Miracolo, la Madonna della Guardia 10 anni fa mi salvò. E ci credo

di Sergio Carli
Pubblicato il 23 Agosto 2020 - 11:07| Aggiornato il 24 Agosto 2020 OLTRE 6 MESI FA

Sono stato beneficiario di un miracolo. Sono passati 10 anni.

Miracolo. Accadde esattamente dieci anni fa. Uno potrebbe anche pensare che si è trattato di un mero caso di fortuna o anche del pronto riflesso di un ex marinaio d’assalto e forse è proprio andata così.

Può avere ragione il sacerdote controcorrente Paolo Farinella. Sostiene che si tratta di miti da estirpare. Non arriva a dire una amara verità. Che forse la Madonna della Guardia è stata rubata ai marsigliesi, nei primi secoli del secondo millennio.  Sopra Marsiglia domina il santuario di Notre Dame de la Garde. Risale al ‘200. L’apparizione della Madonna della Guardia al pastore Benedetto Pareto è fissata al 1490.

In quei secoli i genovesi avevano intensi rapporti commerciali con Marsiglia. Spesso erano vere e proprie aggressioni. In gioco era il predominio nel traffico dall’Oriente alla Francia e al Nord Europa. E anche verso la Spagna, dove i genovesi avevano ambizioni politiche e commerciali. Il porto di Marsiglia era stato raso dai saraceni due volte nel nono secolo, lasciando a Genova, fino ad allora marginale e più lontana dalle basi delle incursioni islamiche, il monopolio.

Proprio poco dopo il Mille i genovesi cominciavano a guardare a Ovest, verso Provenza e Spagna. Davano ogni tanto una botta a Marsiglia. Notre Dame de la Garde fu probabilmente una ispirazione.

Ma ogni miracolo è una realtà. E poi che importano le supposizioni storiche rispetto alla devozione popolare?

Notre Dame de la Garde e i marinai francesi

La devozione dei marsigliesi e dei marinai francesi alla loro Dame de la Garde è pari a quella dei genovesi alla loro Madonna della Guardia. Ed è qualcosa di inestirpabile, di profondo, di essenzialmente popolare. Tale da fare apparire le razionali tesi di Farinella frutto di un livore non degno di un parroco genovese.

Racconta Paul Barras nelle sue memorie un episodio molto illuminante. Barras fu un protagonista della Rivoluzione francese. Fu lui che mise in pista Napoleone, della cui amata Josephine era stato amante. Fu anche un gran ladrone. In missione in provincia, faceva arrestare e ghigliottinare come controrivoluzionari coloro dei cui beni si voleva impadronire. Robespierre voleva fare pulizia e Barras giocò d’anticipo. Con altri furfanti pari a lui mise fuori gioco Robespierre. Uscì di scena con l’ascesa di Napoleone. I francesi non amano parlarne, non aumenta la grandeur rivoluzionaria.

Prima di aderire alla Rivoluzione, Barras aveva fatto un viaggio in India via nave. All’altezza delle Maldive il veliero di Barras naufragò su una scogliera. I marinai, prima di andare a fondo, si raccomandarono a Notre Dame de la Garde. Che fece il miracolo e li ispirò a costruire una zattera con cui raggiungere la terraferma.

Eventi quasi disperati: ma avviene il miracolo

La potenza delle due Madonne, quella marsigliese e quella genovese, si manifesta al meglio in eventi dall’esito quasi disperato, dai naufragi al crollo del ponte Morandi. La visita al grande locale del santuario genovese dove sono esposti gli ex voto dei miracoli raccolti negli ultimi due secoli è una esperienza emozionante, commovente e indimenticabile. Farebbe bene Farinella a andarci e meditare  sulla profondità dei sentimenti di noi popolo. Farebbe una cosa di sinistra.

Il miracolo e le circostanze che mi riguardano sono state tali da obbligarmi a raccontare i fatti, lasciandone poi la valutazione all’incauto che vorrà avventurarsi nella lettura.

Sono cresciuto all’ombra della croce di San Giorgio, del Grifone rossoblu, del mito un po’ terrorizzante dei portuali, di Guido Coppini e Piero Ottone in campo giornalistico. In campo religioso, del cardinal Siri, del Bambino di Praga e della Madonna della Guardia.

Nella mia cameretta di bambino, un lunino elettrico onorava giorno e notte una statuetta di ferro della Madonna della Guardia.

