Italia, modello di economia vecchia, parola di J.P.Morgan

a cura di Salvatore Gatti
Pubblicato il 28 Gennaio 2013 - 07:33| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

Il 2013 nelle previsioni di J.P.Morgan, banca privata leader nei servizi finanziari, una delle più grandi al mondo. L’anno è appena iniziato e tutti si chiedono come finirà e soprattutto se e quando ci sarà la tanto sospirata ripresa: è dal 2009 che se ne parla, ma elude, sfugge, ci sarà ma non c’è, più inafferrabile della fenice.

Secondo uno studio, prodotto da J.P.Morgan e intitolato “Prospettive per il 2013”, a cura di Michael Cembalest, “chairman of market and investment strategy”,

“ l’economia globale continua a galleggiare, con notizie migliori da Cina e Usa rispetto alla Europa e con gli indicatori anticipatori che sottolineano una maggiore attività nel settore dei servizi rispetto al settore manifatturiero”

ma

“nel complesso, il 2013 sembra essere un altro anno in cui i mercati produrranno rendimenti superiori a quanto sarebbe lecito presumere in base alle sole condizioni di crescita economica”.

Pubblico alcuni estratti dello studio:

“Non è esagerato dire che siamo nel mezzo del più grande esperimento di politica monetaria degli ultimi 300 anni: negli Usa, in Europa, in Giappone e nel Regno Unito, le amministrazioni pubbliche utilizzano il 75 per cento di tutti i finanziamenti erogati mentre le banche centrali forniscono il 60 per cento di tutti i finanziamenti, percentuali mai viste (né sentite) prima. Un segno dei tempi che cambiano è la grande importanza attribuita alla politica monetaria nelle recenti elezioni in Giappone, dove gli elettori hanno dato una vittoria decisiva al partito che ha incentrato la sua campagna sulla necessità di costringere la banca centrale ad espandere la base monetaria. Le banche centrali sembrano determinate a far salire il valore degli investimenti finanziari nella speranza che tali apprezzamenti si riversino sull’economia e ne stimolino la crescita.

“Per quanto riguarda il fiscal cliff, è ormai da tre anni che [si scrive] della scomparsa di un centro politico negli Stati Uniti e di una polarizzazione ai massimi storici sin dall’epoca della ricostruzione, nel periodo successivo alla Guerra Civile. Ma persino gli osservatori più cinici come non avevano previsto quanto fosse difficile trovare un accordo sul fiscal cliff: lo Speaker of the House è stato infatti costretto a dividere il caucus repubblicano e presentare una proposta che è stata respinta dalla maggioranza dei membri del suo partito. In extremis, il Congresso ha di fatto eliminato due terzi delle misure di austerità previste per il 2013, abrogando gran parte degli aumenti delle imposte, dei tagli alla spesa ed aumentando le tasse solo per i ricchi. Disinnescare la bomba del fiscal cliff significa eliminare le barriere della crescita per il 2013, tuttavia gli aumenti delle tasse per gli scaglioni di reddito più alti incidono in misura marginale sul deficit, e il debito federale sta raggiungendo livelli che non si verificavano dalla seconda guerra mondiale. Come disse una volta Walt Kelly, creatore della striscia a fumetti Pogo, ” Abbiamo incontrato il nemico e il nemico siamo noi”.

“La spesa sanitaria e sociale si sta gradualmente sostituendo agli esborsi per la ricerca e lo sviluppo del settore energetico, per l’ istruzione, per le riqualifiche dei lavoratori e per le infrastrutture. le posizioni sono chiare: i Democratici non reputano insostenibili i conti relativi alla spesa sanitaria e sociale, continuando invano ad attuare sufficienti aumenti delle tasse per potervi far fronte.; i repubblicani, per contro, ricercano una copertura politica per ridimensionare i programmi sociali ed essere comunque eletti. Tra tutti i consigli dati dai fondatori del Paese, forse nessuno è stato dimenticato quanto il monito di George Washington durante il suo discorso di addio: è importante massimizzare il credito pubblico, preservarlo usandolo il meno possibile, e “non dare ai posteri l’onere che noi stessi abbiamo di mantenerlo”

