Russia, Pussy Riot e Khodorkovski: Cremlino apre a possibile amnistia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Dicembre 2013 - 20:50 OLTRE 6 MESI FA
Russia, Pussy Riot e Khodorkovski: spiraglio amnistia

Vladimir Putin (Foto Lapresse)

MOSCA – Amnistia per le Pussy Riot e per l’ex oligarca della Yukos, Mikhail Khodorkovsky? E’ l’ipotesi più accreditata dopo che mercoledì 4 dicembre il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato un’amnistia entro l’anno per il ventesimo anniversario della Costituzione russa post-sovietica.

L’annuncio di Putin, fatto di fronte alla Commissione del Cremlino per i diritti umani, è parsa come un gesto di clemenza per fare abbassare i toni in vista dei Giochi olimpici invernali di Soci 2014. Ma il presidente è rimasto sul vago sui confini del provvedimento, lasciando in dubbio se tra i beneficiari potranno esserci davvero i protagonisti di casi internazionali come l’ex petroliere Khodorokovski, le due Pussy Riot tuttora recluse (Nadia Tolokonnikova e Masha Aliokhina), o ancora il blogger d’opposizione Alexiei Navalni, gli ‘Arctic 30” di Greenpeace e le decine di manifestanti arrestati per i disordini in cui era degenerata una manifestazione contro Putin in piazza Bolotnaia l’anno scorso.

Più tardi il presidente della Commissione dei diritti umani, Mikhail Fedotov, reduce da un faccia a faccia con il capo dello Stato, si è mostrato tuttavia possibilista. ”Credo di sì”, ha risposto secco ai giornalisti che gli chiedevano in particolare dell’ipotetica estensione dell’amnistia a Khodorkovski e alle Pussy Riot. Quelli per cui sono stati condannati, ha osservato, ”sono crimini non violenti”. E per tanto non vi sarebbe motivo di escluderli.

La controprova è attesa di qui a qualche settimana. Ma intanto, su un altro fronte controverso, quello del divieto della propaganda omosessuale, Mosca non fa alcuna marcia indietro. E ha applicato nello stesso mercoledì 4 dicembre le sua nuova legge in materia, contestata soprattutto in Occidente, subito dopo il giudizio di costituzionalità dato dalla suprema corte russe.

A subirne le conseguenze per primo è stato l’attivista Nikolai Alekseiev, colpevole di aver esibito un cartello con lo slogan ”La propaganda gay non esiste perché gay non si diventa, si nasce” davanti alla biblioteca per bambini di Arkhangelsk (nord della Russia). Alekseiev, forse il più noto e combattivo difensore dei diritti omosessuali nel Paese, siè’ guadagnato così una condanna per violazione della legge federale che vieta la propaganda gay in presenza di minori. Si tratta di una multa di 4.000 rubli (quasi cento euro), mille in meno della sanzione massima prevista per gli individui, mentre la somma va da 40.000 a 50.000 rubli per i pubblici ufficiali e da 800 mila a un milione per le persone giuridiche. Solo pene pecuniarie, non detentive, ma è il carattere discriminatorio attribuito alla legge che continua a suscitare polemiche a livello internazionale.

Polemiche che rischiano di riaccendersi proprio in occasione delle Olimpiadi di Soci del prossimo febbraio, assieme a quelle più generali sui diritti umani e sui ”prigionieri politici”. Accanto ad Alekseiev mercoledì 4 dicembre è stato multato anche un altro attivista, Iaroslav Ievtushenko. I due avevano preavvisato il Comune di Arkhangelsk che intendevano alternarsi in un picchettaggio di fronte alla biblioteca per bambini e quando sono arrivati hanno trovato i poliziotti. Portati in commissariato, si sono visti contestare la violazione della contestata ”legge omofoba” e il giorno successivo un giudice di pace, dopo un’attesa di 6 ore, ha decretato la multa. Entrambi hanno annunciato di voler far appello anche alla corte europea dei diritti dell’uomo.

Tanto più che in patria la corte costituzionale russa ha già respinto oggi un ricorso presentato dallo stesso Alekseiev contro un’analoga legge approvata dal parlamento di San Pietroburgo nel marzo del 2012 e presa poi pari pari come modello per la successiva norma federale promulgata da Putin lo scorso giugno.