I miti fanno parte della nostra identità, a prescindere se per noi siano positivi o negativi. 

Non dimentichiamo il bambino di Praga

Anche se al Bambino di Praga è stato dedicato un imponente santuario sulle alture di Arenzano, la sua origine ispanico– praghese lo rende più internazionale. Frequentano il santuario importanti giornalisti milanesi, comitive di fedeli francesi, gruppi di filippini che ritrovano sulle sponde del Mar Ligure aria di casa. A Cebu, nelle Filippine, sorge proprio sulla spiaggia una bellissime chiesa dedicata proprio a lui, al Nino. Anche lui è potente col miracolo.

La Madonna della Guardia è invece una icona tutta genovese, anzi è onorata solo nel territorio della fu Repubblica marinara, che include anche parte del basso Piemonte, con chiese a lei dedicate a Gavi e Tortona. Il culto è esteso anche in Argentina, per tutti i genovesi che vi sono emigrati, e anche a Roma, nella chiesa di San Giovanni dei genovesi, dominata da una grande statua dell’apparizione.

Un culto popolare

Quello della Madonna della Guardia è un culto popolare, radicato. Una squadra di calcio locale che vince un campionato si affretta a ringraziare andando “a piedi alla Guardia”. Ha compiuto il miracolo anche quest’anno. Decine, centinaia di marinai, nei secoli passati,tenevano come ultima implorazione il pensiero a questa Madonna, quando la loro nave naufragava. 

Probabilmente fu la sua forza popolare a imporlo alla Chiesa ufficiale, che per secoli aveva preferito il santuario di Nostra signora della Vittoria, a Mignanego, non senza ragione. Celebrava la vittoria conseguita il 10 maggio 1625 da pochi soldati della Repubblica, affiancati da volontari della Valpolcevera, guidati dal parroco di Montanesi, su un esercito franco-savoiardo comandato dal duca Carlo Emanuele I di Savoia e forte oltre 8.000 uomini, una specie di Termopili genovesi.

Ma per la gente comune i valori sono diversi e la devozione per la Madonna della Guardia crebbe al punto da conquistare anche un futuro Papa, Giacomo della Chiesa, poi Benedetto XV, che fece costruire l’attuale mega santuario e anche una nicchia con statua nei giardini vaticani.

Cosa c’entra tutto questo col mio miracolo? Ancora poche righe di pazienza.

Il racconto di un miracolo

È il 2010. Vado in Liguria a trovare i miei per ferragosto e mi viene voglia di riandare a vedere le icone della mia infanzia. Piccolo pellegrinaggio della memoria, prima ad Arenzano, poi alla Guardia.

I tempi cambiano: una volta c’era una funivia che portava alla Guardia e l’atmosfera era festosa, come in genere nelle feste religiose che erano una delle poche occasioni per la povera gente per uscire dalla routine della fatica.

Fatto è che mentre mi arrampico per la ripida strada che dal livello del mare porta lassù a 800 metri sbaglio e mi trovo davanti a una cappella fresca di intonaco ma chiusa. Vicino c’è una casa  appena ristrutturata e a un grande orto rigoglioso. Scopro che la cappella ricorda la seconda apparizione della Madonna, di cui non sapevo proprio nulla, essendo la prima avvenuta pochi giorni avanti, il 29 agosto 1490, lassù proprio in cima al monte.

Onorato della attenzione della Madonna fu in entrambi i casi un pastore locale, Benedetto Pareto, oggi beato. L’immagine è inconfondibile e l’iconografia è abbastanza la stessa sempre. Pareto appare inginocchiato, con cappello in mano, le sue pecore distratte attorno. Pareto porta una giacca che potrebbe essere da pastore o da intellettuale anni ‘60, fustagno o velluto marrone, ha il cranio pelato, circondato da una corona di capelli bianchi e lunghi. Colpisce perché Benedetto Pareto stacca un po’ dalla tradizione giovanilistica delle apparizioni.

Lui invece, dice la storia, ha anche due figli, ai quali riferisce che la Madonna gli ha ordinato di costruire una chiesa proprio lassù, in cima al monte e leggendo le evoluzioni successive, in cui la storia del santuario si intreccia anche con quella degli interessi personali di più generazioni di Pareto, qualche dubbio frulla nella testa del cronista devoto del dubbio metodico.