***.

“Le sfide. Alcuni temi all’ordine del giorno: le implicazioni socio-economiche e politiche della crisi occupazionale europea; l’eccesso di debito che continua a pesare sull’economia spagnola, anche dopo gli aiuti della Bce; il crescente divario economico tra Francia e Germania; il calo delle importazioni in Europa . Il bilancio dei paesi dell’Ocse è in condizioni difficili e se la crescita non riprende più rapidamente , ad un certo punto l’austerità sul settore privato si inasprirà. Il fiscal cliff negli Usa, per quanto possa essere rinviato, non può scomparire con un tocco di bacchetta magica.

“L’atmosfera politica sembra suggerire che saranno aumentate le tasse per finanziare il welfare anziché limitare quest’ultimo per minimizzare le prime. Il settore privato Usa mostra segni di vita, ma i salari sono bassi, quindi un’eccessiva austerità può influenzare negativamente sui consumi. In Cina, senza la continua espansione del credito e degli investimenti, i tassi di crescita scenderanno probabilmente al 7-8 per cento. Il Giappone è in condizioni pessime, mentre cerca di affrontare la fine dell’era del surplus delle partite correnti cominciata nel 1965 e il monumentale debito pubblico.

“Le banche centrali dovrebbero continuare a tenere basso il costo del denaro, ma il beneficio di tale stimolo al settore manifatturiero si sta affievolendo. Infine, c’è la questione dell’Iran, dove l’arricchimento dell’uranio procede imperterrito nonostante le devastanti sanzioni economiche. Henry Kissinger ha scritto di recente che questo problema dovrebbe essere al primo posto sull’agenda della politica estera del Presidente e non è difficile capirne il perché: il 2013 sarà l’anno in cui l’Iran avrà uranio arricchito in misura sufficiente a costruire un’arma nucleare.

“Le difese. L’espansione della base monetaria da parte dalle banche centrali. Questa operazione ha abbassato il costo del credito e, nel caso dell’Europa, ha rinviato sine die il rischio di insolvenza sovrana e delle banche. Negli anni Settanta, la politica monetaria era troppo accomodante e diede vita a un problema di inflazione, poiché non c’era molta capacità produttiva in eccesso. A giudicare dall’ “output gap”, ora vi è molta capacità in eccesso e l’inflazione è bassa, permettendo alle banche centrali di proseguire su questa rotta. Di conseguenza, mentre i livelli del debito pubblico sono alti , il costo di tale debito non lo è.

“Poi c’è la ripresa del mercato immobiliare Usa, che è indubbia; tuttavia quello che viene dibattuto è l’effetto moltiplicatore. I consumi nei paesi emergenti tengono il passo, nonostante un rallentamento della produzione in tali aree, conferma di un rialzo dei redditi delle famiglie. Il dibattito sulla “morte delle azioni” sembra fuori luogo, dato lo stato di salute dei flussi di cassa aziendali; i tassi di crescita dei dividendi sono ai massimi livelli da sessant’anni a questa parte. Per quanto riguarda le valutazioni, un approccio basato sui tassi di interesse indica che le azioni sono ancora a buon mercato. Poi c’è il boom del gas naturale, che aiuta a rinviare nel futuro il problema dell’esaurimento energetico, il cosiddetto “peak energy problem”, specialmente in Paesi ricchi di gas come gli Usa. Una delle “spinte” più importanti alla difesa viene data dall’ l’abbondanza di liquidità di aziende e famiglie, che riflettono cautela per il futuro e molto potere d’acquisto. Con l’approssimarsi della fine del 2012, tali saldi di cassa sono stati finalmente ridotti e messi al lavoro sotto forma di spesa per consumi, dividendi più elevati e acquisizioni aziendali.

