Lior, bimba senza nome da sette mesi. Comune dice no: “Non si capisce il sesso”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Aprile 2014 - 11:19 OLTRE 6 MESI FA
Lior, bimba senza nome da sette mesi. Comune dice no: "Non si capisce il sesso"

L’anagrafe centrale di Milano

MILANO –  Una bambina a Milano da sette mesi aspetta di avere un nome. I suoi genitori volevano chiamarla Lior, che in ebraico (la religione di entrambi) vuol dire “Mia luce”, ma quando sono andati a registrarla all’anagrafe si sono visti respingere la richiesta. “Non si capisce se è un nome di maschio o femmina” è la tesi del Comune.

Il funzionario dell’anagrafe, spiega Emilio Randacio su Repubblica, ha segnalato il dubbio alla Procura della Repubblica di Milano. Dopo la segnalazione ai genitori della piccola è arrivato un avvertimento verbale in cui si chiedeva di cambiare la registrazione. Ma loro erano convinti della propria scelta.

A quel punto si è andati al “giudizio di rettificazione” per Lior: è stato convocato il giudice tutelare, con una specie di processo in cui i genitori della bambina sono stati chiamati come testimoni di fronte ad un magistrato che sosteneva la tesi contraria al nome. All’udienza era presente anche la piccola, in passeggino.

Davanti al giudice i genitori hanno insistito per poter chiamare la loro bimba con un nome legato alla loro religione. E hanno annunciato di esser pronti a difendere il proprio diritto fino alla Corte di Cassazione. 

L’avvocato della coppia ha spiegato a Repubblica:

“Abbiamo prodotto anche un parere della comunità ebraica milanese, in cui è certificato come in Israele sia ampiamente riconosciuto Lior come nome diffuso esclusivamente tra le donne”.

Il magistrato, però, non ne voleva sapere. Ha proposto il nome di Laura, simile nel suono. Ha parlato di possibili pregiudizi per una bambina con un nome così poco comune.

Nel 2000, infatti, è entrata in vigore una nuova norma in materia di attribuzione di nomi: vietato dare al neonato più di tre nomi, per esempio, o il cognome della madre come nome, ma anche nomi ridicoli o vergognosi o lo stesso nome del padre vivente o del fratello o sorella. E il nome, prevede la legge, deve permettere l’identificazione del genere di chi lo porta. Nel caso della piccola Lior non sarebbe così. Almeno questa è la tesi del Comune di Milano.