Famiglia di ex conviventi, padre “mezzo” genitore: un’inutile consulenza

di Simona Napolitani
Pubblicato il 30 Dicembre 2014 - 07:42| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Famiglia di ex conviventi, padre "mezzo" genitore: un'inutile consulenza

Foto d’archivio

ROMA – Ho avuto occasione di leggere recentemente un provvedimento di un Giudice Minorile, rispetto al quale mi sento in forte dissenso per le ragioni che passo ad esporre. Si tratta di un nucleo familiare di ex conviventi, composto dal padre, Roberto, dalla madre, Francesca, e dal figlio, Marco, di 7 anni. Un passato caratterizzato dalle difficoltà relazionali tra i genitori, il cui epilogo ha avuto riscontro in un procedimento per la limitazione della responsabilità genitoriale del padre, proposto dal Pubblico Ministero Minorile, a seguito di una denuncia che la donna aveva sporto nei confronti del padre, a causa dei suoi comportamenti aggressivi, per la mancanza di regolarità con cui provvedeva al versamento dell’assegno di mantenimento e perchè il il bambino, dopo essere stato con il padre manifestava segni di disagio psicologico.

Dopo una serie di audizioni dei genitori e del minore e dopo l’inizio di una mediazione familiare, interrotta da Roberto, il Giudice Minorile dispone una Consulenza Tecnica per valutare la capacità genitoriale di Roberto e di Francesca; il nominato perito, terminato il suo incarico, conclude la sua relazione suggerendo l’affidamento esclusivo alla madre e visite protette tra il padre e Marco. Il Tribunale recepisce nella parte motiva del provvedimento alcuni passaggi resi dal CTU nella citata consulenza, relativi alla personalità dei genitori e del rapporto tra questi ed il figlio.

Si legge, infatti, nel decreto reso dall’Autorità Giudiziaria che: – il padre ha un andamento ciclico del tono dell’umore ed una scarsa capacità di controllo dell’impulsività e la sua capacità genitoriale necessita, per il raggiungimento di un livello di sufficienza, di un lavoro di consolidamento e di evoluzione; – il rapporto tra Roberto e Marco è di fondamentale importanza e il bambino non mostra alcun timore ad accostarsi alla figura paterna, in quanto la difficoltà del bambino con il padre è limitata solo al pernottamento;- questo disagio nel dormire con il padre può essere ricondotto all’alternanza conflittuale tra i due adulti di riferimento e al timore della madre per le caratteristiche di imprevedibilità e discontinuità di Roberto che anche il bambino percepisce come figura non sufficientemente solida e in grado di contenerlo.

Queste le premesse del Giudice minorile che ha fatto proprie le motivazioni del Consulente, giungendo, però a conclusioni del tutto contrarie perchè il Tribunale non ha ritenuto di disporre l’affidamento esclusivo e le visite protette, ma, confermato l’affidamento condiviso, ha dichiarato che il rapporto tra Marco e il padre dovesse avvenire in forma libera e che entrambi i genitori dovessero intraprendere un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno alla genitorialità, riservando una decisione definitiva all’esito del percorso psicoterapeutico.

Dissento da questa decisione per molte ragioni:

1. Se un Consulente dispone le visite protette, ci sono ragioni gravi che non possono e non devono essere ignorate dall’Autorità Giudiziaria, con tre righe di ragionamento;

2. Non si comprende dove e a chi ciascun genitore debba rivolgersi (generalmente si indica un Centro Pubblico) per attivare questo percorso di terapia, all’esito del quale non si comprende neppure chi e come accerti la “guarigione”, traguardo di cui, tra l’altro, non sembra affatto che la madre debba raggiungere, essendo stata riscontrate sue buone competenze genitoriali. Quindi, ciascun genitore si puo’ rivolgere ad un terapeuta privato, che attestera’ il felice esito del percorso. Non è indicato dove e a chi Roberto e Francesca debbano rivolgersi per il loro sostegno alla genitorialita’, anche qui vale la regola della mancata indicazione di un Centro pubblico;

3. Grave la definizione di “conflitto di coppia”, laddove lo stesso padre è l’unico ad essere indicato con particolari caratteristiche della personalita’. Occorre che si faccia un sano distinguo tra il conflitto e il dominio del disagio psichico di un genitore sull’altro che subisce. Il punto è di primaria importanza, poiché oggi i Giudici che trattano materia di famiglia tendono a parlare sempre e comunque di “conflitto di coppia”, anche laddove ci può e ci deve essere l’attribuzione della disfunzionalità genitoriale solo al padre o solo alla madre;

4. Una terapia psicologica è un percorso assai lungo, e l’Autorità Giudiziaria senza se e senza ma ha lasciato che gli incontri tra Marco ed il padre non solo avvengano senza protezione, al contrario di come consigliato dal CTU, ma anche senza alcun monitoraggio;

5. non si comprende perchè sia stata disposta una consulenza se il Giudice Minorile aveva gia’ delle opinioni ed un’idea di percorso ben precise per la coppia; non si revoca un provvedimento di controllo su un minore che mostra dei disagi, senza che si sia prima accertata l’effettiva capacità di contenimento dell’impulsività da parte del padre, senza che prima non si sia accertata la sua “guarigione”, il ragionamento del Giudice Minorile sarebbe dovuto essere l’opposto: prima fai il percorso, poi si verifica il tuo miglioramento, infine revoco le misure restrittive;

6. Infine, prima di adottare un provvedimento così importante, sarebbe stato più cauto che il Tribunale avesse quantomeno, in via preliminare, chiamato il CTU a chiarimenti. Insomma, quando la famiglia è in crisi, quando un minore ha un disagio con un genitore dovrebbero esserci decisioni più meditate, più coerenti e più in linea con questo fantomatico concetto di “interesse del minore”, di cui, purtroppo, manca un riscontro oggettivo.