Se Cipro fallisce… forse frana sull’euro

di Emiliano Condò
Pubblicato il 19 Marzo 2013 - 20:50| Aggiornato il 21 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

NICOSIA – Cipro ha detto no e quindi ora può fallire, franare. Forse anche sull’Euro.  Non ci sarà nessun prelievo sui conti correnti. Né del 6, né del 9, né del 15%.  Semplicemente il Parlamento ha bocciato il piano di salvataggio che doveva portare in cassa quasi sei miliardi di euro. Piano pre-condizione perché l’Europa sul tavolo ne mettesse altri 10. La bocciatura è totale è senza appello: il prelievo ottiene 0 voti a favore, 36 contrari e 19 astenuti. Insomma nessuno, neppure il partito di governo che quel piano ha scritto, ci ha voluto mettere la faccia

“Tanto non avevamo i numeri per farlo passare”, il commento del premier cipriota Nicos Anastasiades. Premier che per domani mattina ha convocato il Parlamento per trovare (e in fretta) misure alternative.

Il vero problema, ora, è l’incertezza. Non è tanto l’esposizione cipriota, 17 miliardi sono tutto sommato una cifra modesta, che il sistema Europa e il sistema bancario possono reggere. Piuttosto la difficoltà, simboleggiata dalla reazione delle Borse che hanno chiuso tutte in picchiata, è legata al fatto che nessuno, in questo momento, è in grado di prevedere cosa accadrà. Non si sa se le banche cipriote cadranno (servivano  17 miliardi e i primi 6 sono già saltati. Proprio mentre la Germania, voce di tutti gli “austeri” d’Europa faceva sapere che senza prelievo i soldi europei non sarebbero arrivati).

Il problema, piuttosto, è che anche la piccolissima Cipro è parte del macrosistema banche. Con gli istituti ciprioti fanno affari le banche francesi, tedesche (che vantano un credito, guarda un po’, proprio di 5.8 miliardi), quelle italiane. E quindi resta il dubbio di fondo. Si faranno male le banche europee? O sarà solo un graffio fastidioso ma non profondo.

Poi c’è una questione di fondo. E’ proprio il sistema creditizio tout court ad essere in crisi di credibilità. Cipro pagava interessi dell’8%, era facile investire. Ma non sicuro, è evidente. Eppure è stato fatto.  Incertezza e deficit di credibilità sommate insieme fanno Borse che precipitano:  Madrid e Milano le  peggiori a -2,20% e -1,59% rispettivamente seguite da Parigi (-1,30%) e Francoforte (-0,79%) e Londra (-0,26%). Lo spread dell’Italia chiude a quasi 340, la Spagna a 369; l’euro scende sotto 1,29, vicino ai minimi di novembre.

La sensazione, insomma, è quella di una situazione che può sfuggire di mano, esattamente come accaduto con la Grecia. Su scala minore certamente ma con conseguenze ancora non misurabili. E nell’incertezza è facilissimo seminare il panico. L’aperitivo l’ha servito oggi Commerzbank parlando di Italia e parlando della necessità di una patrimoniale del 15% sui depositi. Ovviamente tutto negato dall’Italia, probabilmente tutto fuori misura. Intanto il tonfo del sasso nello stagno si è sentito. Così come si è avvertita, ed è già accaduto per la Grecia, la divisione profonda dell’Europa sul “che fare”. Non si parla di Russia che nella Ue non c’è e difende gli interessi dei suoi milardari. Si parla di teorici dell’austerity (Germania, Olanda e Finlandia) contro tutti gli altri.

Quelli dei “sacrifici altrimenti niente aiuti”. Cipro, però, si è messa di traverso al primo ostacolo. Cosa succederà adesso? Il punto è proprio questo, è impossibile da prevedere. La sola certezza è che domani le banche saranno ancora chiuse. Da giovedì dovrebbero riaprire. Dovrebbero, appunto.