“L’unico aspetto negativo è rappresentato dal rallentamento della spesa per investimenti e da un peggioramento del sentiment negli USA. Si tratta di una conseguenza della debolezza in Asia e in Europa, ma anche dei timori sul fiscal cliff. Ormai tutti sanno che l’austerità imposta per legge negli USA è rilevante e che questa austerità dovrà essere ridotta per evitare una recessione. Però, indipendentemente da come si affronta la questione del fiscal cliff, il futuro immediato degli Usa è ancora caratterizzato da dinamiche di bilancio problematiche. Il ruolo di nazione che batte la moneta che il mondo utilizza come valuta di riserva da agli Usa un certo spazio di manovra, ma i dibattiti di Washington indicano che si è consapevoli dell’esigenza di fare qualcosa in tempi brevi. Per portare il debito al 70 per cento del prodotto interno lordo è necessario ridurre il deficit (aumento delle tasse, taglio della spesa) di circa 4000 miliardi di dollari in 10 anni. Negli anni Cinquanta gli USA hanno evitato un approccio di questo tipo e si sono affidati prevalentemente a una programmazione a favore della crescita, ma al momento le tendenze politiche rendono poco probabile questa opzione.

“Europa: il salvataggio del mercato dei capitali è ormai a regime, ma ci sono meno segnali di miglioramento sul campo .

“Proviamo a fare un viaggio sulle strade europee per conto della Cancelliera Merkel, al fine di valutare le condizioni economiche del Vecchio continente. Partiamo da Berlino:

• il tasso di crescita della Germania sta scendendo a + 1%. Ciò non è del tutto catastrofico e gli ultimi dati pubblicati non mostrano ulteriori cali, ma la Germania è il puntello dell’Europa e il suo debito è già l’80% del prodotto interno lordo. Prendiamo la A2 e dirigiamoci verso sud-ovest, a Parigi.

• La Francia è in fase di stallo, rendendo più difficile il compito del Paese di mantenere il suo paradiso dei lavoratori, con il divario con la Germania in termini di impiego ed esportazioni che si fa sempre più ampio. Fino a questo momento le imprese hanno mostrato maggior pessimismo dei consumatori nei confronti di Hollande. Prendiamo la A10 verso sud per andare a Madrid.

• Dal 1850, in Spagna l’unico periodo quinquennale di crescita più debole di quello attuale è stato registrato durante la guerra civile. Il miglioramento delle partite correnti è un falso segnale, dato che la disoccupazione è al 25 per cento e la Spagna è in recessione; basta guardare al dato rettificato per il ciclo. I crediti deteriorati delle banche aumentano ancora, i prezzi delle abitazioni stanno ancora scendendo. Andiamo verso est sulla A8, direzione Roma.

Italia; non ha avuto una crisi immobiliare e le sue banche non se la passano tanto male, ma il debito pubblico è prossimo al picco post-unitario e richiede costantemente bilanci in avanzo. Se non fosse per il Giappone, l’Italia verrebbe presa a modello come esempio di economia che invecchia, eccessivamente indebitata e a bassa crescita. Prendiamo il traghetto che da Brindisi ci porta a Igoumenitsa e da li ci rechiamo verso sud-est sulla E90, verso Atene.

• Il declino del prodotto interno lordo della Grecia è uno degli episodi peggiori del dopoguerra, superato solo dal crollo del comunismo sovietico e dalle guerre, anche civili . Il rapporto debito-Pil della Grecia è del 170%, dopo la ristrutturazione del debito accettata da parte del settore privato (l’obiettivo del 120% è per il 2022. Dirigiamoci a nord, verso Berlino, sulla E75 e presentiamoci a rapporto della signora Merkel.

