Ungheria, 98% votanti respinge “invasione” di 1294 profughi

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Ottobre 2016 - 09:43 OLTRE 6 MESI FA
Ungheria, 98% votanti respinge "invasione" di 1294 profughi

Ungheria, 98% votanti respinge “invasione” di 1294 profughi

ROMA – Ungheria, il referendum anti Unione Europea e anti stranieri non è valido perché a votare è andato solo il 43 per cento degli ungheresi, il resto dell’elettorato si è disinteressato e, amiamo credere, anche un po’ vergognato. Vergognato di dover rispondere ad una domanda stampata così sulla scheda: “Volete che l’Europa possa imporre l’insediamento obbligatorio di non ungheresi anche senza il consenso del Parlamento ungherese?”.

Era questa la traduzione su carta dell’accordo europeo, mai rispettato soprattutto dai paesi del patto di Visegrad (Ungheria, Polonia, Cechia, Slovacchia, i tre baltici) per il “ricollocamento”, insomma il dividersi tra tutti i paesi europei appunto il numero e il carico dei profughi extra europei. Era questa la traduzione, confezionata come domanda per sapere se il popolo ungherese vuole che altri comandino in casa sua. Confezionata in maniera che fosse impossibile rispondere con un Sì.

Forse nel 57 per cento di astenuti c’è anche una quota di vergogna o almeno imbarazzo per questa “traduzione” e per la propaganda governativa per il No fatta di cartelloni e slogan secondo i quali gli stranieri portano malattie e sono tutti o quasi terroristi. Forse…

Resta il referendum legalmente non valido. Ma Orban capo del governo se ne frega del mancato quorum e della non validità legale del referendum. E non è vero che il mancato quorum sia per lui una sconfitta. Lo sarebbe per il capo di un governo in un sistema democratico. Ma l’Ungheria proprio un sistema democratico non è più da qualche anno. Ne conserva alcuni aspetti formali ma sotto schiaffo governativo sono stampa, magistratura e per strade e piazze indisturbate talvolta girano squadre di controllo della pubblica obbedienza.

Orban se ne frega e sventolerà in faccia all’Unione europea e soprattutto in patria quel 98 per cento dei votanti al referendum che ha detto No alla “invasione”. Invasione di stranieri che assommava alla incredibile cifra di 1294 profughi assegnati all’Ungheria dalla ripartizione europea appunto. 1294! In Italia ce ne sono qui e adesso circa duecentomila. 1294! Circa uno ogni diecimila ungheresi. 1294! Stanno tutti insieme in una caserma, in una città, anche se stanno tutti nella stessa città, 1294 neanche si vedono.

Per capire, sapere che tempi viviamo vanno pesate e confrontate queste due cifre: 98% per cento dei votanti, circa tre milioni di ungheresi, e 1294 possibili profughi in terra di Ungheria. Respingere come invasione infetta una quota minima e risibile di accoglimenti, respingerla al 98% dei votanti, dà la misura dei tempi. In Europa, sotto la crosta di questa civiltà, scorre una lava capace di incenerirla. Se 1294 possibili profughi su 11 milioni di abitanti scatenano un 98%…

Né può consolare che a ben guardare l’Ungheria abbia una storia che la pone da sempre alla periferia di questa civiltà. Lì mai una vera rivoluzione borghese, mai uno Stato laico e liberale, sempre falliti tentativo di Stato di diritto, sempre minoranza le idee e la cultura tipiche del cosiddetto Occidente dalla Rivoluzione francese in poi. Fermandoci solo al secolo scorso in Ungheria cento anni di nazionalismo, dittature prima fasciste e para fasciste, poi l’occupazione e il regime sovietico.

La democrazia capita quasi per caso in questo paese dopo il crollo dell’Urss e sembra rapidamente evaporare. Come quasi per caso in Occidente, nell’arco etico culturale dell’Occidente, sono altri paesi ex comunisti che dall’oppressione sovietica atterranno sulla terra della democrazia ma stanno rimbalzando altrove. Non consola, anzi. A un passo da noi, nel cuore dell’Europa geografica, in un paese che ha conosciuto i pogrom, le dittature nere e rosse, il 98% dei votanti respinge come invasione infetta 1294 profughi. L’enorme sproporzione tra le due cifre è il varco nella crosta della civiltà che ci fa vedere la lava, ce ne fa sentire il calore ustionate e il tremendo sfrigolio abrasivo.