Simone Borgese, la tassista e lo stupro: “Ero fatto di coca”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Gennaio 2016 - 10:18 OLTRE 6 MESI FA
Simone Borgese, la tassista e lo stupro: "Ero fatto di coca"

Simone Borgese, la tassista e lo stupro: “Ero fatto di coca” (foto Facebook)

ROMA – Simone Borgese era “fatto di cocaina” quando ha violentato una tassista. Una di quelle che lo hanno accusato di abusi sessuali, tanto che sui mass media è diventato “lo stupratore seriale di tassiste” a Roma. A dire che aveva assunto droga è stato lo stesso Borgese durante il processo che lo vede imputato. Nella stessa aula di tribunale l’uomo ha chiesto scusa alla sua vittima.

Adelaide Pierucci sul Messaggero riporta le parole di Borgese in aula:

«Ero in preda alla droga quando ho abusato di quella donna – ha detto davanti ai giudici della V sezione collegiale chiamati a giudicarlo – È vero sono stato violento. E poi, per ritardare i soccorsi, ho pure tolto alla tassista le chiavi dell’auto, ma non le ho portato via quello che aveva nella borsetta».

«A volte non riesco a contenermi. Ho avuto un’infanzia diffcile – ha detto Borgese – Sono cresciuto con un padre padrone, che alzava spesso le mani in casa. L’ho visto picchiare mia madre. Alla signora, però, chiedo scusa, perdono. Ho sbagliato. Facevo da tempo uso di cocaina. E anche quel giorno ne avevo abusato. Così sono salito su quel taxi e all’improvviso mi è balenato di compiere quel gesto, della cui gravità mi sono reso conto solo dopo averlo compiuto».

Nell’ultima udienza la parola era andata alla tassista violentata. «Era un animale, cattivo e violento, aveva un tono della voce crudele – aveva detto in una udienza tenuta a porte chiuse, vista la delicatezza del caso – Mi ripeteva: “Non ti faccio niente, fai così e ti mando via. Dai, dai, dai”. E poi mi ha preso a pugni e per il collo. Mi ha strattonato per i capelli, ha abbassato completamente il sedile e mi ha sferrato un pugno con la mano sinistra, poi mi ha ripreso per i capelli. L’ho implorato di non toccarmi, gli ho chiesto di non farmi del male, di avere un po’ di umanità per me… E invece ho temuto il peggio».