Sfidò il Nazismo, morì sulla ghigliottina a 22 anni, la storia di Sophie Sholl e della Rosa Bianca

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 26 Dicembre 2016 - 06:53 OLTRE 6 MESI FA
Sfidò il Nazismo, morì sulla ghigliottina a 22 anni, la storia di Sophie Sholl, eroe della Germania

Sfidò il Nazismo, morì sulla ghigliottina a 22 anni, la storia di Sophie Sholl e della Rosa Bianca

Sophie Scholl morì a 22 anni, nel 1943, in Germania. Le tagliarono la testa con la ghigliottina. La sua colpa: avere stampato e diffuso volantini contro il nazismo. La storia di Sophie Scholl, di suo fratello Hans e degli altri 3 ragazzi he diedero vita al gruppo della “Rosa bianca” è raccontata da Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche u Uomini & Business. Il busto di Sophie si trova nel Valhalla, il tempio degli eroi tedeschi.

Sophie era una bella ragazza tedesca, di buona famiglia, avrebbe voluto fare l’insegnante e condurre una vita serena. Ma la storia l’ha portata altrove. Non ha mai insegnato e non ha mai avuto una vita tranquilla.

«Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie… » (dal primo volantino della “Rosa Bianca”.)

La “Rosa bianca” è un movimento attivo in Germania fra il giugno del 1942 e il febbraio del 1943, otto mesi in tutto.

A animarlo e a metterlo in piedi sono due fratelli, Sophie e Hans Scholl, insieme a altri tre studenti.

Sophie nasce nel 1921 e non ha ancora dodici anni quando i nazisti prendono il potere. Come tanti giovani di allora è entusiasta del nuovo regime e, contro l’opinione dei genitori, si iscrive alla gioventù hitleriana. Da grande vuole fare l’insegnante. Come cresce, la sua fede in Hitler però svanisce e poi diventa ostilità. Viene anche avvertita dalle autorità scolastiche di cambiare atteggiamento. Ma non cambia. Ormai ha deciso e non arretra.

Alla fine riesce comunque a completare i suoi studi e potrebbe andare a insegnare, a fare la vita per la quale si è preparata. Ma c’è la questione del Rad: tutte le diplomate devono fare almeno sei mesi di servizio in questa organizzazione ausiliaria dell’esercito tedesco. Il fratello Hans, che si è già trasferito a Monaco fa di tutto per farla esentare, ma non ci riesce.

Nel marzo del 1941, quindi, Sophie parte per il suo turno al Rad. Viene spedita in un castello mezzo diroccato. Si sta in divisa. Ci sono insegnanti fanaticamente nazisti e si mangiano “soprattutto patate, con molta buccia”.

Finito il Rad, ci sono altri sei mesi di servizio obbligatorio in una diversa struttura.

E’ solo nel maggio del 1942 che Sophie riesce a andare a Monaco e a ricongiungersi al fratello Hans. Lui e i suoi amici sono già passati all’opposizione attiva al nazismo, ma a lei non dicono niente. C’è una festa per il compleanno di Sophie, ci sono tutti quelli della “Rosa bianca”, ma non si parla di politica. Hans sa che si è messo in una storia pericolosa e vuole proteggere la sorella. Quindi la consegna è di non dirle niente. I cospiratori non hanno armi e non si dedicano a azioni clamorose: sono solo quattro studenti. Scrivono e stampano volantini, che poi distribuiscono.

Sophie ne viene a conoscenza quasi per caso. Sotto un banco dell’università trova un volantino (di quelli fatti da Hans e dai suoi amici). Rimane colpita da quello che legge, piega il volantino e corre a casa per farlo vedere al fratello. Per mostrargli che ci sono altri non-nazisti. Ma Hans non c’è, lei getta un’occhiata alle carte sulla scrivania e scopre le bozze del volantino. Quando Hans torna a casa, lei lo affronta e il fratello è costretto a dirle tutta la verità. Anche Sophie, quindi, entra nel gruppo: adesso i cospiratori sono cinque.

La “Rosa bianca” sospende per un po’ l’attività perché Hans e i suoi amici devono partire per la guerra di Russia. Sophie è costretta a andare al lavoro in una fabbrica (il padre, intanto, è stato condannato a quattro mesi di carcere per aver gridato che Hitler è un flagello per l’umanità). Sophie ormai si sente in guerra e in fabbrica cerca in ogni modo di organizzare piccoli sabotaggi.

Nel novembre del 1942 Hans i suoi amici rientrano dalla Russia. Sophie viene nominata cassiera dell’organizzazione e la rete della “Rosa bianca” comincia a allargarsi: da Monaco si espande verso Nord e arriva fino a Berlino.

Non hanno nessuna attrezzatura e nessuno che li appoggi: i volantini vanno stampati di notte, uno per uno, con il ciclostile. E infatti Hans, Sophie e gli altri tre riusciranno a far circolare in tutto sei volantini. Ne esiste anche un settimo, ma non è mai stato distribuito perché la rete è stata smantellata dalla Gestapo. I volantini vengono distribuiti anche per posta. La stessa Sophie fa più viaggi in altre città, con la valigia piena di volantini, da spedire senza essere indentificarti come scritti a Monaco.

Ma è proprio nella loro città, e nel luogo che conoscono meglio, l’università, che accade il disastro. E’ il 18 febbraio del 1943, quando Hans e Sophie vanno all’università con una grossa valigia contenente quasi due mila copie del loro ultimo volantino. Ne lasciano pacchi davanti a ogni aula (le lezioni sono in corso).

Quando  hanno finito, si accorgono che hanno ancora un po’ di volantini. Decidono di salire in alto e di gettarli nell’atrio. Ma proprio in quel momento le lezioni terminano e tutti gli studenti escono dalle aule. Hans e Sophie  vengono  subito scoperti e arrestati. Portati al quartier generale della Gestapo, vengono interrogati, in stanze separate, per ore. Dichiarano di essere gli unici responsabili.

La mattina del 22 febbraio, quattro giorni dopo, comincia il processo-farsa, alle dieci del mattino. Sophie trova la forza di contestare il giudice e spiega: “Qualcuno doveva farlo”. Sia lei che il fratello vengono condannati a morte e trasferiti in un altro carcere. Il personale di custodia, che non è nazista, fa uno strappo alle regole e consente a Sophie di vedere i suoi genitori per qualche minuto. La madre porta dei dolci, che lei mangia dicendo che ha fame.

Alle 5 del pomeriggio, tre ore dopo la conclusione del processo, Sophie si avvia, con passo fermo e a testa alta, scortata da un plotone di SS, attraverso il cortile del carcere: in fondo c’è la ghigliottina. Subito dopo di lei tocca al fratello Hans.

Oggi la piazza antistante l’università è intestata a Sophie e Hans Scholl e c’è una rosa bianca scolpita nel marmo. Un busto di Sophie è stato sistemato nel Walhalla, il tempio degli eroi tedeschi, vicino a Ratisbona.

Qualcuno dei sei volantini dei ragazzi della “Rosa bianca” è riuscito a varcare l’oceano e a arrivare in America. Quando gli aerei alleati cominciano a martellare la Germania, insieme alle bombe, lanciano anche decine di migliaia di copie di quei volantini che invitavano i tedeschi a trovare il coraggio di ribellarsi, stampati di notte da quei sei studenti di Monaco. L’ultimo omaggio a Sophie e a suo fratello Hans.