Ezio Greggio e Simona Gobbi al Festival di Venezia FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Settembre 2016 - 10:01 OLTRE 6 MESI FA
Ezio Greggio e Simona Gobbi (foto Ansa)

Ezio Greggio e Simona Gobbi (foto Ansa)

VENEZIA – Lui 62 anni, lei 28. Ecco Simona Gobbi, la compagna di Ezio Greggio. L’intervista di MentiInformatiche a Ezio Greggio:

Sono già diversi anni che Ezio Greggio è legato a Simona Gobbi. Lei era una studentessa quando l’ha conosciuta; ora è una giovane donna e una manager attenta, presenza importantissima anche nella carriera e nel lavoro del compagno (è lei che è a capo dell’organizzazione del Montecarlo Film Festival fondato da Greggio). E mentre l’ex moglie spagnola Isabel Bengochea ha una vita indipendente, anche se rimarrà per sempre legata al grande comico per i due figli, Giacomo, 26, e Gabriele, 24, per molti è scoccata l’ora del “sì”, delle nozze con Simona. Ma Ezio, furbissimo, sa come dribblare le domande insidiose. Intanto la sua allegria fa trasparire una felicità incontenibile. «Perché mi vorrebbe triste? I comici sono persone normalissime». E inizia così la nostra chiacchierata con l’attore, uno dei volti più amati dal pubblico italiano grazie anche alla conduzione di Striscia la notizia, che sfata il falso mito dei comici tristi o depressi. Lui è la prova vivente che si può essere contemporaneamente un uomo positivo e insieme un conduttore e un comico in grado di far ridere tutti. Con serietà, garbo e intelligenza.

Come fa a essere sempre così allegro? «Mi sento giovane dentro: mi rivolto, mi metto in discussione, mi diverto e mi circondo di gente giovane. E poi ci sono i miei affetti: li metto sempre al primo posto». È questo il segreto dell’eterna giovinezza? «Sì. È stare accanto ai giovani. Lo imparo dai miei figli, Giacomo e Gabriele, ogni giorno: hanno entusiasmo, voglia di fare, un’energia pazzesca. E grazie a loro io continuo a sentirmi un ragazzo dentro. E poi faccio sport. Ho sempre giocato a calcio, faccio palestra, e anche i miei due figli sono supersportivi».

Giocate ancora insieme? «Certo. Vado spesso a trovarli a Londra, dove vivono, e lì facciamo delle grandi partite a calcio su quei meravigliosi prati. Dove, a dirla tutta, c’è sempre qualcuno che gioca bene, meglio di noi».

Lei parteciperebbe mai a un realityl «Ma scherziamo? Io non sono prò reality. Per carità, sono scelte: è giusto che esistano, ma io sono per la Tv fatta da professionisti che scrivono un varietà, una storia, che raccontano qualcosa. Lo dico anche da giornalista. Per questo rifiuto ogni anno le trasmissioni che mi vengono offerte: non voglio fare cose che non mi divertono».

E perché Striscia la diverte? «Perché abbiamo coraggio di fare cose che danno fastidio a tanti personaggi, che ci rendono la vita privata difficile. Ma noi andiamo avanti, nonostante denunce, cause, querele. E poi Antonio Ricci, padre di Striscia, è il più grande genio della Tv, ha un intuito unico».

Qual è il conduttore che stima di più? «Pippo Baudo: ha una conoscenza del mezzo televisivo pazzesca, potrebbe stare 12 ore a parlare di televisione. E Gerry Scotti, che oltre ad avere una faccia simpatica, sa tenere il pubblico, proprio come faceva Corrado».

E tra gli attori? «Carlo Verdone: è il più grande attore italiano, meglio anche di Roberto Benigni, perché non fa soltanto i suoifilm, ma è credibile anche in quelli degli altri. Carlo è eccezionale. Infine non posso non ricordare Leslie Nielsen [il comico canadese celebre per L’aereo più pazzo del mondo e per la trilogia Una pallottola spuntata, deceduto nel 2010, ndr]: un mito, eravamo amicissimi da 20 anni. Mi manca molto».

Qual è l’insegnamento che non dimenticherà mai? «Sono tanti. Un giorno il produttore e regista Roger Corman mi disse: “Non spendere mai soldi per autisti, catering e superfluo: conta la sostanza”». Un momento che le piace ricordare? «Quando vinsi il Premio Totò e la figlia mi disse: “Mio padre ti amerebbe”».

Uno sfizio che vorrebbe togliersi? «Tantissimi. Inizierei con il sequel del film Yuppies, un 30 anni dopo. Sarebbe stupendo: Jerry Calà, Massimo Boldi, Christian De Sica e io saremmo tutti disponibili. Quattro signori attempati! Ma sapete qual è il problema?».

Ce lo dica. «Aurelio De Laurentiis è distratto. Ci siamo visti in aeroporto una volta, ne abbiamo parlato un minuto e per gli altri 45 mi ha parlato del Napoli. Faccio un appello: stanatelo e convincetelo a produrre questo film».

L’Italia è un paese che fa ridere? «Purtroppo sì. E Striscia lo dimostra tutti i giorni. Siamo un Paese in cui vieni multato dal fisco se regali un panino a un disabile e non fai lo scontrino. Siamo sinceri: in tanti ambiti c’è davvero da vergognarsi».

Ha mai sentito il peso dell’invidia? «Ma l’invidia è scontata: quando arrivai al Festival di Venezia i critici mi guardavano e mi tenevano lontano come fossi un vampiro. Ringrazierò sempre Pupi Avati che mi prese per II papà di Giovanna e mi disse: basta far ridere, hai un volto interessante. Fare cinema non è facile, ti devi smarcare da commedie facili. Eppure ci sono tre autori che mi stanno chiedendo di recitare: forse farò piccoli film con attori esordienti. Le loro storie mi incuriosiscono e a 61 anni posso finalmente scegliere di fare le cose che davvero mi piacciono».