Quella strana coalizione contro i cattivi di Moody’s

di Vito Laterza
Pubblicato il 15 Luglio 2012 - 08:10| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
(Ap photo/LaPresse)

I “cattivi” di Moody’s declassano il rating del debito italiano. Immediatamente, come nei “Persiani” di Eschilo, irrompe sulla scena Serse (Mario Monti) che intreccia con il Coro dei vecchi persiani (partiti, sindacati, associazioni di categoria, massmedia) un discorso di grida e lamenti che paventano azioni speculative e pericoli di un attacco agostano al sistema Italia.

Si omette di spiegare, però, che i mercati finanziari non sono controllati da un gruppo di “illuminati” che cospirano nell’ombra. Gli speculatori non sono altro che coloro che scommettono sul comportamento di milioni e milioni di piccoli e grandi risparmiatori e investitori. Questi ultimi, in effetti, quando decidono di investire in alcuni titoli di stato invece che altri sulla base del basso fattore di rischio, o di scommettere su alti rendimenti comprando titoli più a rischio, di fatto “speculano”. I mercati finanziari sono più vicini per fisionomia e dinamiche al mondo delle scommesse, piuttosto che a una enorme cospirazione di “poteri forti”. La loro fragilità e la loro flessibilità sono insite proprio nelle caratteristiche da mega-roulette globale con cui operano. Essi si adattano facilmente ad ogni situazione, ma possono anche, con la stessa facilità, precipitare in situazioni di caos con effetti devastanti e traumatici in brevissimi periodi. Questo perché l’interconnessione dei suoi “giocatori” – vale a dire tutti coloro che muovono denaro in strumenti finanziari di qualsiasi tipo, o che anche decidono di depositare o ritirare soldi dalle banche – è elevatissima, nel senso che qualsiasi azione o comportamento può diffondersi ad altissima velocità, proprio come un “virus”, da qui l’uso del termine “contagio”.
Il mondo dei massmedia e l’interdipendenza dei sistemi politico-economici globali fanno il resto: se, per esempio, domani gli spagnoli ritirassero i loro depositi dalle banche, gli italiani lo apprenderebbero in tempo reale e potrebbero decidere di fare lo stesso, e così via.
La prima motivazione del downgrade di Moody’s riguarda proprio questo rischio. I pericoli di un’uscita della Grecia dall’euro e di ulteriori richieste di aiuti dalla Spagna aumentano, mentre le possibilità di un “contagio” per l’Italia si moltiplicano.
Nessuna cospirazione, quindi. Soltanto una considerazione di comportamenti virali che si sviluppano come le azioni senza ordini gerarchici di uno sciame di api – nella teoria dei sistemi complessi si parla, infatti, di swarm behaviour.

Moody’s non necessita di capi e padroni occulti per svolgere il suo ruolo, affine a quello di un bookmaker nelle scommesse sportive. L’agenzia azzarda, con la magia dei numeri e dei modelli analitici economici e finanziari, delle ipotesi su quali siano i titoli e i sistemi più a rischio. È ovvio che le previsioni fatte in un contesto vivo e dinamico, cioè a gioco sempre e perennemente in corso, influenzano gli atteggiamenti dei giocatori e, di conseguenza, il risultato finale della partita. Non esiste, dunque, un rating “oggettivo”, perché tutti i rating interagiscono con i dati osservati. Anche un’agenzia europea, proposta come alternativa all’oligopolio della trimurti Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, non farebbe altro che creare un altro rating non oggettivo, influenzato da altri mandatari e altri fattori.

Il downgrade di Moody’s non è per niente sorprendente se si leggono anche le altre motivazioni, che, in un linguaggio per addetti ai lavori della finanza, affermano:

–       Da un punto di vista di stabilità dei mercati, Monti è solo un buon inizio in termini di iniezioni di fiducia ed intenzioni, ma la strada delle riforme strutturali e della risoluzione a lungo termine del problema del debito è ancora molto lunga e altamente a rischio. Da notare anche che la mossa del premier italiano sullo scudo anti-spread viene vista per quella che è stata di fatto: uno specchietto per le allodole, perché in realtà i fondi a disposizione dell’Europa per questo fine non sarebbero sufficienti per proteggere l’Italia da eventuali drammatiche turbolenze sui mercati finanziari.

–       Uno dei rischi proviene proprio dal sistema politico. La situazione politica italiana è altamente instabile e non vi è alcuna garanzia che il percorso delle riforme sarà portato avanti dopo le prossime elezioni. Lo scenario italico è occupato da un ex-presidente del Consiglio che si ricandida (ma forse no) e pensa ad aquiloni tricolore, mentre altri leader politici pensano a foto di gruppo confuse, Bersani e Casini senza Vendola, tra Bersani e Vendola senza Casini, o forse Casini, Bersani e Vendola senza Di Pietro? Tutto ciò a meno di un anno dalle elezioni, con l’unico punto di riferimento, vero spread della politica italiana, il consenso al movimento di Grillo che raccoglie parte dello scontento profondo per la situazione attuale.

–       Tutto ciò accade in una fase recessiva (all’interno di uno stallo dell’economia europea) che non fa altro che accentuare i problemi, mentre gli investimenti esteri in Italia diminuiscono.

La domanda vera, allora, non è tanto a chi conviene un declassamento dell’Italia, con possibili effetti collaterali sulla condizione già tragica del nostro debito sovrano.
Un eventuale default dell’Italia di fatto non converrebbe a nessuno, nemmeno ai fantomatici speculatori che in un momento di crisi sistemica globale, in uno scenario di depressione da anni ’30 o peggio, perderebbero di colpo anche loro tutti gli asset in moneta virtuale accumulati con le transazioni finanziarie.
La domanda è: a chi conviene questa ondata di indignazione bipartisan e l’evocazione di teorie del complotto sul declassamento?

Conviene a Monti e al governo dei tecnici, che possono paradossalmente usare quest’occasione per ribadire con maggiore enfasi i “grandi” passi avanti fatti per garantire il sistema Italia, ma soprattutto che abbiamo bisogno di loro per molto tempo ancora. Finché la crisi rimane in uno spettro di “gestibilità”, i tecnici possono continuare a convincerci che sono loro l’unica soluzione possibile per evitare la catastrofe.

Conviene ai politici, ma anche alle associazioni di categoria e sindacati. L’indignazione ha bisogno di megafoni, e finché i nostri rappresentanti alzano la voce contro gli speculatori occulti, possiamo ancora identificarci in loro, dimenticando, almeno per qualche istante, le enormi responsabilità sull’attuale stato di cose di quanti oggi si indignano in televisione.

Conviene un po’ anche a tutti coloro che vogliono sentirsi “italiani” in tempi di crisi, e preferiscono accollare tutte le responsabilità a qualche entità occulta, piuttosto che doversi rimboccare le maniche per affrontare la tragica realtà governata da un gruppo di tecnici e politici sempre più distante da una soluzione sistemica della crisi, e sempre più lontano dalle masse di cittadini che soffrono impotenti gli effetti devastanti di questa situazione.

Vito Laterza è ricercatore dottorando in Antropologia Sociale all’Università di Cambridge, vive all’estero dal 2000 e segue le vicende italiane “a distanza”, in un’ottica geopolitica globale. Si occupa principalmente di questioni politiche, economiche e socio-culturali in Africa del Sud (in particolare Sudafrica, Zambia e Swaziland, dove ha svolto ricerca sul campo) ed Europa (Italia e Gran Bretagna).