Matteo Renzi in giacca chiara da Napolitano: grande freddo e cadute di stile

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 17 Dicembre 2013 - 13:01 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi in giacca chiara da Napolitano: grande freddo e cadute di stile

Matteo Renzi in giacca chiara da Napolitano: grande freddo e cadute di stile

ROMA – Matteo Renzi in giacca chiara da Napolitano: grande freddo e cadute di stile. Non è solo una questione d’etichetta: il Matteo Renzi in flanella grigio-chiaro in mezzo a una folla di uomini  e donne rigorosamente vestititi di scuro per salutare degnamente il Capo dello Stato, si distingueva plasticamente non come un fiore all’occhiello, ma come un pugno in un occhio. A rimarcare una distanza politica, di stile, generazionale, evidentemente: ma anche un segno di distinzione di sorvegliata trascuratezza che ha il suo correlativo istituzionale nell’esibita freddezza reciproca tra un Giorgio Napolitano che non lo ha scientemente mai nominato e un sindaco che non appena terminato il discorso ha preso congedo evitando la processione di uomini in blu in lizza per l’omaggio e l’inchino di rito. Sembra che ci sarà presto una telefonata fra i due, chissà quanto riparatoria. Del resto il Presidente della Repubblica ha tracciato una ferrea linea di demarcazione:

Di qui coloro che credono ancora nella legislatura e nei contenuti dell’azione di governo (e sappiamo quanto il capo dello Stato sia convinto che a questa maggioranza non c’è alternativa). Di là quelli del “tanto peggio tanto meglio”: il Grillo definito “buffone” da Renzi perché non offre alcun appiglio al progetto riformatore; e soprattutto il Berlusconi incerto se scegliere i forconi (“sono la nostra gente”) o un ruolo istituzionale più consono al suo passato di presidente del Consiglio. (Stefano Folli, Il Sole 24 Ore)

Ha deciso da che parte stare Matteo Renzi? “Un marziano tra i mandarini del Napolistan” l’ha definito Fabrizio D’Esposito sul Fatto Quotidiano. Il Corriere della Sera non ha mancato di sottolineare con una foto-notizia lo strappo al galateo istituzionale del neo segretario del Pd. L’impressione è che Renzi, dovendosi giocare il tutto per tutto alla Camera per far passare il doppio turno di coalizione, sia obbligato a giocare fino alle estreme conseguenze il ruolo di rottamatore di una stagione politica agonizzante, del giovane di professione, del judoista che sfida Grillo girando a suo vantaggio i suoi stessi metodi.

Sarà per questo che la conquista della leadership del Partito Democratico non gli è valsa nemmeno una menzione da parte di un Capo dello Stato che ha citato tutti, da Letta a Berlusconi passando per Quagliariello. L’ha ripagato con la stessa moneta, visto che nel suo primo discorso da segretario all’Assemblea Pd, mai Renzi (stessa giacca) ha nominato Napolitano, nemmeno di sfuggita. Renzi è come se avesse rimesso il chiodo di Fonzie: la sua giacca chiara stona con il profilo moderato che pure è alla base dei consensi che anche nell’elettorato nemico berlusconiano ha riscosso. La stabilità, quella per cui Napolitano è tornato a minacciare le dimissioni per scongiurare avventurose accelerazioni elettorali, veste blu o nero. I moderati, e il loro contributo essenziale per una sua vittoria finale, valgono bene una messa in abito scuro.