Assenteismo, la Corte dei Conti e il valore della legalità

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 5 Maggio 2014 - 15:26 OLTRE 6 MESI FA

Assenteismo, la Corte dei Conti e il valore della legalitàROMA – Salvatore Sfrecola sul suo blog “un sogno italiano” ha scritto questo articolo:

In tempi di contrasti agli sprechi, doveroso impegno della politica e delle pubbliche amministrazioni, ogni “notizia” che dia conto di risorse male utilizzate trova ampio risalto nelle pagine dei giornali e delle trasmissioni televisive. Spesso alla ricerca del fatto sensazionale, anche per placare l’ira della gente in un momento difficile della società italiana squassata da una crisi profonda che denuncia riduzione della produzione, dei consumi e del lavoro.

Cosa di meglio, dunque, che dare in pasto all’opinione pubblica numeri e dati sull’assenteismo di pubblici dipendenti, inteso come assenza dall’ufficio che si presume illecita? In tempi di mancanza di lavoro la denuncia di illeciti tra chi ha un posto fisso indigna giustamente la gente. E ancor di più se la segnalazione del caso riguarda l’Istituzione che ha compito di vigilare sulla spendita di denaro pubblico, quella Corte dei conti invisa ai politici di tutte le parti politiche che da sempre mal sopportano il controllo di legalità e, soprattutto, guardano con fastidio a quella funzione della Corte giudice della responsabilità per danno erariale che, quando accertato, comporta il risarcimento del pregiudizio recato con dolo o colpa grave alla finanza o al patrimonio degli enti pubblici. Dolo o colpa grave, mica robetta, irregolarità formali, come spesso si sente ripetere, ma danno, inteso come maggiore spesa pubblica per acquisti non dovuti, effettuati a costi superiori al previsto, per opere male eseguite e via enumerando, come ben sanno i cittadini che osservano. Sprechi che il più delle volte nascondono fatti di corruzione.

La Corte è, dunque, sotto tiro, da sempre e anche in questo momento storico. Dunque, tornando all’assenteismo, di quello “presunto” dei dipendenti della Corte dei conti si sono occupati l’Espresso e Repubblica con un pezzo a firma G. M. del 28 scorso, al quale altri mezzi d’informazione hanno fornito adeguato risalto.

Il titolo è di quelli che attirano l’attenzione e rimangono nella mente al di là del contenuto dell’articolo: Sprechi – Corte dei Conti, assenteismo da record -L’organo che giudica gli sprechi degli enti pubblici ha un problema con la gestione di ferie e malattie. Con un dipendente su tre che, in media, non si reca sul posto di lavoro

Ed ecco il testo: “Giudica gli sprechi pubblici e il corretto impiego delle risorse, ma la Corte dei conti non riesce a frenare l’assenteismo al suo interno. I dati su ferie e malattie certificano infatti che un terzo degli uffici (in media d’anno 20 su 64) supera la soglia del 30 per cento di assenze mensili.

A gennaio (ultimi dati resi pubblici), l’hanno oltrepassata 24 uffici: due addirittura toccando quota 41 per cento di mancate presenze. Se, poi, si torna indietro, a dicembre si scopre che gli impiegati dell’ufficio che fa formazione al personale hanno lavorato in media solo 4 giorni su 10.

E una sbirciata ai dati dell’estate scorsa consente di appurare che 34 uffici hanno avuto un tasso di assenteismo oltre il 30 per cento, con le due segreterie delle sezioni giurisdizionali d’appello (motori della Corte) che hanno totalizzato, rispettivamente, il 46 e il 41,4 per cento di assenze”.

