle bandiere nere del terrorismo. Una notizia ‘bomba’, una breaking news come le chiamano gli addetti ai lavori, finita però tra le cronache di primo ma non di primissimo piano, scalzata da questioni come la morte di Licio Gelli e il crack banche.

“L’Italia invia 450 uomini in una delle aree più calde dell’Iraq: la diga di Mosul, in piena area contesa dall’Isis. Lo ha annunciato il premier Matteo Renzi durante il programma tv Porta a Porta: “L’Italia sarà non sarà solo in Afghanistan, Libia, Kosovo, Iraq ma anche con una operazione importante nella diga di Mosul, nel cuore di un’area pericolosa, che rischia il crollo con la distruzione di Baghdad. Una azienda di Cesena ha vinto questa gara e noi metteremo 450 uomini e metteremo la diga a posto”. La ditta è la Trevi, già in passato attiva in Iraq. Ieri il presidente americano Obama aveva citato l’Italia tra i paesi che hanno deciso di aumentare impegno militare nella lotta comune contro l’Is. A breve giro la comunicazione della missione diga Mosul.  Dall’area si sono appena ritirate centinaia di truppe turche, dopo le proteste del governo di Bagdad all’Onu”.

Questa quella che si definisce la fredda cronaca, cioè il collage dei lanci d’agenzia che tratteggiano la notizia senza l’ambizione di ragionarci sopra. Compito tra l’altro che non spetta e non spetterebbe alle agenzie in questione. Ma anche da questa sintesi fredda saltano agli occhi alcuni elementi, come l’affermazione “in piena area contesa dall’Isis”. E la novità è proprio questa. In Iraq militari italiani sono già presenti e sono lì non da ieri, anzi. Ma sono in territorio iracheno in primis con compiti prevalentemente d’addestramento e, cosa più importante, in zone del paese tranquille, o almeno relativamente tali, come la capitale Baghdad. Per e con i 450 in partenza sarà però tutto molto, molto diverso. A partire dal compito assegnato alla missione che sarà quello di evitare che la diga di Mosul possa entrare nel mirino di terroristi e far sì che i lavori di risistemazione di questa infrastruttura vitale per l’Iraq – a cura della ditta italiana che ha vinto l’appalto – possano partire.

Una missione che solo ad una lettura superficiale può apparire di routine o semplice. La difesa di un’infrastruttura come la diga di Mosul è infatti cosa assolutamente diversa, in parte per la natura stessa della diga e il rischio a questa connessa, ma più per la localizzazione di questa. Mosul è infatti la capitale irachena dello Stato Islamico, città principale di un territorio né tranquillo né tanto meno pacificato. I lettori più attenti ricorderanno anche la storia recente della suddetta diga caduta nelle mani dei jihadisti pochi mesi fa e riconquistata solo grazie all’aiuto dei bombardamenti della coalizione anti-Isis.

Ecco, andare lì, dislocare 450 uomini in quella zona e con quel compito rappresenta quel mettere gli scarponi sul terreno che tanto risulta complesso ai governi europei quanto indigeribile alle opinioni pubbliche che mal sopportano i militari morti lontano da casa. Già, i militari morti, un’eventualità che ovviamente nessuno augura e si augura ma che, in una zona di guerra, assume i contorni della possibilità concreta, molto.

Difendere la diga di Mosul, da cui dipende una cospicua fetta della sicurezza irachena, è la reificazione dell’aiuto concreto promesso ad Obama, e forse anche ad Hollande, e mandare lì i soldati italiani è quel mettere il tricolore in faccia e di fronte alle bandiere nere del terrorismo. Missione diga Mosul è proteggere Baghdad (se fosse fatta saltare la diga, la città sarebbe inondata e poi condannata alla sete), sfidare Isis, mettere gli scarponi sul terreno. E nei giorni scorsi si diceva e scriveva di un’Italia indecisa, di un’Italia anguilla che svicolava…