Legge Isis su schiave sesso: No aborti, no anale, no mestruo

di Ermete Trismegisto
Pubblicato il 29 Dicembre 2015 - 08:27 OLTRE 6 MESI FA
Legge Isis su schiave sesso: No aborti, no anale, no mestruo

Legge Isis su schiave sesso: No aborti, no anale, no mestruo

ROMA – E’ vietato avere rapporti con una schiava sessuale “incinta, fino al momento del parto”. Ed è vietato “praticare sesso anale con una prigioniera”. Non solo. E’ vietato anche “umiliare una prigioniera”, bisogna “mostrare compassione con lei”. E ancora: “E’ vietato causare un aborto ad una prigioniera”. E se  la prigioniera ha una figlia è obbligatorio scegliere se avere rapporti o con l’una o con l’altra, “ma non con entrambe”, E ancora: se le prigioniere sono sorelle, il padrone dovrà tassativamente scegliere una delle due. Se poi ha voglia di avere rapporti anche con l’altra dovrà prima vendere o liberare o regalare la schiava precedente. Infine: se una donna è prigioniera di un padre, “suo figlio non può avere rapporti con lei, e viceversa”.

E’ l’incredibile decalogo dell’Isis, riportato dall’agenzia Reuters, che illustra come comportarsi con le schiave sessuali. Un decalogo che, spiega Repubblica, voleva essere una specie di “Convenzione di Ginevra” dello Stato Islamico ma fallisce miseramente. Non tanto e non solo per la lontananza dai valori occidentali, quanto per l’assoluta lontananza, in tema di donne e schiavitù, dalla maggioranza dell’Islam spesso.

Alla questione prigioniere e schiave sessuali, infatti, l’Isis ha tentato di rispondere con una fatwa, ovvero una sentenza pronunciata da esperti di legge islamica. Ed è uscito fuori questo abominevole decalogo. Lontanissimo dalla sensibilità della stragrande maggioranza degli islamici.  Spiega Repubblica:

Queste fatwa – come quella diffusa a Natale sul traffico di organi umani – getta nuova luce sui tentativi dello Stato Islamico di aggiornare la legge coranica, e piegarla alle proprie necessità e alla proprie realtà. Un tentativo di fatto di giustificare la schiavitù sessuale nei territori che controlla. Forse anche un tentativo – non riuscito – di rispondere alle critiche della Nazioni Unite e dei gruppi dei diritti umani contro la pratica dei rapimenti e degli stupri di migliaia di donne e bambine anche di 12 anni di età.

Ma le regole della fatwa sono quanto di più lontano non solo dai principi occidentali, quanto anche dalle regole dell’Islam. Come riporta Reuters, il professore Abdel Fattah Alawari, rettore di Teologia islamica all’università Al-Azhar del Cairo, sostiene che lo Stato Islamico “non ha nulla a che vedere con l’Islam” e sta scientemente reinterprendo norme che in origine doveva porre fine e non incoraggiore la schiavitù: “Islam vuole la libertà per gli schiavi, non

la schiavitù – spiega Alawari – la schiavitù era lo status quo quando è nato l’Islam. Giudaismo, Cristianità, greci, romani, persiani, la praticavano e prendevano le donne dei nemici come schiave sessuali. L’Islam lavorò per rimuovere questa pratica”.