Regione Piemonte, anche manuale erotico tra i rimborsi

di redazione Blitz
Pubblicato il 24 Marzo 2016 - 12:31 OLTRE 6 MESI FA
Regione Piemonte, anche manuale erotico tra i rimborsi

Regione Piemonte, anche manuale erotico tra i rimborsi

TORINO – Persino un manuale erotico tra le spese da farsi rimborsare. La “rimborsopoli” piemontese, a spulciare tra le righe, regala anche spunti comici, grotteschi. Ne parla La Stampa:

I consiglieri regionali hanno maneggiato soldi dei gruppi consiliari. Denaro pubblico. Secondo i pm Giancarlo Avenati Bassi e Enrica Gabetta, basterebbe questo a sostenere l’accusa di peculato per i 23 politici e una segretaria (figlia di un politico) coinvolti nella «Rimborsopoli» piemontese. Ciascuno con il proprio fardello più o meno pesante di scontrini, ricevute e fatture per spese «fuorilegge». Nelle indagini e all’inizio del processo, i magistrati avevano sviscerato acquisti al limite del paradossale, come una tagliaerba (Andrea Stara), campanacci per le mucche (Federico Gregorio), mutande verdi (l’ex presidente Roberto Cota), oltre a una sfilza di pasti a coppie e di gruppo in ristoranti di lusso. Pagati dai contribuenti. Ieri mattina, in aula è spuntato persino lo scontrino per l’acquisto del libro «Sexplorations», dal sottotitolo «giochi proibiti per coppie, istruzioni per l’uso», messo in conto dalla consigliera Augusta Montaruli.

Ma, ricorda la procura, non si tratta solo di qualche libro o cena:

«Questo passa per essere il processo dei ristoranti. Ma se avessimo trovato soltanto spese di ristorazione, forse il processo non sarebbe nemmeno partito», sintetizza il pm Gabetta. Per altri consiglieri, la procura aveva chiesto l’archiviazione: non c’era la prova della volontà di appropriarsi di fondi pubblici. Per i politici andati a processo, però, la situazione è diversa. «Abbiamo i tabulati telefonici a dimostrare il “dolo”», aggiunge. I telefoni non mentono. Così, i pm hanno scoperto che i consiglieri hanno dichiarato di essere in un posto e risultavano in un altro. «Spese per le quali non ci sentiamo neanche lontanamente di motivare una richiesta di archiviazione». Prima fra tutte, la maxi-fattura da 456 mila euro di Michele Dell’Utri «per un sondaggio mai fatto». Il 90 per cento delle spese del suo gruppo consiliare per quell’anno.