Il giornale ha ricevuto anche una precisazione da parte di un magistrato di grande valore, il dottor Ignazio de Marco, fino al 31 gennaio presidente della Sezione Terza Centrale d’appello, un record, questo sì, di lavoro, sentenze, ordinanze e decreti, tra l’altro impegnata nei mesi scorsi nella definizione di quelle liquidazioni agevolate del debito erariale voluto dal Governo Letta per coprire gli oneri della riduzione dell’IMU. Per il quale i condannati in primo grado se la sono cavata in appello pagando una piccola somma 20-30% di quella stabilita dai primi giudici.

Ecco la lettera di precisazioni:

Gentile Direttore,

mi consenta ospitalità per brevi precisazioni al recente articolo su Espresso/Repubblica del 28 aprile u.s., a firma G.M., che parla di assenteismo record alla Corte dei conti.

Tralascio l’imprecisione del termine (assenteismo ha un significato,assenza un altro, non presenza un altro ancora) e osservo che la sbirciata ai dati dell’estate scorsa riguarda le percentuali di assenze solo del mese di giugno 2013 senza specificare di quale Sezione si tratta. Ho l’obbligo di rappresentare che la Sezione 3^ giurisdizionale centrale di appello – da me presieduta fino al 31 gennaio 2014 – ha registrato la più bassa percentuale del 26,49 % e così è stato in tutti gli altri mesi dell’anno anche se le percentuali salgono, come è naturale, in luglio e agosto (tradizionali mesi di ferie).

Spiace che l’articolista non abbia considerato che le assenze sono dovute quasi esclusivamente a: ferie, riposo compensativo, part time, malattie certificate, congedi parentali, ecc.

E’ il caso di ritenerlo assenteismo?

Cordiali saluti

Ignazio de Marco

Fin qui la cronaca. Nessuno che si possa sfilare dai controlli e meno che meno l’organo cui la Costituzione, ma direi la storia del nostro Stato, dall’unità d’Italia, affida il compito di vigilare sulla finanza pubblica, sul denaro, occorre sempre ricordarlo, che i cittadini italiani con persone sacrificio giorno dopo giorno mettono a disposizione del potere pubblico corrispondendo all’erario imposte tasse e contributi vari. Denaro pubblico che un tempo, senza andare all’erarium populi romani, era circondato da un’aura di sacralità sicché a nessuna pubblica autorità era consentito non rendere il conto della gestione del denaro affidato alle proprie cure. Ugualmente dei beni patrimoniali alla cui costituzione ha concorso il sacrificio di milioni di italiani che nel corso dei secoli sono stati soggetti alle gabelle dei regni, delle signorie e dei comuni poi entrati a far parte nel 1861 nel Regno d’Italia . Si pensi ai palazzi del potere, alle fortezze, alle caserme, ai musei ed ai beni artistici ivi conservati.

Su questo immenso patrimonio pubblico hanno vigilato nel corso dei secoli organismi di controllo interno e Camere o Corti dei conti. E da quando nello Stato unitario queste funzioni sono state assunte dalla Ragioneria Generale dello Stato e dalla Corte dei conti i governanti hanno prestato costantemente ossequio alle indicazioni che provenivano da queste istituzioni, con atteggiamento diverso, a seconda del senso dello Stato che essi erano in condizione, per cultura e formazione politica, di esprimere. Non tutti ovviamente come Camillo Benso di Cavour, che sosteneva la necessità che il controllo fosse affidato ad un magistrato indipendente, o Quintino Sella che invitava i magistrati della Corte dei conti ad esercitare col massimo impegno il loro controllo per darne conto al Parlamento. Si dice che perfino Benito Mussolini, che delle regole della libertà aveva fatto strame, tenesse in debito conto le osservazioni della Ragionerie Generale e della Corte dei conti. Molti altri hanno borbottato e borbottano quando la Corte dei conti richiama al rispetto delle regole. Spesso sono i collaboratori dei potenti a sentire il fastidio dei controlli. Così non facendo un buon ufficio a Presidenti del Consiglio, Ministri, Presidenti e Sindaci che sarebbe meglio guidare sulla via, a volte difficile ma certamente proficua, della legalità.