Una volta arrivati alla presenza del Cancelliere, spieghiamo che l’Europa può avere un tasso di crescita pari a 0 nel 2013, dopo una lieve recessione nel 2012, che la disoccupazione nella periferia ha raggiunto il 18% e tende a salire e che le tensioni sociali stanno portando voti a partiti estremisti .Perlomeno l’austerità di bilancio ha raggiunto il picco nel 2012,e probabilmente verrà allentata nel 2013. La Signora Merkel, che è enormemente gioviale, non è felice! A Berlino capiscono benissimo i rischi, ecco perché hanno ceduto su molti punti (espansione della Bce, prestiti bilaterali, obiettivi di bilancio meno rigorosi eccetera ).

“ Dal discorso di Draghi del luglio scorso, le azioni sono in rialzo, gli spread europei si sono ridotti, la quantità di depositi e di titoli di stato spagnoli e italiani nei portafogli di investitori esteri si è stabilizzata, le banche della periferia possono essere ancora una volta emettere titoli di debito e la Spagna ha ridotto leggermente i finanziamenti ottenuti dalla Bce (c54). Rispetto a Draghi, solo le Tre Streghe del Macbeth hanno prodotto un incantesimo cosi diffuso e portentoso.

“Cosa ci aspetta? L’Europa ha creato una rete di sicurezza per i depositi nazionali e stranieri, per gli obbligazionisti e per i finanziatori, tale da ridurre l’impatto del continente sui mercati globali. Tuttavia il calo dell’occupazione è 4 volte più alto (rispetto alla popolazione in generale) per i giovani spagnoli al di sotto dei 25 anni e questo dato è anche peggiore in Italia, Portogallo e Grecia. Se il tessuto sociale riesce a reggere, l’Europa può farcela, ma ci vorrebbe un ulteriore declino dei salari o incremento di produttività relativo di almeno il 30 per cento in Francia e Spagna per eliminare il differenziale di competitività, l’Europa sta percorrendo la strada meno battuta e resta comunque un esperimento economico e sociale di altissimo livello.

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“Mercati emergenti: la Cina mostra ancora un andamento positivo nel 2013 e il resto dell’Asia riprende a crescere.

“Secondo le previsioni di consenso, la Cina crescerà di circa l’8,5 per cento. In base alla nostra analisi di indicatori sotto costante monitoraggio, tale obiettivo sembra verosimile, specialmente alla luce della capacità della Cina di spendere senza preoccuparsi di debito o di deficit eccessivi. Lo stesso vale per il resto dei mercati emergenti asiatici, rispetto alle economie sviluppate. Possiamo discutere della qualità della crescita cinese; la spesa per investimenti, ad esempio, sembra essere trainata sempre più dagli incentivi del governo che non dal settore privato.

“Tuttavia, lo slancio economico della Cina nel 2013 dovrebbe essere positivo piuttosto che negativo, dato che la produzione, la domanda e il settore immobiliare (cubature disponibili, prezzi, investimenti immobiliari) evidenziano tutti segnali di miglioramento. Un timore che nutriamo è nei confronti del resto dell’Asia emergente, dove la produzione industriale stagna da due anni, mentre la manifattura cinese continua a salire. Le esportazioni di Corea, Singapore e Taiwan si sono riprese di recente, ma non di molto.

“Ci aspettiamo dati migliori nei Paesi emergenti dell’Asia nel 2013, in parte come conseguenza delle aspettative di un ribasso dei tassi di interesse. Lo stesso vale per il Brasile, dove la Banca centrale continua a ridurre i tassi di riferimento. Sia le esportazioni che la produzione industriale del Brasile si stanno finalmente stabilizzando. D’altro canto, non vediamo grossi miglioramenti della domanda europea per le esportazioni asiatiche o dell’America Latina, che ultimamente sono crollate. Come nel 2011 e nel 2012, un aumento dell’inflazione rappresenta un rischio per la regione, perché costringerebbe le Banche centrali ad alzare di nuovo i tassi di interesse”. E non solo in quella regione.