Però ecco che a questo punto la storia si intreccia anche con quella mia personale. La cappella della seconda apparizione ricorda che pochi giorni dopo la prima apparizione, Pareto era nel suo giardino ed era salito su un fico, i cui frutti (lo so, sono infruttescenze…) proprio in questi giorni di fine agosto conoscono i momenti migliori.

Il fico è traditore

Il fico è traditore e arrampicarvicisi è imprudente e puntualmente Pareto fracassò al suolo, molto mal ridotto. Arrivò la Madonna che miracolosamente lo guarì, ma non mancò l’occasione per ricordare a quel renitente fedele che voleva una chiesa e così ora ce ne sono tre: una, diventata il grande santuario meta di pellegrinaggi, un’altra, una cappella poco distante, nell’esatto punto dell’apparizione, la terza quella in cui mi sono imbattuto io.

Mentre facevo retromarcia per tornare sulla strada del grande santuario, rimuginavo tutti i pensieri maligni sulla Madonna che chiedeva una chiesa, un incauto che cadeva da un fico, la sollecitudine con cui paesani e feudatari locali si davano da fare a raccogliere i fondi. Non erano anni facili quelli per la povera gente di quelle valli: tenete presente che siamo nel 1490, due anni prima della scoperta dell’America.

Il giorno dopo vado a trovare degli amici sulla riviera genovese di levante, dove la terra è imbrigliata in strette terrazze sostenute da muretti a secco, da cui una volta, ancora qualche decina d’anni fa, contadini a regime di mezzadria campavano col poco latte che traevano da un paio di mucche.

Una villa tra le fasce

Oggi ci sono ville che valgono milioni di euro in un paesaggio conservato grazie alla caparbia resitenza di pochi fanatici. Le fasce sono collegate tra loro da ripide scale di sassi ciclopici, ma il mio ospite, per rendere più agevole la discesa dal livello parcheggio al livello casa ha fatto una comoda scala in cemento.

Scendo la scala da solo, sono di buon umore, scherzo con un vecchio contadino che vive lì. C’è una piattaforma di raccordo, anch’essa in cemento; d’improvviso mi trovo a inciampare nei miei stessi piedi e sbalzato sotto, senza appigli, perché il padrone di casa, tirchissimo, ha sempre ritenuto superflua una ringhiera.

Entriamo nella fase cruciale. Sono secondi, ma sono decisivi. Mi rendo conto che non posso evitare il volo, a occhio un po’ meno di tre metri. Scatta l’istinto di sopravvivenza, che mi auguro darà ancora anche in futuro qualche delusione ai tanti che mi detestano e ai loro sicofanti. Mi giro sul fianco destro, alzo il braccio destro a protezione della testa, atterro con un po’ di emozione ma riesco a rialzarmi.

Non mi sono fatto nulla, nemmeno un ossicino fuori posto, come accerterà la bella radiologa. Solo un grande dolore. E poi per mesi un nervo sciatico un po’ infastidito.

Che differenza c’è tra me e il beato Pareto?

Arriva il 118 ma non mette a sirena

Mi convincono a chiamare il 118, arriva una squadra di ragazzi giovani e educati guidati da un medico d’età, mi prendono pressione e cardio in diretta, m imbragano che sembro la mummia di un faraone. Ci rimango male quando l’ambulanza, imbottigliata nel traffico di quella assurda città che è Rapallo non può mettere la sirena, perché mi hanno assegnato un banale codice verde, nessun pericolo.

Però è un’occasione per sperimentare il livello di efficienza e di qualità del sistema ospedaliero integrato del Golfo del Tigullio, un arco di cittadine che va da Santa Margherita Ligure a Sestri Levante.

A Lavagna c’è il pronto soccorso: sembrava di essere in un telefilm. Medici educati, giovani, motivati, infermieri silenziosi e sempre attivi. Nella terra del mugugno gratis, non ho sentito una sola lamentela.

In un paio d’ore ho tutto, dall’analisi di sangue e derivati alle radiografie.

Mi dimettono con un sorriso: “Le è andata bene” e mi si comincia a instillare il dubbio di un miracolo.

Forse mi sono montato la testa e sono entrato in competizione col beato Pareto. In ogni caso non temete, non vi chiederò soldi per una cappella votiva nel giardino del mio amico e nemmeno per sostenere Blitzquotidiano, il sito dei miracoli.