Magistrati e ferie: corporazione vera i politici, partecipate locali la prova

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 12 Settembre 2014 - 13:50 OLTRE 6 MESI FA
Magistrati e ferie: corporazione vera i politici, partecipate locali la prova

La riduzione delle ferie dei magistrati è tra gli obiettivi del Governo Renzi

Salvatore Sfrecola ha pubblicato questo articolo anche sul blog Un Sogno italiano con il titolo Realtà e fantasia delle  ferie dei magistrati.

In un Paese ad alto tasso di illegalità, attestato dai 200 miliardi di evasione fiscale annui, da una sessantina di miliardi di corruzione, sempre annui, e da altrettanti miliardi di sprechi, mentre il Prodotto Interno Lordo si arricchisce dell’apporto delle attività criminali, droga e prostituzione, tanto per indicare i fattori più rilevanti, il mondo politico, la stampa ed i frequentatori di Twitter dibattono delle ferie dei magistrati che il governo intende ridurre, contemporaneamente accorciando i termini di sospensione feriale oggi previsti in 45 giorni, dal 1 agosto al 15 settembre, portandoli a 30.
Cominciamo col dire che la sospensione feriale consente agli operatori giudiziari, in particolare agli avvocati, un periodo di serenità in quanto i termini che scadessero in quel lasso di tempo sarebbero prorogati al 15 settembre. Questo non incide sull’andamento dell’attività obbligatoria dei tribunali i quali rimangono aperti anche ad agosto, per le procedure cautelari, per i procedimenti che riguardano detenuti e per tutte le altre attività che hanno un carattere di urgenza.
Si ha l’impressione che si sia fatta confusione tra questo periodo di sospensione dei termini, che riguarda tutta l’attività giudiziaria, con le esclusioni di cui si è detto, e le ferie dei magistrati per il fatto che c’è coincidenza attualmente tra i due periodi dal punto di vista quantitativo.

Infatti l’articolo 276, comma 3, dell’ordinamento Giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1901, n. 12, secondo il quale “ai magistrati dell’ordine giudiziario sono applicabili le disposizioni generali relative agli impiegati civili dello Stato…” è stato integrato dalla legge 96 del 2 aprile 1979 con questa disposizione “i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di 45 giorni”.
Una prima osservazione. La norma riguarda i magistrati “che esercitano funzioni giudiziarie”, quindi non quelli che sono, ad esempio, al Ministero che hanno il trattamento dei dirigenti.
Va detto che i magistrati nel periodo di sospensione feriale, quello che come ho detto va dal 1 agosto al 15 settembre, sono tenuti a depositare gli atti, le sentenze e le ordinanze, decisi in precedenza, che vanno depositati entro un periodo stabilito dall’ordinamento secondo il tipo di atto e quindi per loro non c’è sospensione.

Queste ferie, di 45 giorni, che sembrano lunghe in realtà non sono molto diverse da quelle degli altri impiegati dello Stato per i quali il congedo ordinario è di 30 giorni, dai quali vanno dedotte le domeniche e aggiunte le sei giornate che corrispondono alle “festività soppresse”.

Pertanto 30 + 4 + 6 fa 40. Se il periodo include agosto e consideriamo la festività dell’Assunta siamo a 41.

Per i magistrati invece non è previsto, proprio in ragione dello speciale regime, il calcolo delle giornate festive, né sono aggiunte le festività soppresse. La norma è chiarissima.
Tutto questo per dire che stiamo parlando di un problema di poco conto, che certamente non influisce sull’andamento della giustizia.
Aggiungo che, come molti magistrati, non ho mai fruito di questo periodo nella sua interezza ed io, come la maggior parte dei colleghi, mi sono molto spesso ritrovato la domenica o i giorni festivi a scrivere. Inevitabilmente litigando con moglie e figli.
Con questa ultima osservazione vorrei dire che il lavoro del magistrato ha caratteristiche tipiche, che vanno tenute presenti. Non è un problema di confronto con altre categorie, ma non va trascurata questa tipicità di un lavoro deciso spesso collegialmente ma poi messo a punto in modo solitario, prima e dopo l’udienza, prevalentemente a casa con un approfondimento della fascicolo processuale alla luce della giurisprudenza e della dottrina che spesso costituiscono un impegno gravoso, dal punto di vista tecnico professionale, coinvolgendo anche questioni di coscienza.
Ricordo che un collega mi diceva che era sua abitudine, dopo aver scritto una sentenza, farsi una passeggiata in un luogo appartato per riflettere sulla decisione che aveva adottato e su quello che aveva scritto.
Un lavoro delicato, difficile, come quello di rendere giustizia che comporta spesso una faticosa elaborazione di norme giuridiche e di orientamenti giurisprudenziali non sempre consolidati, a fronte del quale, proprio per la delicatezza del ruolo, è stato sempre riconosciuto un trattamento economico che non è il “mega stipendio” di cui parla Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, perché nettamente inferiore a quello percepito da molti dirigenti dello Stato i quali, tra l’altro, hanno sempre goduto di accessori importanti come incaricati di rappresentare la propria amministrazione in enti e società pubbliche. Laddove ai compensi per i gettoni di presenza et similia si sono aggiunti altri vantaggi, molto più concreti, come la sistemazione di figli e nipoti, non sempre a seguito di procedure concorsuali.
È certo che nelle critiche ad alcuni aspetti della riforma varata dal governo, peraltro ancora misteriosa, aver inserito anche una protesta sotto il profilo del numero dei giorni di ferie è stato per l’associazione Nazionale Magistrati un errore, scusabile solamente per il fatto che evidentemente, come ho già detto, a Palazzo Chigi si è confuso periodo di sospensione feriale, che interessa soprattutto gli avvocati, con le ferie dei magistrati.
Per concludere voglio riprendere una frase dell’articolo di Battista che prima ho citato.

Quando afferma che “la forza di un governo “decisionista” dovrebbe essere quella di non piegarsi ai veti di una corporazione, che va certamente ascoltata, ma non temuta” Battista dice una ovvietà sconcertante per un giornalista navigato anche se, ad onta di quel che appare, non è proprio quella dei magistrati la corporazione che conta, come dimostra il fatto che, partito in quarta per ridurre le società degli enti locali, il governo non ne ha fatto nulla, come non ha toccato altri santuari, tra l’altro implementando i poteri dei consiglieri regionali attraverso quella assurda riforma del Senato che ha trasformato la più antica istituzione parlamentare in un dopolavoro di esponenti della politica regionale, che non avranno una indennità specifica, se si escludono i costi di viaggio, alloggio e segreteria quando dalla periferia si recano a Roma.